Omelia delle domeniche e feste Anno A
"Vieni al Padre, fonte di Misericordia"
26 marzo 2025 * S. Felice vescovo
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14 Venite a me
Testi liturgici: Zac 9,9-10; Rm 8, 9.11-13; Mt 11,25-30
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Iniziamo con una domanda. Abbiamo ascoltato bene l’espressione evangelica di Gesù, l’abbiamo compresa rettamente?
Eccola: “Ti rendo lode, o Padre, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli”.
Ma allora, potrebbe concludere chi non ha compreso bene, è meglio non essere istruiti, è meglio non conoscere tante cose!
No, attenzione! Gesù non intende dire questo. Si tratta di comprendere quello che l’espressione sottintende. Si tratta di comprendere dove sta la differenza tra l’essere “dotti e sapienti” e l’essere “piccoli”.

Gesù non nega gli studi e l’istruzione, che certamente hanno un innegabile valore, ma contesta tale sapienza quando è utilizzata in maniera soggettiva, cioè quando è considerata una capacità umana di cui siamo arricchiti, ma che non è sufficiente in se stessa, se non comprendiamo che abbiamo bisogno di qualche altra cosa.

 In altre parole, per Gesù i sapienti sono coloro che non utilizzano le proprie capacità per un bene verso gli altri, ma le considerano come un bene personale ed esclusivo, da utilizzare per i propri vantaggi.

Quali sono queste capacità?

Solo per elencarne alcune: l’intelligenza, i titoli di studio, una personalità tale da condizionare gli altri, l’occupazione di un posto importante nel lavoro e nella società. Se ci si ferma qui, dando a queste capacità un valore personale e assoluto, siamo destinati a vivere in maniera molto limitata, normalmente viviamo scontenti, corriamo il rischio di sperimentare molte delusioni.

Con tale atteggiamento, non riuscendo a renderci conto delle cose che sono veramente importanti, non comprendiamo in maniera retta neppure le cose di Dio, per la qual cosa queste rimangono nascoste, e per cui siamo incapaci di innalzare a lui una lode perenne.

All’opposto ci sono i “piccoli”. Chi sono questi?

Ovviamente non sono gli ingenui, i sempliciotti, gli sprovveduti e neppure quelli in età minore, ma sono le persone umili. Il primo frutto dell’umiltà è quello di riconoscere che tutto quanto abbiamo è dono di Dio.

Solo gli umili sono capaci di stupirsi di fronte alle meraviglie di Dio, con la conseguenza che sanno innalzare a lui una lode continua. La prima fra queste lodi è quella che stiamo celebrando, è l’Eucaristia. In essa ci uniamo alla lode di Gesù. Se la nostra lode è unita a quella di Cristo acquista un valore infinito.

In altre parole ancora, gli umili sono coloro che non scartano le qualità umane, anche quelle citate – magari fossimo tutti più istruiti! - ma hanno capito che non si trova lì l’essenziale. Per questo motivo si mettono in ascolto di Dio fidandosi di lui. Cercano la sua volontà e la vogliono compiere, sono capaci di spendere la loro vita in un continuo servizio di amore disinteressato.

Questo significa essere piccoli. È il segreto per riuscire a comprendere, vivere e godere quelli che a sua volta sono pure i segreti di Dio.

Pertanto, solo con l’umiltà, cioè contando più su Dio che su noi stessi, giungiamo alla vera intelligenza e comprensione delle cose.

Ed è per questo che Gesù continua a dire: “Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro … prendete il mio giogo … il mio giogo è dolce e il mio carico leggero”.

Ci sono dei gioghi, nella vita, che ci schiacciano. Sono i gioghi del peccato.

Gesù, invece, propone di prendere sulle nostra spalle il suo giogo. Anche il suo è un peso, ma è un peso leggero, a differenza degli altri. Significa che l’obbedire a Gesù e alla sua parola, se all’inizio può sembrare un impegno, man mano diventa esperienza di bellezza e pienezza di vita.

Sta a noi scegliere sotto quale giogo vogliamo vivere, se sotto quello oppressivo del peccato, oppure sotto quello liberante che ci offre Gesù.

Solo quando scegliamo lui, diventiamo quei piccoli a cui il Signore rivela i segreti del suo amore di Padre.

È anche quello che Gesù vuol insegnare quando entra in Gerusalemme. Pur essendo il re dell’universo, vi entra in maniera molto modesta ed umile. Nel relativo brano vi si legge: “Viene il tuo re. Egli è umile, cavalca un asino”.

Solo così potremmo ripetere l’inno di lode, di giubilo e di benedizione che Gesù rivolge al Padre: “Ti rendo lode, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli”.

Sac. Cesare Ferri rettore Santuario San Giuseppe in Spicello

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"... io piego le ginocchia
davanti al Padre,

dal quale ogni paternità
nei cieli e sulla terra." (Ef. 3,14-15)

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