CorporeitaRiflessione tenuta dal rettore alle famiglie riunite in ritiro l'11 ottobre 2015 presso il Santuario San Giuseppe in Spicello di San Giorgio di Pesaro.
Corporeità: Un’altra parola di autentica relazione

(Testo di riferimento: 1Cor 6,9-20)
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Introduzione
Continuiamo nelle nostre riflessioni mensili proposte in questo anno. Esse riguardano le relazioni.
Prima di leggere il testo biblico sull’argomento di oggi, mi permetto fare una carrellata sul cammino sinora compiuto.
L’argomento principale sarebbe stato quello di gennaio, perché è di riferimento per tutte le successive riflessioni. Si è chiamati a rispecchiarsi nella Santissima Trinità, in cui è vissuta una perfetta relazione di amore.

Nei mesi successivi siamo passati a riflettere sulle parole che invitano a mettere in pratica i diversi aspetti della relazione.
La prima di queste è la “sequela”, cioè seguire Cristo facendo proprio il suo stile di vita. Applicato alla vita di coppia, è da tener presente che se nell’amore fra marito e moglie non è tenuta viva la sequela di Cristo, la vicendevole relazione non può durare a lungo e il matrimonio va in fallimento.
La seconda è stata il “compimento”, cioè seguire Cristo per tutta la vita, sino a poter dire come lui: “Ho compiuto la missione che mi hai affidato”.
La terza ci ha presentato il “servizio”, cioè il mettere in pratica le parole di Gesù, pronunciate dopo la lavanda dei piedi: “Come ho fatto io, così fate anche voi”.
Nella quarta abbiamo riflettuto sulla “comunicazione”. Essa non è mai a senso unico. Se uno comunica, l’altro deve ricevere e fare proprio; se uno parla, l’altro deve ascoltare e rispondere. Se uno dice e l’altro sta zitto, è segno che la comunicazione non è autentica, a meno che lo star zitto non sia già una risposta.
Poi abbiamo riflettuto sulla “accoglienza”. Essa si impara da Gesù il quale è venuto non per condannare ma per salvare. Si tratta pertanto di essere pieni di misericordia verso tutti.
Nella sesta riflessione la parola è stata “compassione”, cioè il fare propria la situazione dolorosa dell’altro, come ha fatto Gesù e come da lui ben spiegato con la parabola del buon samaritano.
Nella riflessione del mese scorso abbiamo preso in considerazione la “complementarietà”. Partendo dal testo biblico: “Non è bene che l’uomo sia solo”, abbiamo riflettuto sul rapporto che intercorre tra l’uomo e la donna.
Oggi riflettiamo sulla “corporeità”, cioè sullo strumento che aiuta a tenere viva la citata complementarietà.
(A questo punto la lettura del testo biblico oggi proposto)
Premessa
La corporeità è importante. Anche il Signore, per stare in relazione con noi, si serve della corporeità, cioè di strumenti materiali. Ciò avviene chiaramente nei sacramenti. Ad esempio, per il Battesimo usa l’acqua; per l’Eucaristia usa il pane e il vino; per dare sollievo ai malati usa l’olio. Senza dimenticare che il principale gesto corporeo per tutti i sacramenti è l’imposizioni delle mani compiute dal ministro.
Analoga cosa avviene pure nei sacramentali. Pensiamo, ad esempio, al rito delle palme, a quello delle candele, all’aspersione o al segnarci con l’acqua benedetta, alla benedizione pasquale delle famiglie, alla benedizione di immagini ed oggetti di devozione.
Venendo a noi, attraverso quale mezzo noi siamo in relazione con gli altri?
Riferito alla riflessione di oggi, lo siamo attraverso il corpo. Il “corpo”, però, non si limita alla “ciccia”. Infatti, l’uomo e la donna non sono solo corpo, ma anche “anima”, con le facoltà intellettive; ed è anche “spirito”, con la presenza reale di Dio e di cui il corpo ne è il tempio.
Come si fa a manifestare ad altri quello che uno pensa, quello che uno vive, quello che uno esperimenta? Come si fa per esprimere concretamente l’amore di uno verso l’altro?
Ciò avviene attraverso il corpo che lo esprime in diverse maniere: con lo sguardo, con la parola, con la stretta di mano, con il bacio, con l’abbraccio, e così via.
E’ chiaro che la manifestazione espressa attraverso il corpo deve essere pura e limpida, cioè deve trasmettere quello che è nel cuore in maniera sincera.
Ma cosa c’è dentro il cuore?
La sincerità si riscontra se si vive secondo Dio, come dice la beatitudine: “Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio”.
