3 Domenica C Gesù in sinagogaTesti liturgici: Ne 8,2-4.5-6.0.10; Sl 18; I Cor 12,12-30; Lc 1,1-4; 4,14-21
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Siamo soddisfatti di come vanno le cose nella nostra vita e nella società? Cosa fare per superare, nel migliore dei modi, le prove che incontriamo?
Per ogni persona e in ogni epoca la storia si ripete. Le difficoltà non mancano mai. Il brano, oggi ascoltato dal libro di Neemia, ci dà la risposta di come affrontarle.
Cosa era capitato a quella gente di cui parla Neemia?
Erano tornati, dopo l’esilio, nella propria patria; ma c’era tutto da ricostruire, tutto da risistemare, tutto da riorganizzare per ricomporre la comunità; la tristezza, la sfiducia e lo scoraggiamento predominavano su tutti.
Hanno celebrato, sotto la presidenza del sacerdote Esdra, quello che noi stiamo facendo in questa parte della Messa. Ed è anche quello che Gesù ha fatto, in quel sabato, nella Sinagoga, dove ha letto e commentato la Parola di Dio.
Nell’episodio ascoltato ci è presentato il mezzo e il metodo.
È quello che dobbiamo fare anche a noi, che partecipiamo ogni domenica, per riprendere fiducia e speranza, forza e coraggio e così poter meglio affrontare la nuova settimana con i suoi problemi. Si tratta di fare in modo che si realizzi, anche in noi, l’augurio che è alla conclusione della lettura: “Non vi rattristate perché la gioia del Signore è la vostra forza”.
È un modello di celebrazione della Parola di Dio. Estraiamo alcune espressioni per applicarle a noi e veder se stiamo realizzando il modello nel dovuto modo.
“Lesse il libro dallo spuntare della luce sino a mezzogiorno”. A questa proclamazione è poi seguita la spiegazione: “Leggevano il libro e… spiegavano il senso, e così facevano comprendere la lettura”. Noi non facciamo mezza giornata. Tra liturgia della parola e liturgia eucaristica, il tempo, mediamente, è da tre quarti ad un’ora; eppure qualcuno, a volte, dice al celebrante: “Basta che sia corto, oggi!” oppure altri, uscendo di chiesa: “Che funzione lunga è stata, oggi!”.
“Il popolo tendeva l’orecchio al libro della legge”. Il foglietto che abbiamo in mano, è molto utile, serve per leggerlo prima della Messa, serve per portarlo a casa e rifletterci ancora; però, mentre si ascolta, l’occhio e l’orecchio dovrebbero essere rivolti al libro e alla parola e non al foglietto. La Parola, in quanto “proclamata”, va attentamente ascoltata.
Lo stesso fatto, la stessa scena e lo stesso atteggiamento si ripetono con Gesù. Abbiamo ascoltato: “Nella sinagoga gli occhi di tutti erano fissi su di lui”. Sì, perché nella liturgia, la Parola non si legge per conto proprio, ma, essendo proclamata, va attentamente ascoltata.
Altra espressione: “Tutto il popolo rispose: Amen, amen”. Come è importante questo “Amen”!
È una parola molto “conosciuta”, ma anche assai “sconosciuta” nel suo profondo significato. Siamo abituati a pronunciarla spesso, ma il più delle volte in maniera automatica, rischiando di perdere tutta la ricchezza del suo significato. Nella messa ce ne sono dodici degli “Amen”. Sei durante la liturgia della Parola, sei durante quella Eucaristica. Racchiudono tante sfumature di significato. Comunque, sempre sono una adesione a quanto si sta vivendo; e, insieme ad una risposta, sono anche una proclamazione di fede.
L’ “Amen” vuol dire: ci credo; sono certo che è così; è giusto che sia così; mi auguro che sia così; sono d’accordo su ciò che è stato detto e pregato; ti lodo e mi appoggio a te, Signore. Pertanto non sono solo la conclusione di una preghiera, ma – come detto sopra - sono una proclamazione di fede.
Spesso sono pronunciati a voce sommessa, mentre, invece, dovrebbero essere “gridati” in canto.
Tale “Amen” oggi è stato da noi parafrasato nel ritornello del Salmo: “Le tue parole, Signore, sono spirito e vita”.
Sac. Cesare Ferri, Rettore Santuario San Giuseppe in Spicello