Omelia delle domeniche e feste Anno A
"Vieni al Padre, fonte di Misericordia"
15 dicembre 2025 * S. Ireneo martire
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2 Ecco lo AgnelloTesti liturgici: Is 49, 3.5-6; Sl 39; I Cor 1,1-3; Gv 1,29-34
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È iniziato nella liturgia il così detto “tempo ordinario”; siamo alla seconda domenica di questo tempo.
Dicendo “ordinario” non significa voler creare un seconda categoria di domeniche, ma il termine sta a significa quello che è lo scorrere delle domeniche all’infuori dei tempi di Avvento/Natale e di Quaresima/Pasqua.
Il colore dei paramenti di questo tempo ordinario è il “verde”.
Le letture di oggi ci collegano a quelle di domenica scorsa, quelle ascoltate in occasione del Battesimo di Gesù.
Siamo all’inizio del suo ministero pubblico.
Gesù è venuto per essere il “Servo del Signore”, cioè di colui che compie pienamente la volontà del Padre e che viene per essere la luce del mondo e il salvatore di tutti.
È quanto ci ha detto Isaia: “È troppo poco che tu sia mio servo per restaurare le tribù di Giacobbe. Io ti renderò luce delle nazioni, perché porti la mia salvezza sino all’estremità della terra”.
Ed in altro contesto, sempre lo stesso Isaia, parlando di lui, dice: “E’ come agnello condotto al macello, è come pecora muta di fronte a suoi tosatori”.
Anche Giovanni Battista sottolinea la stessa attributo: “Ecco l’Agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo!”.
Che significa “Agnello di Dio”?
La gente che ascoltava Giovanni lo ha capito bene.
Infatti, nelle liturgie che si svolgevano nel tempio di Gerusalemme, gli agnelli erano di grande importanza. Venivano uccisi, sacrificati e offerti sull’altare per essere perdonati dai peccati.
Ebbene, sottolinea Giovanni, Gesù sarà il “vero” agnello, sacrificato sull’altare della croce, per la remissione dei nostri peccati, ma con una differenza.
Infatti, gli agnelli del gregge non avevano analogo valore, per cui bisognava ripetere continuamente il gesto.
L’offerta dell’Agnello Gesù, invece, è bastata una volta per sempre.
Nella Messa più volte facciamo riferimento a tale Agnello: durante il Gloria, al momento dello spezzamento del pane, quando ce lo presenta per essere nostro cibo: “Ecco l’Agnello di Dio, ecco colui che toglie i peccati del mondo”.
Nella Messa, infatti, il suo sacrificio sulla croce è reso presente perché sia accolto efficacemente da noi, che viviamo nel tempo.
Tra le due espressioni citate, c’è una differenza. Giovanni Battista usa il singolare: “il peccato del mondo”; nella liturgia usiamo il plurale: “i peccati del mondo”.
Dove sta la differenza?
Il Battista non intende riferirsi ai peccati personali, che tutti noi commettiamo – certamente da non escludere - ma del “peccato del mondo”.
In altre parole vuol dirci che tutti siamo in una condizione di peccato, che tutti siamo invischiati dal peccato; la tentazione a commettere il peccato è continua, per tutti.
Per meglio capire, porto una similitudine.
Se uno fosse tutto infangato, perché deve vivere e lavorare in mezzo al fango, pur lavandosi, sarà costretto ad infangarsi nuovamente.
Se però qualcuno intervenisse su quella terra fangosa, asportandola o asciugandola, allora il lavarsi della persona ha tutta un’altra dimensione, ha una minore necessità.
Trasferiamo alla nostra situazione.
Gesù prende su di sé il peccato del mondo, per eliminarlo.
Si immedesima in esso, carica su di sé il peso del peccato con tutte le sue conseguenze.
Come abbiamo detto domenica scorsa, egli mettendosi in fila con i peccatori per farsi battezzare, carica sulle proprie spalle ogni peccato della situazione umana, affogandoli nell’acqua e riemergendo senza alcun peccato.
Pertanto ora, se vogliamo togliere anche i peccati personali, è possibile, grazie a quanto operato da Gesù.
Da parte nostra è sufficiente pentirci, confessarci e riprendere il cammino con nuova energia.
Sac. Cesare Ferri rettore Santuario San Giuseppe in Spicello

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"... io piego le ginocchia
davanti al Padre,

dal quale ogni paternità
nei cieli e sulla terra." (Ef. 3,14-15)

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