Testi liturgici: Is 25,6-10; Sl 23; Fil 4,12-14.19-20; Mt 22,1-14Per il documento: clicca qui
“Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio”.
Lo abbiamo appena ascoltato nella parabola con i suoi particolari.
Chi è questo re? Cosa vuol insegnarci?
Il re è Dio stesso, che ci invita a partecipare alle nozze del suo Figlio Gesù, perché attraverso di lui noi possiamo partecipare all’intima comunione di amore con il Signore.
Come è fatto e a chi è rivolto tale invito?
È rivolto a tutti ed è composto da tre caratteristiche: la gratuità, la larghezza, l’universalità.
Questo avviene perché Dio è buono verso tutti, senza distinzione di sorta, e offre gratuitamente la sua amicizia, la sua gioia, la sua salvezza.
Il brutto sta in quello che potrebbe succedere da parte nostra!
Potremmo non accorgerci affatto del dono, oppure non saperlo accogliere con gioia.
Infatti, spesso mettiamo al primo posto le nostre preoccupazioni materiali, i nostri interessi quotidiani e, quando ci rendiamo conto che Dio chiama, in un certo senso ci dà fastidio. Ma scendiamo ad un fatto concreto.
Qual’ è il segno più evidente che ci svela se sappiamo accogliere l’invito?
Lo si vede soprattutto nel giorno di domenica.
Quanti cristiani si comportano da maleducati nel rifiutare l’invito di Dio!
Non accettano perché indaffarati e impigliati nelle fatiche quotidiane, oppure negli hobby, per cui dicono di non avere tempo o, ancor peggio, perché tale tempo sarebbe tempo perduto in qualcosa che, secondo loro, non serve a nulla.
Non riescono a capire che a perderci sono proprio loro, perché non si tratta, come alcuni pensano, di fare un piacere a Dio o, peggio ancora, di farsi vedere dal parroco e così, davanti a lui, mantenere una buona immagine di sé.
Pur tuttavia, proseguendo nella parabola, il Signore non si scoraggia, allarga a tutti il suo invito.
Come è vero! Se il Vangelo è respinto da alcuni, da quelli che dovrebbero essere i primi ad accoglierlo, esso raggiunge altri dai quali non ci si sarebbe aspettato la istantanea accoglienza.
Mi vien da pensare al vangelo di domenica scorsa, all’espressione di Gesù che diceva: “I pubblicani e le prostitute vi passeranno avanti”.
Se è vero che nessuno è escluso dal banchetto, tuttavia c’è una condizione da rispettare: indossare l’abito nuziale, cioè essere coerenti nella scelta fatta e nel testimoniare poi, nella vita di ogni giorno, l’amore vero verso Dio e verso il prossimo.
Non edificante, infatti, sentir dire che alcuni vanno in chiesa, ma poi sono peggio degli altri.
Non è sempre vero, spesso è una scusante per giustificare il proprio comportamento, però, qualche volta è anche vero: manca l’abito nuziale!
Anche la prima lettura ha parlato di un banchetto.
Il Signore, per bocca di Isaia, voleva far capire al suo popolo quanto avrebbe desiderato il suo bene e quante benedizioni avrebbe voluto riversare su di esso, utilizzando appunto l’immagine del banchetto!
Questo perché, per il popolo ebraico il pranzo solenne, - quello descritto come: “Un banchetto di grasse vivande, di vini eccellenti, di cibi succulenti, di vini raffinati” - era molto di più che il semplice consumare il pasto.
Significava incontrarsi per fare festa insieme e per condividere la gioia della vicinanza del Signore.
Questo pensiero di far festa con il Signore è rivolto anche a noi.
Infatti, la vita cristiana o è una esperienza gioiosa, oppure diventa qualcosa di opprimente che pesa non poco.
Quanti sono i cristiani che la domenica vivono questa esperienza?
Non credendo e non vivendo bene tale giorno, ammesso pure che nella loro vita abbiano delle soddisfazioni, con tutto ciò non riusciranno mai ad esperimentare e gustare la vera gioia.
Sac. Cesare Ferri rettore Santuario San Giuseppe in Spicello