Compimento della missione
Si tratta della terza riflessione sul tema dell' essere "Artigiani di Comunione", preparata per il ritiro di marzo 2021, presso il Santuario di San Giuseppe in Spicello.
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Terza riflessione per l’anno 2021 -  La famiglia dono di comunione
(Seconda parte)
(Riferimento biblico Ef 5, 25-33; 6, 1-4; Col 3, 18-25)

Premessa
Ad un certo punto san Paolo, scrivendo agli Efesini, dice: “E voi, mariti, amate le vostre mogli, come anche Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per renderla santa, purificandola con il lavacro dell'acqua mediante la parola, e per presentare a se stesso la Chiesa tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile, ma santa e immacolata.

Così anche i mariti hanno il dovere di amare le mogli come il proprio corpo: chi ama la propria moglie, ama se stesso. Nessuno infatti ha mai odiato la propria carne, anzi la nutre e la cura, come anche Cristo fa con la Chiesa, poiché siamo membra del suo corpo.

Per questo l'uomo lascerà il padre e la madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una sola carne. Questo mistero è grande: io lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa! Così anche voi: ciascuno da parte sua ami la propria moglie come se stesso, e la moglie sia rispettosa verso il marito”.

Nella riflessione del mese scorso, ad un certo punto abbiamo affermato che non solo l’uomo preso in se stesso è immagine di Dio, non solo la donna presa in se stessa è immagine di Dio, ma anche l’uomo e la donna in quanto coppia, sono immagine di Dio.

Questo brano di Paolo ci invita a fare un meraviglioso salto di qualità. Ci dice che la coppia di sposi, in quanto uniti con il sacramento del matrimonio, sono più propriamente immagine di Cristo, quale sposo della Chiesa.

Lo afferma con questa espressione: “Questo mistero è grande: io lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa!”.

Gli sposi sono immagine di Cristo

Vediamo di riflettere su tale aspetto.

Cosa è avvenuto nella incarnazione del Figlio di Dio?

È avvenuto che Gesù, in quanto Dio ed ora anche in quanto uomo, di fatto ha unito a sé l’umanità, di due nature ne ha fatto una. Con questo sono due nature in una sola persona. In altre parole ha sposato l’umanità.

Per usare una precedente espressione, possiamo ben dire che Gesù e l’umanità sono una coppia. Questo vale per tutti, uomini o donne che siano; vale in maniera privilegiata per i battezzati, ancor di più e con nuovo titolo vale per coloro che hanno ricevuto il sacramento del matrimonio.

Se Gesù ha sposato l’umanità, vuol dire che la ama.

Quando, dove e come egli mostra in pienezza il suo amore per essa?

Certamente lo mostra nella sua vita pubblica, attraverso la predicazione, l’insegnamento, le guarigioni, i miracoli, il perdono dei peccati.

Del resto, questo è anche quello che vivono, o dovrebbero vivere, anche gli sposi.

Infatti, anch’essi lungo il corso della giornata dialogano, progettano, si aiutano, si correggono, si scusano, si perdonano.

La conclusione di tale quotidiano stile di vita degli sposi, se vissuto nella sincerità, può raggiungere il suo apice nel loro letto coniugale, dove a tutti i livelli mostrano di essere una cosa sola.

A questo punto giustamente ci domandiamo quale è stato l’apice, il talamo nuziale nel quale Gesù ha consumato al massimo grado il suo amore per noi?

È stato sulla croce. È lì che ha dato tutta la sua vita, sino all’ultima stilla di sangue, tanto da non poter dare di più. La croce, dunque, è il suo talamo, perché è sulla croce che ha dimostrato veramente di unire a sé la Chiesa, divenendo a tutti gli effetti la sua sposa.

Se questo vale per tutti i battezzati, a maggior ragione vale per chi ha ricevuto il sacramento del matrimonio. Con tale sacramento vi si aggiunge una novità in quanto, riprendendo la grazia del battesimo, la eleva e le dona una nuova grazia di stato, quella appunto del sacramento nuziale; e questo non solo limitato a se stesso ma per compiere una missione.

In cosa consiste questa grazia e qual è la sua missione?

Non è più la singola persona ad essere unita a Cristo, ma è la coppia, o meglio ancora la “relazione di coppia”, cioè per tutto quello che avviene nella vita di coppia.

Essa riceve la grazia non solo per essere in comunione con Cristo, perché i due singoli lo sono già per il Battesimo, ma per attualizzare nella loro relazione il rapporto d’amore che unisce Cristo alla Chiesa; e quindi per fare del loro amore un soggetto diffusivo e comunicativo della relazione che esiste tra Cristo e la sua Chiesa, e questo a vantaggio non solo della propria famiglia, ma pure del mondo intero.

