8 Gigli del campoTesti liturgici: Is 49,14-15; Sl 61; I Cor 4,1-5; Mt 6,24-34
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“Il Signore mi ha abbandonato, il Signore mi ha dimenticato”, così pensavano gli Israeliti, a causa delle difficoltà e prove che stavano subendo. Sono le parole ascoltate all’inizio della prima lettura.
Che forse non l’abbiamo detto anche noi, qualche volta? O per lo meno, se non in prima persona, lo pensiamo e lo diciamo quando capitano certi fatti, certe sciagure e certe sofferenze, tanto più se subite da innocenti.
Come risponde Dio?
Il Signore risponde con la metafora della madre. Qual è quella madre che si dimentica del proprio figlio?
Ebbene, il Signore ripete anche a noi la stessa consolante parola, proprio perché siamo sue creature e suoi figli.
Comunque, ammesso pure che questo possa accadere ad una madre, il Signore ci garantisce che a lui non capiterà mai.
Infatti, tutti noi siamo quanto mai preziosi agli suoi occhi. Egli sempre si prende cura di noi, così tanto che nemmeno la nostra madre naturale può fare, o avrebbe potuto fare.
A questo punto, allora, si tratta di convertirsi e cambiare la nostra ottica su Dio. Si tratta di vivere in un atteggiamento di maggiore fiducia, tale che ci permetta di godere appieno di questa consolante verità.
La conseguenza di quanto sinora abbiamo detto, ci porta a ben comprendere le parole evangeliche, pure oggi ascoltate: “Non preoccupatevi per la vostra vita, di quello che mangerete o di quello che berrete, né per il vostro corpo, di quello che indosserete”.
È l’invito a porre piena fiducia nel Signore, guardando gli uccelli del cielo i quali: “Non seminano e non mietono, eppure il Padre celeste li nutre”.
Ed ecco il motivo della fiducia: “Non valete forse più di loro?”.
Perché non siamo mai contenti? Perché non ci basta mai quel che abbiamo? Perché dobbiamo essere invidiosi degli altri? Perché dobbiamo affannarci tanto? Perché non abbiamo mai il tempo sufficiente per dedicarci alle cose di questo mondo, e tanto meno per le cose di Dio?
La risposta c’è, e ce la da il Signore stesso.
Per similitudine, è come se volessimo capire perché una certa casa è crollata. Semplice, perché le mancavano le fondamenta!.
E noi, perché abbiamo tanti problemi nella vita?
Ecco la risposta: “Il Padre vostro celeste sa che ne avete bisogno. Cercate innanzitutto il regno di Dio e la sua giustizia, tutte queste cose vi saranno date in aggiunta”.
Allora tutto dipende dal fatto se cerchiamo o meno di ascoltare e fare la volontà del Signore; e quindi di trovare il tempo anche per lui.
Se mettiamo in pratica questo, comprenderemo meglio anche l’altra espressione: “Tutte queste cose vi saranno date in aggiunta”. Significa che, anche non pensandoci e non volendolo, il Signore ce le tira addosso.
Se Dio provvede per gli uccelli dell’aria e per i gigli del campo, cose che a confronto dell’uomo hanno un valore molto relativo, a maggior ragione provvederà ai bisogni di quelli che Gesù apostrofa come: “Uomini di poca fede”.
È proprio questo il tipo di fede che ci manca! Contiamo troppo su noi stessi, sulle nostre capacità, sul nostro darci da fare!
Attenzione, però! Questo non significa che dobbiamo stare con le braccia conserte, da poter dire: “Tanto ci pensa il Signore!”.
Lui ci pensa se anche noi facciamo la nostra parte.
Però il tutto, senza affannarci, senza perdere la fiducia in lui, anche se quanto desideriamo tarda a venire; ma sempre trovando il tempo di santificare la domenica e di pregare tutti i giorni.
Del resto, anche gli uccelli non stanno fermi sul nido, ma vanno in cerca del cibo necessario.
La conclusione, allora?
Quella che ci ha detto il Signore: “Non preoccupatevi del domani, perché il domani si preoccuperà di se stesso. A ciascun giorno basta la sua pena”.
                  Sac. Cesare Ferri rettore Santuario San Giuseppe in Spicello