EpifaniaTesti liturgici: Is 60,1-6; Sl 71; Ef 2-3-5-6; Mt 2,1-12
Per il documento: clicca qui
Se nel giorno di Natale il vangelo ci ha narrato che il Signore Gesù si è manifestato ai pastori, cioè a gente del popolo, ai vicini, a quelli che abitavano sul luogo, oggi si manifesta ad altre genti, ai lontani, ai non appartenenti al popolo di Israele.
L’episodio che abbiamo ascoltato, sta appunto a rappresentare che tutti i popoli sono rappresentati dai Magi.
Questo ci insegna che il Signore Gesù è venuto per salvare tutte le genti, di tutto il mondo, di tutti i tempi.
È proprio quello a cui si riferisce la profezia di Isaia, come abbiamo ascoltato: “Tutti verranno da Saba, portando oro e incenso e proclamando le glorie del Signore”.
Anche Paolo lo ribadisce, definendolo un “mistero”: “Per rivelazione mi è stato fatto conoscere il mistero”.
Questo “mistero” non è altro che il disegno divino di salvezza che viene rivelato progressivamente.
Poi lo sottolinea meglio: “Le genti sono chiamate, in Cristo Gesù, a condividere la stessa eredità, a formare lo stesso corpo e ad essere partecipi della stessa promessa per mezzo del Vangelo”.
Come applicare tutto questo a noi?
Dobbiamo imparare dai Magi; dobbiamo farci condurre dalla luce della fede. Ascoltando la parola di Gesù, diretta a farci scoprire, a modo di stella che illumina, chi veramente egli sia per noi: “Ed ecco la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il Bambino”.
Concretamente non è verosimile che un astro si fermi su una casa; ma per l’evangelista sta a indicare che i magi hanno letto dei segni che li hanno spinti a cercare, non senza impegno e fatica, e hanno trovato.
Anche noi, ne siamo sicuri, se cerchiamo sinceramente il Signore, certamente lo incontreremo.
Anche se qualche volta sembra nascosto per cui viene da dire: “Dov’è il Signore? Mi ha forse abbandonato?”.
È successo anche ai Magi: ad un certo punto si smarriscono, non vedono più la stella.
Sono costretti a chiedere notizie, proprio ad Erode: “Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei?”.
Con una differenza: i Magi, nella loro sincerità, continuano a cercarlo e lo trovano; Erode, falso e schiavo del potere, pur conoscendo la Scrittura che parlava di lui, non lo cerca e, pertanto, non lo trova; anzi, combina il disastri che ben conosciamo.
Quanti disastri anche nella nostra vita!
Succede ogni volta in cui non ascoltiamo e non mettiamo in pratica quanto ci dice e ci chiede il Signore!
Notiamo il gesto che compiono i Magi: si prostrano davanti al Bambino.
È il gesto tipico di chi si presenta davanti a Dio, per cui essi riconoscono la divinità di quel bambino.
Invece noi, purtroppo, corriamo il rischio di non adorare né brevemente, né a lungo il Signore Gesù.
L’adorazione breve è quando, davanti al tabernacolo ed, ancor più, davanti all’Eucaristia esposta, genuflettiamo o facciamo un profondo inchino. Da evitare quella specie di “sgambetto”, che non dice nulla; e neppure quel segno che chiamiamo “di croce”, ma che è tutt’altro che un segno di croce.
Poi c’è l’adorazione prolungata. È quando ci fermiamo alquanto davanti all’Eucaristia per leggere la Parola, per riflettere, per esaminarci, per pregare, stando anche in silenzio, per affidare la nostra vita al Signore Gesù e chiedere la sua benedizione.
Come è importante questa adorazione!
Sac. Cesare Ferri rettore Santuario San Giuseppe in Spicello