30 Comandamento più grande
Si tratta della quinta riflessione sul tema dell' essere "Artigiani di Comunione", preparata per il ritiro di maggio 2021, presso il Santuario di San Giuseppe in Spicello.
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Quinta riflessione per l’anno 2021 -  Il carisma specifico del matrimonio
(Seconda parte)
(Riferimento biblico I Gv 4, 7-16)

“Carissimi, amiamoci gli uni gli altri, perché l'amore è da Dio: chiunque ama è stato generato da Dio e conosce Dio. Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore. In questo si è manifestato l'amore di Dio in noi: Dio ha mandato nel mondo il suo Figlio unigenito, perché noi avessimo la vita per mezzo di lui. In questo sta l'amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati.

Carissimi, se Dio ci ha amati così, anche noi dobbiamo amarci gli uni gli altri. Nessuno mai ha visto Dio; se ci amiamo gli uni gli altri, Dio rimane in noi e l'amore di lui è perfetto in noi. In questo si conosce che noi rimaniamo in lui ed egli in noi: egli ci ha donato il suo Spirito. E noi stessi abbiamo veduto e attestiamo che il Padre ha mandato il suo Figlio come salvatore del mondo. Chiunque confessa che Gesù è il Figlio di Dio, Dio rimane in lui ed egli in Dio.

E noi abbiamo conosciuto e creduto l'amore che Dio ha in noi. Dio è amore; chi rimane nell'amore rimane in Dio e Dio rimane in lui”.

Premessa

I superiori dell’ISF hanno espresso un desiderio e chiedono che possa essere messo in pratica. Chiedono di riuscire a far sì che nel ritiro mensile vi sia qualche coppia la quale, dopo aver letto e meditato il tema proposto, sia in grado di presentare una propria riflessione relativa all’esperienza personale sul tema stesso.

In osservanza di quanto richiesto sarò molto breve in questa personale proposta di riflessione, proprio per dare modo ai presenti di poter intervenire.

Nella riflessione del mese scorso – in linea con il tema per esso proposto - mi ero soffermato a riflettere sul carisma che è proprio degli sposi e della famiglia, quello cioè di rispecchiare in qualche modo la famiglia trinitaria.

Dicevo che questo dono di grazia veniva elargito dal Signore agli sposi per aiutare  loro stessi e coloro che avessero visto lo stile di vita da loro vissuto – sia pure con tutti i suoi limiti – per essere facilitati a comprendere qualcosa di quello che è il mistero della Santissima Trinità.

In altre parole gli altri, nel vedere lo stile di vita vissuto dalla coppia e famiglia, fossero meglio aiutati a rendersi un poco conto di come è fatto l’amore di Dio.

Dopo aver presentato l’aspetto teologico e scritturistico di tale dono e dei carismi in genere, mi ero addentrato in maniera più concreta su alcuni aspetti della vita di coppia. Più precisamente avevo suggerito alcuni modi per come affrontare i problemi di famiglia, proprio allo scopo di avere un certo tipo di chiave per riuscire a viverli alla maniera di Dio.

Questa volta facciamo un passo avanti, perfezionando tale aspetto.

Facciamo questo passo per comprendere ancor meglio il carisma stesso nella maniera più propria ed essenziale, carisma che definiamo quale: “dono di comunione”.

La famiglia è dono di comunione

Nel nostro parlare consueto a volte usiamo l’espressione che ci fa dire  di “essere in comunione” con qualcuno. Con questa espressione intendiamo esprimere il fatto che non abbiamo problemi di relazione, che la pensiamo allo stesso modo, che andiamo pienamente d’accordo, che collaboriamo in piena sintonia.

Su questa espressione e su come l’applichiamo non c’è nulla da dire, va bene. Però la comunione di coppia e di famiglia è tutt’altra cosa, perché si tratta di un fatto privilegiato e  unico.

Da sottolineare che esso è un dono permanente, rimane sempre, anche se non sempre e in tutto potrebbe esserci il pieno accordo tra marito e moglie. Ma è proprio questa diversità che può arricchire e che potrebbe aiutare a creare una comunione ancor maggiore e profonda.

Viste sotto questo profilo, pertanto, ben vengano le difficoltà di intesa vicendevole!

Però non per questo può venir meno né deve venir meno la comunione. Per poter far sì che rimanga, essa deve comprendere due aspetti tra loro inscindibili, quello di “amore” e quello di “vita”.

In cosa consistono questi due aspetti riferiti agli sposi?

Gli sposi ricevono ed esprimono il dono della comunione di amore proprio quando essi stessi si donano reciprocamente, tanto da non essere più se stessi – l’uno distinto dall’altro – ma nel poter andare oltre se stessi, formando con questa azione una terza realtà, quella che definiamo di “coppia”.

Ora è qui che deve nascere la domanda spirituale che da una parte ci aiuta a riflettere e dall’altra in qualche modo spiega anche la comunione di vita.

Quando gli sposi si donano, stanno vivendo in grazia di Dio, oppure no? Sono in sintonia con Dio, oppure no? Vivono la dimensione del dono in maniera altruistica, oppure in quello del possesso egoistico?

Non possono e non devono dimenticare che Dio è definito “Amore” e che solo da lui sgorga ogni vero amore. Se manca la presenza del Signore, l’amore umano è destinato a degenerare, a creare incomprensioni insormontabili, sino a giungere all’estrema conseguenza della separazione.

Proprio per questo si tratta di non dimenticare quello che abbiamo ascoltato da Giovanni nella sua lettera: Amiamoci gli uni gli altri, perché l'amore è da Dio: chiunque ama è stato generato da Dio e conosce Dio. Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore … Noi abbiamo conosciuto e creduto l'amore che Dio ha in noi. Dio è amore; chi rimane nell'amore rimane in Dio e Dio rimane in lui”.

