Anno C Pasqua di RisurrezioneTesti liturgici: At 10,37-43; Sl 117; Col 3,1-4;Gv 20,1-9
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Abbiamo letto e ascoltato nella sequenza queste parole: “Morte e vita si sono affrontate in un prodigioso duello. Il Signore della vita era morto; ma ora, vivo, trionfa”.
In altre parole, nella lotta fra morte e vita, ha vinto la vita ed è stata sconfitta la morte.
Di quale morte e di quale vita si tratta?
Della morte a cui tutti andiamo incontro, ma che, in forza della Risurrezione di Gesù, non ha l’ultima parola, perché tutti risorgeremo in uno stato di vita nuova.
Per questo motivo, oggi, celebriamo la festa più grande dell’anno liturgico. La Pasqua è il giorno per eccellenza, come abbiamo cantato nel salmo responsoriale: “Questo è il giorno che ha fatto il Signore: rallegriamoci ed esultiamo”. La Pasqua è la festa della vita che più non muore!
Fermiamoci a riflettere sull’episodio evangelico.
Ci sono in scena tre personaggi: Maria di Magdala, gli apostoli Pietro e Giovanni.
Tutti e tre corrono; la prima dal sepolcro corre verso i discepoli per dire che hanno rubato il cadavere; gli altri da casa corrono verso il sepolcro per accettarsi dell’accaduto.
Maria di Magdala con il correre manifesta un pregio: quello di amare Gesù. Ma, nel contempo, rivela anche un difetto: quello per cui tale amore è troppo possessivo. La sua fiducia in Gesù è troppo umana, non poggia su una fede ben radicata.
Ciò premesso, è comprensibile come fosse molto legata a quel sepolcro, tanto da andarvi al mattino presto, quando ancora è buio.
Possiamo paragonare l’episodio a quello per cui anche noi andiamo al cimitero. Certamente è un gesto di affetto verso l’estinto.
Ma la tomba cosa ci dice? Solo il fatto che vi è sepolto un cadavere, sia pure facendo memoria di lui?
Oppure vi andiamo anche perché crediamo che ci sarà la risurrezione anche per quel cadavere, proprio come è avvenuto per Gesù?
Maria di Magdala non è giunta a questa convinzione, ecco perché pensa ad un furto del cadavere. Non ha creduto alle parole che Gesù aveva pronunciato a suo tempo: “Dopo tre giorni risorgerò”.
Analogo amore ed altrettanta sfasatura di fede troviamo nei due discepoli. Nel contempo, però, per essi è descritto anche un cammino di scoperta e di conversione.
Importante è da notare che i due non corrono con lo stesso passo, c’è chi arriva per primo; non valutano quello che vedono in modo identico; non arrivano alle stesse conclusioni.
Anch’essi, in un primo momento, sono convinti del trafugamento.
Poi, Giovanni riflette: il ladro lascia in disordine le cose; qui, invece, i teli e il sudario sono ben piegati. Il fatto lo conduce ad una conclusione, come abbiamo ascoltato: “Vide e credette. Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti”.
Alla stessa conclusione giungerà Pietro, come ci ha testimoniato ascoltando la prima lettura: “Noi siamo testimoni. Essi lo uccisero appendendolo ad una croce, ma Dio lo ha risuscitato il terzo giorno”.
Applichiamo a noi, per verificare se crediamo veramente alla risurrezione; non solo in maniera intellettuale e neppure perché lo proclamiamo nel credo, come faremo fra poco.
Si tratta, invece, di crederci tutti i giorni, conducendo un certo stile di vita.
Questo avviene quando siamo capaci di superare paure e prove, perché crediamo che il Risorto è in mezzo a noi, ci aiuta e ci sostiene.
La conseguenza di questa fede è che la vita scorre più serena.
Pertanto, pur vivendo con tutti i suoi problemi, non ci lasciamo condizionare o scoraggiare, proprio perché abbiamo lo sguardo ed il pensiero rivolti al cielo, come abbiamo ascoltato nella seconda lettura: “Se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove è Cristo seduto alla destra del Padre; rivolgete lo sguardo alle cose di lassù, non a quelle della terra”.
Sac. Cesare Ferri, rettore Santuario San Giuseppe in Spicello