Seconda Pasqua C TommasoTesti liturgici: At 5,12.16; Sl 117; Ap 1,9-13.17-19; Gv 20,19-31

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Siamo nella seconda domenica di Pasqua.

Essa chiude gli otto giorni come se fosse stato un giorno solo. Nelle celebrazioni eucaristiche di essi abbiamo ascoltato la narrazione evangelica delle diverse apparizioni del Risorto, come del resto anche oggi.

A suo tempo questa domenica si chiamava “In Albis”, in quanto veniva deposta la veste bianca di coloro che avevano ricevuto il battesimo durante la veglia pasquale.

Per iniziativa di Giovanni Paolo II, è divenuta e chiamata la domenica della “Divina Misericordia”.

Le letture di oggi, infatti, ruotano intorno al tema della misericordia che ha il culmine nel vangelo: “A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro che non perdonerete, non saranno perdonati”.

Attenzione a capire bene!

Non significa che il perdono è legato all’arbitrio o alla disponibilità dei sacerdoti ministri del perdono, ma piuttosto a quella del penitente. È legata al suo pentimento. Se questo non c’è il perdono di Dio non riesce a raggiungerci. Se invece c’è, il perdono arriva certamente.

Piuttosto noi, suoi ministri, potremmo essere colpevoli quando non curiamo sufficientemente questo ministero di riconciliazione!

Nel vangelo sono state narrate due delle apparizioni del Risorto.

Ci domandiamo il motivo per cui Tommaso, assente nella prima, non crede alla testimonianza degli altri.

Perché anche noi qualche volta, e su qualche aspetto della vita, non crediamo? Attenzione! Non dico a livello di intelletto, ma in maniera concreta ed esperienziale, comportandoci come se non credessimo.

Una risposta c’è, ed è che alla fede nella risurrezione ci si arriva meglio insieme. È vero che Gesù è apparso anche singolarmente alla Maddalena, ai due discepoli di Emmaus. Ma preferisce apparire alla comunità riunita, come nel vangelo di oggi.

Di qui si capisce come è importante l’assemblea domenicale in cui celebriamo il mistero pasquale, cioè la sua morte e risurrezione! Siamo qui per questo.

In altre parole, chi trascura la domenica perde l’occasione per una ricarica di fede che, nei giorni lungo la settimana – la domenica è detta il primo giorno della settimana - farà esperimentare la presenza del Risorto vivo e operante in mezzo a noi, come ci dirà nel momento in cui salirà in cielo: “Io sono con voi, tutti i giorni, sino alla fine dei tempi”.

A Tommaso dice: “Perché mi hai veduto tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e anno creduto”, Noi siamo tra questi. Siamo quelli che non lo hanno veduto, come sarebbe stato Tommaso per la sua assenza. Proprio per questo il Signore ci chiama beati.

In cosa consiste allora la nostra fede?

Il nostro credere è un nuovo modo di vedere.

Sta nel riconoscere il Risorto che, pur non visibile agli occhi, è presente attraverso parole e segni, cose che egli opera continuamente.

Questo credere ci fa esperimentare quella pace che ha inaugurato e donato: “Venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: Pace a voi”.

Credere, allora, significa guardare a lui che è stato crocifisso, trafitto e sepolto ma che, vincendo la morte, è risorto e come tale è sempre presente in mezzo a noi, anche se qualche volta non sembrerebbe.

Di conseguenza mai rattristarsi e piangere sulle nostre eventuali e apparenti sconfitte. Se lui ha vinto, con lui vinceremo anche noi.

Grazie, Signore Gesù, che sei con noi e ci sostieni sempre!

                         Sac. Cesare Ferri, Rettore Santuario San Giuseppe in Spicello