5 Domenica C Pesca miracolosaTesti liturgici: Is 6,1-8; Sl 137; I Cor 15,1-11; Lc 5,1-11
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Noi tutti diciamo di essere persone credenti. Nulla da dire.
Ma se volessimo ridurre all’essenziale l’oggetto della nostra fede, da esprimere in poche parole, quale sarebbe questo oggetto? A che cosa o a chi dobbiamo credere?
La risposta c’è. Si tratta di un fatto molto semplice, ma nel contempo anche di non facile applicazione nella vita, se non a certe condizioni.
Si tratta di credere al Vangelo, cioè alla più bella notizia che si possa annunciare. Tale notizia sta proprio nel credere che Gesù è veramente risorto, con tutte le realtà ed i vantaggi che vi sono annessi, quali la sua presenza e vicinanza a noi, per confortarci e darci forza.
Nella seconda lettura, come abbiamo ascoltato, Paolo lo ha detto e lo ha proclamato solennemente: “Cristo morì per i nostri peccati, fu sepolto, è risorto il terzo giorno”.
Poi, per confermare la verità storica della risurrezione, Paolo racconta alcune delle apparizioni: “Apparve a Cefa e quindi ai dodici. In seguito apparve a più di cinquecento fratelli in una sola volta. Inoltre apparve a Giacomo. Ultimo fra tutti apparve anche a me”.
Ora, per scendere al pratico e quindi all’elemento da attuare nella nostra vita, non basta tenere per sé tale bella notizia, ma bisogna proclamarla, non solo a parole, ma soprattutto con la vita.
Questo non può avvenire se non facciamo una esperienza personale di lui. Si tratta di incontrarlo, vivendo nella convinzione che lui è in mezzo a noi e ci accompagna nel cammino terreno, come detto pocanzi, anche se per ognuno l’esperienza avviene in maniera diversa.
La consapevolezza di averlo fra noi ci dà serenità nella vita di ogni giorno, nonostante che tante situazioni potrebbero dirci il contrario.
Però, per incontrarlo dobbiamo percorrere la sua stessa strada.
Per riuscirci, dobbiamo valorizzare tutti i mezzi che ci aiutano in proposito, a cominciare dall’ascolto della sua Parola, dal partecipare all’Eucaristia, almeno domenicale e festiva, dalla riflessione e dal raccoglimento interiore, in una parola dalla preghiera.
A tal proposito una domanda: ci assomigliamo ai pescatori di cui ci ha parlato l’episodio evangelico?
In esso è quanto mai evidente l’ascolto e l’obbedienza alla Parola.
Simone ed i suoi compagni sono pescatori e sanno fare il loro mestiere.
Gesù sembra chiedere loro qualcosa di inutile: hanno già pescato tutta la notte senza risultati; che senso ha riprovare ancora?
Nonostante ciò, la risposta di Pietro è quanto mai carica di fede: “Sulla tua parola getterò la rete”.
È una obbedienza carica di fiducia verso Gesù. Ed anche Gesù contraccambia la propria fiducia in Pietro: “Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini”.
Pertanto, Pietro e agli altri non gettano solo la rete, ma gettano anche tutto quello che hanno, per seguire Gesù: “Tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono”.
Eppure, nonostante ciò, continueranno a rimanere pescatori, non di pesci, ma di uomini.
Se noi ascoltassimo e seguissimo veramente il Signore, ci accorgeremmo di non perdere nulla, e di rimanere quelli di prima, ma con un aiuto ed una grazia maggiore e con la collegata conseguenza di trascorrere la vita in maniera più felice e gioiosa.
Analogo esempio lo abbiamo nella chiamata del profeta Isaia.
Come Pietro, dopo la pesca miracolosa, dice: “Signore, allontanati da me, perché sono un peccatore”; così Isaia, di fronte alla santità di Dio, esclama: “Io sono perduto, perché un uomo dalle labbra impure io sono, e in mezzo ad un popolo dalle labbra impure io abito”.
Eppure anche lui, alla chiamata del Signore, risponde: “Eccomi, manda me!”. E diverrà un grande profeta.
Anche la nostra vita sarà grandemente valorizzata, se da parte nostra c’è sempre l’atteggiamento di chi dice: “Signore, sono nelle tue mani, sia fatta la tua volontà”.
Sac. Cesare Ferri rettore Santuario San Giuseppe in Spicello