Anno C Domenica PalmeTesti liturgici:Is 50,4-7;Sl 21;Fil 2,6-11; Lc 22,14-23,56
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In luogo dell’omelia, che avviene dopo l’ascolto delle letture, presentiamo le seguenti riflessioni che ci servono da introduzione alle letture medesime.
Esse raggiungono il culmine nella narrazione della passione, quest’anno secondo Luca. Sono molto eloquenti per se stesse ed invitano ad una profonda riflessione, senza ulteriori commenti.
Gesù mette in pratica l’espressione che ascolteremo dal profeta Isaia: “Rendo la mia faccia dura come pietra”.
Gesù conosce bene quello che stanno tramando contro di lui, ma mantiene la “faccia dura”, cioè porta a compimento la missione, costi quel che costi. Lo fa per amore nostro.
Questo amore è evidenziato nella seconda lettura dove ascolteremo che egli, pur essendo Dio, svuotò se stesso assumendo la nostra condizione umana, con tutte le conseguenze annesse.
Consapevoli di questo grande amore non può che sorgere spontanea la nostra gratitudine.
Il successivo racconto della Passione non richiede particolari emozioni.
Deve ancora farci riflettere come Dio ha tanto amato il mondo da mandare suo Figlio.
Questo amore è ancor più evidente di fronte alla cattiveria umana che si snoda lungo il racconto. Essa è fatta di calunnie e ingiustizie, di insulti e tradimenti, di rinnegamenti e abusi di potere, di ironie e beffe, di amore alla poltrona, del lavarsi le mani per debolezza e incapacità di esercitare il potere come servizio.
Questa cattiveria non solo è contro Gesù, ma, in qualche forma e maniera, è anche contro i suoi discepoli, tra cui ci siamo anche noi.
Con questi sentimenti ci mettiamo in riflessivo ascolto.
Sac. Cesare Ferri, rettore Santuario San Giuseppe in Spicello

Per il Giovedì Santo
Abbiamo ascoltato dalla prima lettura: “Questo mese sarà per voi l’inizio dei mesi, sarà per voi il primo mese dell’anno”.

Segue il racconto del rito dell’agnello e dell’aspersione con il sangue dell’agnello stesso.
Poi conclude: “Questo giorno sarà per voi un memoriale; lo celebrerete come festa del Signore: di generazione in generazione lo celebrerete con rito perenne”.
Quello che colpisce, in questa lettura, è proprio la volontà di fare di tale rito, denominato pasqua, un evento perenne, da trasmettere di padre in figlio.
È la pasqua ebraica. Il motivo di tale richiesta di Dio è che questa pasqua rappresenta per la storia del popolo di Israele una svolta epocale: il rito ricorda che il popolo non è più schiavo, ma libero e con una nuova dignità.
È un fatto storico che anticipa, prepara e che, successivamente, è sostituito da un altro evento storico, da un’altra pasqua: quella cristiana.
Questa nuova pasqua ha un significato analogo, ma, nel contempo, molto più alto: ci ricorda che prima eravamo schiavi del peccato, ma grazie al sangue di Cristo, il vero agnello, siamo stati liberati e abbiamo ricevuto una nuova dignità.
Pertanto oggi, celebrando l’anniversario della istituzione di questa pasqua, è un giorno da vivere con particolare gratitudine. L’Eucaristia, infatti, è il segno eterno di un amore che libera e salva ancora, sino alla fine dei tempi.
Inoltre, non dobbiamo dimenticare un’altra cosa importante. Nell’Eucaristia vi è un forte riferimento alla dimensione escatologica della vita cristiana. Sono le parole di Paolo: “Ogni volta che mangiate questo pane e bevete al calice, voi annunciate la morte del Signore, finché egli venga”.
Ed è anche l’acclamazione dopo la consacrazione: “Ogni volta che mangiamo di questo pane e beviamo a questo calice annunziamo la tua morte, Signore, nell’attesa della tua venuta”.
Cosa implica questo?
Ci aiuta a vivere bene, ogni giorno. Celebrando l’Eucaristia, siamo aiutati a capire che, anche nella ferialità e nella quotidianità, il Signore è con noi e ci ricorda, inoltre, che un giorno verrà a dare compimento a tutte le nostre attese.
Il vangelo, poi, scende al concreto.
Ci dà la chiave del successo personale e della vera gioia. Ci dice che la realizzazione di tutte le aspirazioni umane si trova in un solo verbo: servire.
Questo significa che quando siamo disponibili a dare qualcosa di noi – tempo, ascolto, accoglienza, vicinanza, sostegno – senza attendere nulla in cambio, miracolosamente la vita si trasforma.
Come l’esistenza di Gesù, anche la nostra diviene una vita eucaristica, cioè un dono, una lode e un ringraziamento.
Sac. Cesare Ferri Rettore Santuario San Giuseppe in Spicello