Testi liturgici: Es 34,4-6.8-9; II Cor 13,11-13; Gv 3,16-18
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Le parole evangeliche appena ascoltate riportano una parte della risposta che Gesù dà a Nicodemo. Egli era andato a trovarlo di notte – forse per non farsi vedere dagli altri – perché aveva bisogno di porgergli alcune domande.
Anche Nicodemo, come tutti i giudei, aspettava il Messia Gesù, ritenendolo come colui che avrebbe finalmente liberato il popolo dal potere politico e dittatoriale di Roma.
Ma la venuta di Gesù non era propriamente per tale motivo. È vero che lui è venuto a liberarci da una schiavitù, ma non direttamente da quella umana, bensì da quella del peccato. Per l’occasione avrebbe presentato in maniera più retta l’immagine che essi avevano di Dio, una immagine piuttosto distorta.
Infatti, è venuto a rivelarci che Dio non è un giustizialista, cioè uno che sta con gli occhi in guardia e con il dito puntato per scoprire chi sbaglia e così punirlo di conseguenza. Dio è tutto il contrario, è un Dio pieno di amore, un amore che vuol salvare tutti, nessuno escluso.
Per realizzare questo – oggi è la domenica della Santissima Trinità – è evidente come tutte e tre le divine persone sono impegnate ad intervenire in tale senso.
È quello proprio quello che vuol far capire Paolo nel suo saluto finale, citando le tre persone: “La grazia del Signore Gesù Cristo, l’amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo”.
Ebbene, tutte tre le letture lo esprimono in qualche maniera.
La prima ci ha detto che abbiamo un Dio che è Padre. Esso rivela la sua misericordia: “Il Signore, il Signore, Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e pieno di amore e di fedeltà”.
Il vangelo ci ha detto che abbiamo un Dio che è Figlio. Egli rivela in maniera concreta la misericordia del Padre, dimostrandolo con la sua incarnazione: “Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio, perché chi crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna”, ed indicandoci il motivo: “Non per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui”.
La seconda ci ha detto che oggi nella Chiesa opera Dio che è Spirito Santo. Egli continua ad effondere l’amore e la misericordia del Padre facendoci notare che senza di lui nulla è possibile: “Nessuno può dire ‘Gesù è Signore! ’, se non sotto l’azione dello Spirito Santo”.
A questo punto, però, bisogna fare molta attenzione a comprendere bene cosa siano l’amore e la misericordia. Non significano che Dio chiude un occhio su quello che è male. Se l’uomo si ostina a rimanere fuori strada, a commettere peccati senza pentirsi e convertirsi, perché pensa al Dio misericordioso, non è affatto perdonato, non è giustificato, non è salvato.
Infatti, se è vero che Dio è misericordioso, è altrettanto vero che è giusto. Misericordia e giustizia sono come le due rotaie su cui corre il treno, sono inseparabili.
Se la misericordia di Dio equivale al suo amore per noi, tale è anche la giustizia, perché anch’essa è un gesto di amore.
Per tale motivo non disdegna, a modo di correzione, di utilizzare quello che noi chiamiamo “castigo”, proprio per farci render conto che siamo fuori strada, richiamandoci così a metterci in linea con lui e con il suo progetto di amore per noi.
Nella lista dei castighi mettiamoci tutto quello che vogliamo e, per rimanere nell’oggi, mettiamoci pure il coronavirus. Non dobbiamo dimenticare che tutto quanto ci capita, anche se non sempre direttamente voluto da lui perché spesso è solo colpa nostra, pur tuttavia tutto avviene con la sua permissione proprio perché ci serva come suo richiamo.
Cosa infine dire per concludere?
Se oggi festeggiando la Santissima Trinità, non è tanto per capire il mistero di Dio, quanto quello di imparare a saperlo accogliere come colui che veramente ci ama.
È per questo che spesso, e sempre nella conclusione dei salmi, eleviamo la lode: “Gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo”.
Sac. Cesare Ferri rettore Santuario San Giuseppe in Spicello