Omelia delle domeniche e feste Anno A
"Vieni al Padre, fonte di Misericordia"
26 marzo 2025 * S. Felice vescovo
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12 Due passeri
Testi liturgici: Ger 20,10-13; Rm 5,12-15; Mt 10,26-33

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Come sono consolanti queste parole di Gesù: “Perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati. Non abbiate dunque paura”.
Ne abbiamo estremo bisogno, soprattutto per i tempi che stiamo attraversando. Quante paure! Purtroppo molte neppure giustificate.
La paura è la più grande nemica della fede, quando poi è eccessiva denota proprio una mancanza di fede vera e profonda.
È una malattia molto subdola, ed è per questo che Gesù ci mette in guardia, assicurandoci che dietro ad ogni cosa e dentro ad ogni cosa, vi è sempre operante la presenza amorosa del Padre celeste. Egli non abbandona mai i suoi figli. Ed ecco che, per farlo meglio capire, prende gli esempi dalla vita di ogni giorno.

Due passeri che si vendono per un soldo, ritenuti quindi di poco valore, tuttavia sono sotto gli occhi di Dio. Tutti ci teniamo ad avere cura per tenere in ordine i nostri capelli, ma chi di noi li ha mai contati? Il Signore, invece, conosce bene il loro preciso numero.

Lui conosce tutto di noi, anche quello che noi non conosciamo. Ed allora, dato che ci vuol sinceramente bene, di cosa dobbiamo avere paura?

Questo ci ha detto il Vangelo. La prima lettura lo ha confermato. Ci ha mostrato la storia del profeta Geremia, il quale aveva tanti nemici che non solo lo osteggiavano, ma volevano vendicarsi di lui. Ma Geremia, pieno di fede, non ha paura. Ecco le sue precise parole: “Il Signore è al mio fianco come un prode valoroso, per questo i miei persecutori vacilleranno e non potranno prevalere; arrossiranno perché non avranno successo”.

Poco dopo, sempre Geremia, aggiunge un’altra espressione che ai nostri orecchi potrebbe suonare male: “Possa io vedere la tua vendetta su di loro”.

Sì, perché nel nostro modo di dire, la vendetta è qualcosa di male. Ed è vero, perché proviene dal fatto di voler fare giustizia da noi stessi.

Invece Geremia non si comporta così. Anche se profondamente ferito dalla cattiveria degli altri, non decide di fare giustizia da solo, con le proprie mani, ma mette tutto in quelle di Dio.

Questo vale anche per noi quando sentiamo l’ingiustizia. Dobbiamo affidare a Dio la nostra difesa, saprà lui quando, come e cosa fare ancor meglio di quello che potremmo immaginare noi. Non gli mancherà modo, se incontra sincerità e disponibilità da parte nostra, di ottenere il pentimento e la conversione. Del resto, come sappiamo, la vendetta di Dio sta nell’amore.

Una riflessione anche sulla seconda lettura nella quale a più riprese viene utilizzata la parola “peccato”.

Attenzione a rimanere nel giusto mezzo e nella retta comprensione di cosa sia il peccato. Per alcuni, soprattutto se scrupolosi, tutto diventa peccato; per altri, molto superficiali, vale la consueta espressione: “Ma che male c’è a comportarsi così?”.

Paolo, in modo molto realistico, cerca di spiegarlo. Egli non nega il peccato nella vita di ogni uomo, ma in modo altrettanto realistico mette in evidenza la redenzione operata dal Signore Gesù, crocifisso e risorto.

Se da una parte la caduta di Adamo ha portato come conseguenza l’espandersi del peccato in ogni uomo – ed è quello che noi definiamo “peccato originale” – dall’altra, in forza dell’incarnazione vita e morte di Gesù, è arrivato per tutti il tempo della grazia che aiuta a risorgere da quel peccato e da ogni peccato per cominciare una vita nuova.

È vero che da una parte siamo isole di peccato – perché il peccato ci isola dagli altri, rompe la comunione – dall’altra, però, siamo immersi nell’oceano della grazia.

Ancora una volta non c’è da temere. Con la grazia possiamo vincere e uscire dal peccato per fare un sincero cammino di fede, anche se spesso e purtroppo continuiamo a farlo zoppicando.

Sac. Cesare Ferri rettore Santuario San Giuseppe in Spicello

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"... io piego le ginocchia
davanti al Padre,

dal quale ogni paternità
nei cieli e sulla terra." (Ef. 3,14-15)

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