Testi liturgici: At 1,1-11; Ef 1,17-23; Mt 28,16-20
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Nella prima lettura abbiamo ascoltato l’inizio del libro denominato “Atti degli Apostoli” ed abbiamo potuto notare come lo scritto sia indirizzato ad un certo “Teofilo”. Questo però non significa che vale solo per lui, facendoci concludere che non interessa tutti i credenti, quali siamo noi.
A prima vista potrebbe anche essere vero, ma dobbiamo notare che nel termine “Teofilo” ci siamo compresi tutti. Esso vuol dire: “Amico di Dio”, ed anche: “Dio è mio amico”, ed ancora: “Amato da Dio”.
Forse noi non vogliamo appartenere a queste persone amate e che a loro volta vogliono amare?
Certo! Ed allora proprio per questo non vogliamo assomigliare ai discepoli di cui il Vangelo ha detto: “Essi però dubitarono”.
Purtroppo, quanti dubbi anche nella nostra vita!
Tanto è vero che abbiamo gli alti e bassi sia nella vita ordinaria quotidiana, sia in quella di fede; abbiamo momenti di entusiasmo per cui faremmo chissà quali cose, e momenti di indifferenza e stanchezza; qualche volta potremmo anche avere momenti di ribellione.
Che fare per non avere i momenti negativi o per lo meno per riuscire a superarli?
A ben rifletterci, la seconda lettura ci ha dato la chiave per saper leggere e mettere in pratica il metodo.
Si tratta, come ci ha tenuto a dire Paolo, di avere uno spirito di sapienza e di rivelazione “per una più profonda conoscenza del Signore” il quale, lo dirà verso la fine, “tutto ha messo sotto i suoi piedi”.
Per questo motivo non possiamo assomigliare a coloro i quali pensano che Gesù, ormai salito al cielo, ci ha lasciato soli ad arrabattarci con i soliti problemi di ogni giorno: la salute, il lavoro, la casa, i soldi, il futuro.
Con questo atteggiamento siamo portati a correre il rischio di pensare a un Dio lontano dai nostri problemi concreti.
Invece, non è così, perché una tale interpretazione non rispetta il mistero dell’Incarnazione, in quanto non riconosce che Gesù si è fatto uomo per condividere l’esistenza umana, in ogni suo aspetto, fatta eccezione del peccato.
Ecco perché, come pocanzi accennato, Paolo si rivolge al Signore affinché ci dia lo Spirito di Sapienza per comprendere tale verità.
Del resto, è anche quello che Gesù ha detto proprio prima di lasciarci: “Io sono con voi tutti i giorni, sino alla fine del mondo”.
Dove troviamo la sua presenza?
È presente in modo speciale quando ascoltiamo la sua Parola e partecipiamo all’Eucaristia; è presente in ogni persona che incontriamo, come egli stesso ci dice: “Quello che avete fatto al più piccolo dei fratelli, l’avete fatto a me”.
Si tratta di credere fermamente a tali verità. Gesù è sempre presente in mezzo a noi, in maniera viva, reale e operante, anche se non più in maniera visibile. Questo per dire che è inutile ripensare ai suoi tempi allorquando predicava e guariva gli ammalati, giudicando fortunate quelle persone.
Questo atteggiamento potrebbe capitare anche a noi, avviene quando rimpiangiamo i tempi passati.
Allora, come comportarci di conseguenza?
Si tratta di non chiudersi, né di fronte a Dio e neppure dentro noi stessi. Si tratta di mettere in pratica il comando di Gesù: “Andate, fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli…”.
Ecco perché sono rimproverati dai due uomini in bianche vesti: “Perché state a guardare il cielo?”.
Da quel momento comincia per loro un nuovo tempo; è il tempo della Chiesa; è il tempo che stiamo tuttora vivendo noi.
Cosa dobbiamo fare in questo tempo?
Si tratta di non pensare solo a noi stessi, ma nello spirito evangelico di essere aperti e a servizio di tutti.
Sac. Cesare Ferri rettore Santuario San Giuseppe in Spicello