Ulteriore salto di qualità

Oltre a questo vi è poi da compiere un altro salto di qualità che a sua volta evidenzia ed allarga l’aspetto della vita.

La modalità dell’essere “coppia in comunione” non è solo da viversi e chiudersi nel proprio ambito, ma deve anche effondersi. Dobbiamo sempre ricordare le parole di Paolo il quale afferma che ogni dono e carisma è dato per l’utilità comune e quindi, nel nostro caso, non solo a vantaggio della coppia e della famiglia, ma pure per il bene dell’umanità.

Questo avviene sempre e comunque, perché è implicito. Ma non solo, avviene di più e meglio quando l’azione a vantaggio di altri è svolta in maniera che potremmo definire più ufficiale, nel senso che è svolta come “apostolato”, soprattutto quando è riconosciuto dalla comunità e dalla Chiesa.

A tal proposito, è anche utile ricordare un'altra cosa importante. Ogni opera apostolica, anche se di fatto è svolta da uno solo dei coniugi, porta con sé l’efficacia della grazia di ambedue, a condizione che essi vivano nella perfetta comunione fra loro.

Da ciò è facile comprendere che la famiglia diventa a tutti gli effetti un bene per la Chiesa, come la Chiesa diventa un mezzo necessario per la famiglia, appunto perché è da essa che riceve i mezzi di grazia.

Infine è da notare un'altra cosa importante. A volte gli sposi neppure se ne rendono conto, ma di fatto per la grazia di stato e per la loro coerenza, questa effusione di bene avviene sempre e comunque.

La conseguenza di quanto abbiamo detto mette in evidenza che il dono di comunione non è un sovrappiù, non è qualcosa di appiccicato all’uno o all’altro degli sposi e neppure alla loro famiglia, ma è frutto di una “originalità originaria”, cosa che solo Dio poteva inventare.

Cosa significano questi due termini?

Per “originalità” intendiamo dire che non esiste qualcosa di simile da nessuna altra parte.

Per “originaria” intendiamo dire che non proviene da fatti culturali o ambientali, ma che è inscritta da sempre nella coppia stessa, in quanto appunto proviene dalla invenzione creativa di Dio.

Mi fermo qui. Il resto, compreso quanto ancora di seguito scritto, lo trovate nella dispensa che avete in mano. In attesa di vostri interventi.

Il nostro carisma specifico

Riporto alla lettera quanto scritto nella dispensa che giunge dal centro dell’ISF. È un brano che riporta la riflessione di una coppia.

“In questo mese, prendendo spunto dalla meditazione che ci viene offerta, e guardando sempre al nostro modello che è la Santa Famiglia, vorremmo riflettere sulla fedeltà nel Matrimonio.

Nella nostra esperienza di coppia, come abbiamo già detto in altre occasioni, il nostro punto fermo, la nostra prima fedeltà quotidiana, l’abbiamo riservata alla preghiera fatta insieme, alla lettura e meditazione della Parola di Dio, cercando di mettere in pratica quanto ci viene suggerito. Questa pratica, giorno dopo giorno, ci ha aperto la mente e il cuore a modellarsi sullo stile di vita di Gesù, a pensare come Lui, a desiderare ciò che vuole, a comportarci con amore come Egli ha fatto.

Questa è la fonte per aver fiducia del marito/moglie che Dio ci ha posto accanto, che amiamo, che abbiamo sposato e con il quale Dio ha un progetto di vita.

Come Giuseppe e Maria hanno seguito con fedeltà, nonostante le difficoltà, il progetto che Dio aveva in serbo per loro, così anche noi siamo chiamati a seguire con fedeltà il progetto che Dio ha pensato per la nostra famiglia senza paura di non riuscire, perché: “La storia della salvezza si compie ‘nella speranza contro ogni speranza’ (Rm 4,18) attraverso le nostre debolezze. Troppe volte pensiamo che Dio faccia affidamento solo sulla parte buona e vincente di noi, mentre in realtà la maggior parte dei suoi disegni si realizza attraverso e nonostante la nostra debolezza” (Papa Francesco, Lettera apostolica Patris Corde, n. 2).

Allora anche noi abbiamo cercato di avere fiducia totale uno dell’altra, trasparenza e sincerità in tutto ciò che accade, la bontà di tacere i difetti dell’altro, la sensibilità di prevenire i bisogni dell’altro per dimostrare la nostra attenzione e il nostro amore, in modo da creare in famiglia un clima armonioso che coinvolge anche i figli e diventa la “carta d’identità” di una famiglia cristiana, dove abita la Trinità.

Come Dio è stato sempre fedele nell’alleanza con il suo popolo, nonostante le infedeltà di quest’ultimo, così anche noi siamo chiamati a rimanere nella fedeltà perché “esprime la costanza nel mantenere la parola data” (CCC 2365), senza lasciarci influenzare dalle mode del mondo, perché “il Sacramento del Matrimonio fa entrare l’uomo e la donna nella fedeltà di Cristo alla sua Chiesa” (CCC 2365).

Riflettiamo sul seguente pensiero di don Stefano Lamera: LA FEDELTA’ E’ CUSTODIA E GARANZIA.

La forza, la sicurezza, la garanzia dell’amore è la fedeltà … Solo la fedeltà assicura la forza necessaria alla vita matrimoniale, custodisce l’unità della famiglia, garantisce l’educazione dei figli.

Al contrario, l’infedeltà sia spirituale sia fisica, sia del cuore sia del corpo, non solo sconsacra, ma ferisce e spezza la famiglia, perché disamora dalla casa e dai figli e toglie il rispetto necessario per l’altro coniuge. (Dal volume Alle famiglie cristiane di don Sznurkowski ssp, pag. 30)”.