Arca di Noè
Testi liturgici: Is 2,1-5; Rm 13,11-14; Mt 24,37-44
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Mi pare proprio che dobbiamo evidenziare e sottolineare questa espressione di Paolo: “E’ ormai tempo di svegliarvi dal sonno”.
A cosa si riferisce, in quale sonno o quale torpore noi potremmo cadere?
In quello della rassegnazione, in quello di continuare a fare come sempre si è fatto, in quello di pensare e credere che in fondo in fondo siamo delle brave persone, e quindi, non essendovi nulla da cambiare per tale motivo, potremmo pensare che non abbiamo più bisogno di convertirci.
No, ci dice Paolo, se è arrivato il giorno dobbiamo svegliarci, dobbiamo alzarci per poter compiere il nostro dovere. In questo caso, il nostro dovere di cristiani, suona così: “La notte è avanzata, il giorno è vicino. Perciò gettiamo via le opere delle tenebre e indossiamo le armi della luce”.
Cosa vuol dire?

Si tratta di essere aperti alle continue novità di Dio per non cadere nell’errore descritto dal profeta Isaia nella prima lettura.

In cosa consisteva l’errore degli Israeliti, descritti da Isaia?

Essi, sapendo che erano stati scelti da Dio come popolo da lui amato e, nel contempo, quale strumento per portare la salvezza, pensavano che questa salvezza fosse un privilegio riservato solo a loro.

No, dice Isaia, perché la salvezza del Signore è sul monte Sion, dove si trova il suo tempio santo, nel quale affluiranno tutti i popoli. Ovviamente, non si tratta di un luogo fisico, quanto di una realtà in cui è presente il Signore.

Per tale motivo, non possono chiudersi in se stessi, non possono pensare solo a se stessi, ma devono essere aperti a tutti. Si tratta di creare comunione con tutti vivendo una fraternità che sarà l’inizio di un mondo nuovo. Per spiegare questo mondo nuovo usa delle immagini dicendo che le spade diventeranno aratri, le lance diventeranno falci, le guerre scompariranno definitivamente.

In ultima analisi si tratta di svegliarsi per ascoltare, comprendere e mettere in pratica la Parola di Dio, che di fatto è sempre nuova, come tenta di spiegare il brano evangelico il quale, a prima vista, sembra piuttosto strano.

Si parla dei giorni di Noè in quanto giorni di peccato e depravazione, ed è vero. Per questo arriverà il diluvio per la purificazione.

Ma, potremmo domandarci, cosa facevano di male?

Mangiavano, bevevano, si sposavano; una vita normale come quella di ognuno di noi. Ma allora, in cosa consisteva il male?

Semplicemente non erano più attenti alla voce di Dio. Tale voce era diventata talmente scontata da dimenticarla. Anche se vedono un uomo strano, intento a costruire una strana imbarcazione, in forza della loro superficialità non si domandano il perché. Lo considerano semplicemente un pazzo, e non si ravvedono neppure quando comincia a scendere acqua sempre più insistente e travolgente.

Ecco perché sono addormentati, sono nelle tenebre, non vedono la luce.

Ebbene, a questo punto Gesù fa un salto, e da Noè passa ai suoi contemporanei, ed oggi a ciascuno di noi.

 Ci dice che può accadere proprio anche a noi – come di fatto sta accadendo per tanta gente – di vivere nella spensieratezza e nella superficialità, dando più importanza a cose contingenti e temporanee, piuttosto che a quelle eterne.

Ecco allora l’esortazione: “Tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo”.

Questo è accaduto nella sua venuta allorquando, vedendolo nascere in una stalla e vedendolo vivere nascostamente a Nazaret, non hanno immaginate minimamente che fosse il Figlio di Dio.

Quante cose capitano anche ai nostri giorni – cose belle ma anche cose tremende! - ma chi si accorge che sono segni attraverso cui Dio ci parla perché dobbiamo cambiare vita, dobbiamo convertirci?

E noi, di fatto, continuiamo a vivere come se nulla fosse, senza pensare al richiamo, senza pensare alle nostre responsabilità!

Sac. Cesare Ferri rettore del Santuario di San Giuseppe in Spicello