È quello che dicevamo ad un certo punto nella precedente meditazione.

Dicevamo che l’amore, consistente nel donarsi, avviene alla maniera della luce la quale si diffonde, e alla maniera del calore il quale si irradia.

In altre parole, Cristo per effondere il suo amore nel mondo, ha bisogno degli sposi. Come avviene questo?

In che modo questo avviene

A questo punto mi viene da pensare a quello che don Lamera molto spesso sottolineava con forza: “Se volete la pace nel mondo, non servono a nulla gli incontri organizzati dall’Onu, ma bisogna cominciare dal fatto di far sì che vi sia armonia e amore nelle coppie di sposi e nelle famiglie”.

È a questo proposito che si basa la ripetuta espressione con cui si dice che la famiglia è la cellula ed è il fondamento della società.

Se la società non funziona, come di fatto tutti ce ne accorgiamo, è segno che non funziona la famiglia.

Infatti, solo se nella famiglia vi è amore questo necessariamente si allarga come a cerchi concentrici, si diffonde nella chiesa e nella società, in maniera inequivocabile, in maniera contagiosa.

Però, perché questo avvenga, è necessario che la coppia di sposi viva ed ami alla maniera della coppia Cristo/Chiesa. Ed è quello che Paolo ben descrive.

Prendiamo le sue espressioni e vi riflettiamo.

Non dice solo di amare ma pure come amare: “E voi, mariti, amate le vostre mogli, come anche Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per renderla santa, purificandola con il lavacro dell'acqua mediante la parola, e per presentare a se stesso la Chiesa tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile, ma santa e immacolata”.

Cosa vuol dire con questo?

Ovviamente si rifà alla struttura sociale del tempo in cui il marito era capo, la moglie doveva essergli sottomessa e i figli massimamente obbedienti ai genitori.

Ebbene, anche Cristo è capo della Chiesa, in quanto essa fa parte del suo corpo. Egli l’ha amata così tanto da dare tutto se stesso per lei. L’essere capo, pertanto, vuol dire amare e dare tutto se stesso per la persona amata. Se questo vale per tutti e sempre - tanto è vero che conosciamo l’espressione con la quale si dice che “quanto più stiamo in alto tanto più siamo chiamati a servire” – se vale nel rapporto Cristo/Chiesa deve valere anche in quello fra marito/moglie.

Inoltre è da notare che Cristo non è solo capo ma anche il salvatore della sua chiesa. La salva rendendola “santa e immacolata”. Tutto questo lo fa senza opprimerla e senza usarla, lo fa senza asservirla a sé, lo fa liberandola da ogni legame e schiavitù, perché fosse pienamente se stessa.

Analogo deve essere il rapporto marito/moglie.

Cosa necessariamente ne consegue?

Ne consegue una riconoscenza ed una corrispondenza. Ed ecco che la Chiesa, in quanto membro del suo corpo, è riconoscente a Gesù e perciò è a lui sottomessa. Per questo è in ascolto di lui, è in dialogo con lui, gli obbedisce in tutto perché riconosce in lui il vero salvatore che rivela la volontà del Padre celeste.

È proprio in questo senso che si deve intendere la sottomissione e la obbedienza della moglie verso il marito.

Da notare che il significato dato da Paolo al “sottomettersi” vale per tutti i cristiani, non è quindi per una minore considerazione della donna.

In pratica, in riferimento alla coppia, è come se Paolo dicesse: “Il marito è riconosciuto dalla società “capofamiglia”. Ebbene, lo sia alla maniera di Cristo che pure è capo. Ami la moglie, dia se stesso per lei senza egoismi e senza riserve, non la usi a modo d’oggetto, si prenda cura di lei e ne abbia ogni premura. L’aiuti a purificarsi e a correggersi dai difetti, l’aiuti a santificarsi. La sappia amare come il proprio corpo.

La donna è riconosciuta dalla società sottomessa. Ebbene, lo sia come lo è la Chiesa. Non una sottomissione passiva, umiliante, da schiava, proveniente da paura o servilismo, ma da amore fatto dono. Un rispetto e una dedizione amorosa “in tutto”, ed in ogni momento della vita”.

Ed ecco lo stile del marito verso la moglie, simile a quello di Cristo, come prosegue Paolo: “Così anche i mariti hanno il dovere di amare le mogli come il proprio corpo: chi ama la propria moglie, ama se stesso. Nessuno infatti ha mai odiato la propria carne, anzi la nutre e la cura, come anche Cristo fa con la Chiesa, poiché siamo membra del suo corpo”.