Pertanto, ogni manifestazione del corpo deve manifestare che si è in profonda sintonia con Dio e che conseguentemente si vive e si pratica il vero amore; se manca questo, ogni manifestazione diventa falsa ed anche peccaminosa; non è più una vera e sincera relazione.
Questo vale per ogni relazione fra persone, tanto più vale nei rapporti tra marito e moglie.
Paolo, nel brano ascoltato, vuol sottolineare questi aspetti.
Peccatori sì, corrotti no!
Papa Francesco in una omelia ha detto: “Peccatori sì, corrotti no”.
Lo dobbiamo ammettere, tutti siamo peccatori! Ma guai ad avere la presunzione di giustificare il peccato non impegnandoci a lottarvi contro.
Pur tuttavia, l’amore vero ci dice che verso tutti dobbiamo avere comprensione, benevolenza e misericordia; e, per di più, tutti dobbiamo infondere coraggio e fiducia nella lotta contro il peccato.
Paolo si rivolge ad alcuni della comunità di Corinto che avevano un concetto sbagliato dell’uso del corpo in fatto di sessualità, con deviazioni in un senso o nel suo contrario.
Da una parte, vi era il gruppo che si rifaceva al così detto “angelismo”. Esso proponeva l’astinenza più assoluta nell’uso del sesso, anche tra sposati; esso disprezzava tutto ciò che riguardava il sesso.
Dall’altra, vi era il gruppo della “cosificazione del sesso”. Esso diceva che, a livello di sesso, tutto è permesso, tutto è giustificato e legalizzato. Tutto è considerato un gesto materiale da compiere necessariamente, analogamente a quello del cibo; pertanto il sesso è una “cosa”, da consumare come tante altre, senza limiti di sorta.
Eppure, anche per l’uso del cibo ci sono regole, da rispettarsi per il proprio bene.
Infatti, non si può mangiare tutto; non si può mangiare più di tanto; dobbiamo astenerci da alcuni cibi ci farebbero male, e così via.
Ugualmente, nell’uso del sesso ci sono regole e limiti che, se non sono rispettati, ci fanno cadere non solo nel peccato, ma nella corruzione, con la conseguente scontentezza.
Paolo fa una elencazione di questa corruzione: “Non illudetevi: né immorali, né idolatri, né adulteri, né depravati, né sodomiti erediteranno il regno di Dio”.
Corporeità, cioè la persona in relazione
Paolo ci insegna ad avere una visione giusta ed equilibrata della corporeità e del suo modo di relazionarsi. Questa visione rende capaci di evitare gli eccessi di un “materialismo” che vede – come detto - solo una serie di “cose” da soddisfare; e di uno “spiritualismo” che, a sua volta, mutila la relazione togliendovi anche la sua parte positiva.
Per comprendere le parole di Paolo, è da tener presente che l’uomo non tanto ha un corpo, ma è “corpo”; il corpo in quanto – come detto pocanzi - contiene ed esprime anche l’anima e lo spirito.
Pertanto nel consumare l’atto sessuale, non bisogna dimenticare che vi è impegnata la persona nella sua “totalità” di corpo, di anima e di spirito.
Ciò premesso, la sessualità è da intendersi non solo come gesto semplicemente esteriore e limitato, ma come somma delle energie affettive umane e spirituali che motivano e spingono all’azione. Tutta la persona è coinvolta nell’incontro con l’altro; non si incontrano due “cose”, ma due libertà; queste due libertà, a loro volta, vanno rispettate in tutti gli aspetti.
Se i metodi contraccettivi vengono condannati è proprio perché, nell’uso della sessualità, vengono meno questi principi.
A questo punto vedo opportuno citare le parole di Paolo VI, espresse nella “Humanae vitae”. Egli afferma che la dottrina della Chiesa «è fondata sulla connessione inscindibile, che Dio ha voluto e che l'uomo non può rompere di sua iniziativa, tra i due significati dell'atto coniugale: il significato unitivo e il significato procreativo».
Ed ha proseguito ribadendo che è da escludere, come intrinsecamente disonesta, «ogni azione che, o in previsione dell'atto coniugale, o nel suo compimento, o nello sviluppo delle sue conseguenze naturali, si proponga, come scopo o come mezzo, di rendere impossibile la procreazione».
A queste affermazioni di Paolo VI, fanno eco quelle di Giovanni Paolo II che, nella “Familiaris consortio”, dice: “Quando i coniugi, mediante il ricorso alla contraccezione, scindono questi due significati che Dio Creatore ha inscritti nell'essere dell'uomo e della donna e nel dinamismo della loro comunione sessuale, si comportano come «arbitri» del disegno divino e «manipolano» e avviliscono la sessualità umana, e con essa la persona propria e del coniuge, alterandone il valore di donazione «totale».
