Omelia delle domeniche e feste Anno A
"Vieni al Padre, fonte di Misericordia"
12 febbraio 2025 * S. Modesto martire
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25 Lavoratori vigna
Testi liturgici: Is
55, 6-9; Fil 1,20-24; Mt 20, 1-16
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“Cercate il Signore, mentre si fa trovare, invocatelo, mentre è vicino”,
così iniziava la prima lettura. Cercarlo non è sempre facile, attese le tante difficoltà e tentazioni che si potrebbero incontrare.
Anche Isaia, nel brano ascoltato, riconosce l’ingiustizia e la cattiveria nella quale spesso siamo immersi. Tuttavia queste cose negative, per quanto gravi siano, non possono impedirci di cercare il Signore, il quale mai si nega a coloro che lo cercano con cuore sincero.
Da parte nostra occorre soltanto la decisione di voler ritornare veramente a lui. Che bella questa parola “ritornare”!

Infatti, siamo partiti da lui come creature viventi (la vita viene da lui), ed anche come battezzati (siamo diventati suoi figli), dovremmo rimanere uniti a lui per sempre. Se per ipotesi ci fossimo allontanati, con ciò dobbiamo non tanto andare da lui, ma dobbiamo ritornare a lui.

Per analogia, se vado in un posto dove mai ero andato ovviamente dico “vado”, ma se mi allontano dal posto in cui già ero andato, dico “ritorno”.

Comunque sia, il nostro cammino di cristiani, per il fatto che in qualche maniera spesso ci allontaniamo da lui con il peccato, deve essere un cammino di continuo ritorno, di continua conversione. La conversione non è altro che tornare al Signore, il quale, come lui stesso asserisce, largamente perdona il peccato e l’allontanamento.

Le stessa cosa vuol dirci, anche se in diversa maniera, la parabola evangelica la quale ci insegna a tornare al Signore nel senso di essere in sintonia con lui, di pensare e agire come lui.

A prima vista non è facile comprendere perché il suo pensiero è lontano dalla nostra sensibilità, come in altro contesto dice: “I miei pensieri non sono i vostri pensieri, le mie vie non sono le vostre vie”.

Noi, infatti, siamo abituati alle conquiste sindacali, alle percentuali di crescita o meno del Pil, ai tassi di interesse delle banche, alla rendita effettiva di una persona, e così via.

Pertanto si tratta di comprendere bene, nel suo vero significato, la profondità del suo messaggio.

È chiaro che il comportamento del padrone e del suo fattore non è improntato a giustizia secondo le leggi del mercato e di come la pensiamo noi.

Allora cosa vuol dirci Gesù, con tutto questo?

Il suo obiettivo non è fondare una nuova scuola economica, ma è quello di far comprendere quale sia il comportamento che Dio esercita nella sua vigna, che è la Chiesa, che siamo noi. Vuol farci comprendere che la sua logica è del tutto diversa dalla nostra.

Cosa vi è da imparare dal comportamento del padrone?

La prima cosa da notare è che esce continuamente per trovare operai. Li chiama, li invita a lavorare, promette loro il compenso. Chiama anche coloro che nessun altro ha preso a giornata, perché non ritenuti idonei al lavoro.

Per lui, invece, sono tutti uguali, tanto che anche nella paga sono trattati alla stessa maniera, perché Dio si comporta così.

Nel dare la ricompensa, il Signore non calcola il tempo impiegato e neppure il rendimento della persona, perché non ragione su un livello economico ma secondo la logica dell’amore.

In altre parole, lui è pieno di amore e di bontà nei nostri confronti, cosa che esprime anche con le parole: “Tu sei invidioso perché io sono buono?”.

Anche noi siamo chiamati ad essere pieni di amore sia verso il Signore stesso, sia verso le persone che incontriamo, sia in tutto quello che facciamo.

Il Signore guarda solo il momento che stiamo vivendo. Se esso è vissuto nella fede e nell’amore, merita la vita eterna del paradiso.

Come esempio, basti pensare ad uno dei ladroni crocifissi con Gesù.

Vede aperto il paradiso per un atto di fede compiuto proprio nell’ultimo momento della vita.

Sac. Cesare Ferri rettore Santuario San Giuseppe in Spicello

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"... io piego le ginocchia
davanti al Padre,

dal quale ogni paternità
nei cieli e sulla terra." (Ef. 3,14-15)

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