Cosa analoga la ripete anche ai Colossesi: “Voi, mogli, state sottomesse ai mariti, come conviene nel Signore. Voi, mariti amate le vostre mogli e non trattatele con durezza”

L’esempio della famiglia di Nazaret

Come applicare tutto questo ai componenti dell’ISF?

L’altra volta dicevamo che il carisma specifico dell’Istituto Santa Famiglia sta nel vivere e mostrare nell’oggi lo stile di vita della Santa Famiglia di Nazaret.

Questo non solo limitato alla coppia marito e moglie, ma anche come famiglia, come genitori e figli.

 È quello che ulteriormente sottolinea Paolo: “Voi, figli, obbedite ai genitori in tutto; ciò è gradito al Signore. Voi, padri, non esasperate i vostri figli, perché non si scoraggino”.

Riferito ai genitori, si tratta di non arrabbiarsi con i figli, di non esasperarli e di non scoraggiarli. In altre parole, si tratta di fare tutta la propria parte per trasmettere convinzioni basate su valori, nell’essere autentici testimoni.

Il risultato è tutto nelle mani di Dio, come espressamente dice Gesù: “Il regno di Dio è come un uomo che getta il seme nella terra; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce; come, egli stesso non lo sa”.

Conseguentemente, si tratta di vivere nella fiducia e nella speranza, pur soffrendone e dovendoci necessariamente pregare.

Come si sono comportati a tal proposito Giuseppe e Maria nei confronti di Gesù?

Essi si sono completamente donati a Lui, rinunciando ai loro progetti umani per accogliere il disegno di Dio su di loro; nonostante abbiano vissuto momenti molto difficili, si sono sempre fidati del Signore.

Anche i genitori, e mettiamoci pure i nonni, sono chiamati ad educare i figli e nipoti, rinunciando ai propri progetti, nel rispetto di loro in quanto con il Battesimo sono diventati anch’essi figli di Dio e meritano ogni rispetto. Solo che da quel giorno sono stati affidati ai genitori stessi perché abbiano il compito di custodirli, illuminarli e guidarli.

È vero che tutti siamo chiamati a fare apostolato, ma sta proprio qui il primo apostolato dei genitori.

Un altro aspetto da sottolineare è che Maria e Giuseppe pregavano insieme e anche Gesù pregava con loro. Frequentavano la sinagoga, rispettavano l’usanza di andare una volta all’anno a Gerusalemme e Gesù, una volta raggiunta la sua età, andava con loro.

Applicato agli sposi. Se è vero che da una parte gli sposi hanno necessità di pregare assieme tra di loro, dall’altra hanno pure bisogno di coinvolgere i figli, sia in casa che andando insieme in chiesa, e quindi mettendo in pratica non: “Vai a Messa”, ma: “Andiamo a Messa”.

È questo l’esempio che trascina. Difatti quello che fanno i genitori sarà fatto dai figli sia in bene che in male, anche se questa soddisfazione di vedere un risultato di bene non si può sempre avere e tanto meno subito. Da non dimenticare però che l’esempio dato in bene, è sempre un seme che prima o poi certamente germoglierà e darà i suoi frutti.

Un altro grande insegnamento ci dona in maniera particolare Maria Santissima. Ella non ha mai abbandonato Gesù, ma lo ha sempre seguito fin sotto la croce, per sostenerlo nella prova, proprio attraverso la sua vicinanza e la sua preghiera.

Da non dimenticare che ella, essendo anche Madre nostra, continua a intercedere sempre presso suo Figlio per tutti i genitori.

Applicato a noi, il compito di genitori non finisce quando i figli escono di casa, ma continua sia qui che nell’altra vita. A tal proposito vi è un’altra cosa, costantemente ribattuta da don Lamera, che cioè il compito dei genitori non finisce sulla terra, ma continua anche in Paradiso, da dove avrebbero interceduto per loro sino a quando anch’essi non avessero raggiunto la meta.

Molti genitori pensano di essere a posto perché non fanno mancare nulla ai figli, senza rendersi conto che i figli, ancor prima delle cose, hanno bisogno della loro vicinanza e del loro paziente ascolto.

Ed ora per concludere, unitamente alle domande poste sulla scheda che avete in mano, aggiungo queste altre: “Siamo convinti che l’educazione cristiana ai figli si trasmette più con l’esempio di genitori, che con tante prediche?

Diamo spazio e tempo ai nostri figli per ascoltare le loro confidenze, o siamo sempre di corsa?