Così – continua Giovanni Paolo II - al linguaggio nativo che esprime la reciproca donazione totale dei coniugi, la contraccezione impone un linguaggio oggettivamente contraddittorio, quello cioè del non donarsi all'altro in totalità: ne deriva, non solo il positivo rifiuto all'apertura alla vita, ma anche una falsificazione dell'interiore verità dell’amore”.
Sono affermazione che potrebbero generare un certo scoraggiamento nell’impegno di volersi adeguare; allora il Papa si premura subito di sottolineare un altro aspetto della Chiesa, che cioè nel contempo essa è Maestra ed anche Madre.
Come maestra deve insegnare la verità di Dio, come madre deve essere comprensiva e deve imitare la misericordia di Dio.
Aspetto teologico del corpo
Paolo poi, come a volersi giustificare, porta il tutto sul piano teologico.
Con il dono del battesimo il nostro corpo è stato santificato: “Siete stati lavati, siete stati santificati nel nome di Gesù Cristo e nello Spirito del nostro Dio”. Pertanto ci è stato dato un nuovo modo di essere che qualifica ogni rapporto fra di noi.
Di conseguenza, così prosegue: “Il corpo è per il Signore e il Signore è per il corpo”.
Con ciò diventano chiare anche le successive affermazioni: “Il corpo non è fatto per l’immoralità”, ed ancora: “Non sapete che i vostri corpi sono membra di Cristo?”, e poi aggiunge: “Prenderò dunque le membra di Cristo e ne farò membra di una prostituta?”.
Cosa è in questo caso la prostituzione?
Tutto ciò che si antepone a Dio, è prostituzione! Pertanto, c’è il rischio di cadere in un tipo di prostituzione anche nell’ambito della coppia stessa, quando non si vive secondo il pensiero di Dio.
Digressione
A questo punto vedo opportuno richiamare la gravità dei peccati e, nel caso legato alla riflessione di oggi, a quelli di sesso.
Sappiamo, come indicatoci dal catechismo della Chiesa, che i peccati si dividono in mortali e veniali.
Sono mortali se trasgrediscono la legge di Dio in materia grave e se ciò avviene liberamente, consapevolmente e con piena avvertenza.
Sono veniali se la trasgrediscono in materia non grave, ed anche in materia ritenuta grave, ma senza la piena avvertenza e il deliberato consenso.
In tutti i casi, comunque, i peccati sono una disobbedienza a Dio. Senza dire che, in qualche modo, tutti si riflettono pure a nostro svantaggio, portando conseguenze negative, spesso difficilmente riparabili.
Per analogia, è facile fare in un istante lo strappo al vestito, ma quanta pazienza e quanto tempo per ricucire nel migliore dei modi, e comunque con il rischio che un qualche segno rimanga sempre.
I peccati sessuali, commessi con piena avvertenza e deliberato consenso, sono sempre peccati mortali.
Ma non dobbiamo pensare che, anche se mortale, sia il più grave di tutti. Alcuni pensano che il peccato originale sia consistito in questo. Non è vero!
Il primo peccato, con tutte le note conseguenze negative per l’umanità, è quello dell’orgoglio, quello di non voler dipendere da Dio, quello di voler giudicare da sé ciò che è bene e ciò che è male.
Il caso nostro è analogo quando vogliamo giustificare il peccato e di conseguenza, per dirla con Papa Francesco, scendiamo nella corruzione.
Quando, invece, si vuole compiere sempre e in tutto la volontà di Dio; quando si lotta per non cadere in peccato; quando si vive un serio cammino di fede, potrebbe avvenire che un peccato in materia grave possa vedere ridotta la responsabilità, tanto da essere considerato solo veniale.
Ovviamente, questo non sempre ma solo quando manca il deliberato consenso; cosa questa che potrebbe succedere per il fatto che, contro volontà, si è soggetti e quasi costretti a subire certe situazioni e certi condizionamenti.
Concludo dicendo che per quattro peccati non c’è possibilità di scendere nella venialità. Sono quelli che il catechismo elenca tra quelli che gridano vendetta verso il cielo, a causa del grave disordine che portano all’interno della società.
Essi sono: l’omicidio volontario, il peccato impuro contro natura, l’oppressione dei poveri, la frode nella mercede agli operai.
Ed anche i sei peccati contro lo Spirito Santo.
Essi sono: disperazione della salvezza, presunzione di salvarsi senza merito, impugnare la verità conosciuta, invidia della grazia altrui, ostinazione nei peccati, impenitenza finale.