Ringraziamo il Signore che anche questa sera ci ha donato la capacità di tagliare con tante cose che abbiamo da fare a casa e ci ha fatto riconoscere la priorità di stare davanti a Lui.
Lui che è il fondamento e il compimento di tutte le cose.
E come abbiamo detto in questi incontri, la liturgia non è tanto un’azione nostra quanto un’azione di Dio il fatto che noi siamo qua è una sua chiamata è un suo dono per cui questa sera e pur vero che siamo venuti all’adorazione ma è ancora più vero che Gesù Eucaristia ci ha chiamato qui e ci ha donato il tempo per stare qui e la capacità, il cuore la mente per stare qui.
Sia ringraziato il Signore sempre in eterno, amen!
Riassumo brevemente quello di cui abbiamo parlato in questi brevi incontri: nel primo incontro abbiamo sottolineato appunto l’ambiguità che ha il termine Liturgia; letteralmente significa azione del popolo mentre appunto è azione di Dio si usa questo termine liturgia a cominciare dalla traduzione dell’antico testamento detta dei 70 in cui si indicava l’azione cultuale del sommo sacerdote da allora si è utilizzato questo termine però è ben chiaro da sempre per la chiesa, sia nella tradizione che nel magistero, nel catechismo, che la priorità è sempre di Dio siamo noi che siamo coinvolti nel suo amore facciamo liturgia cioè azione nostra perché siamo coinvolti dalla sua azione potente εργο το θεου azione di Dio, εργο το Χριστου azione in modo particolare di Cristo che sempre durante la Santa messa si offre in maniera cruenta per la nostra salvezza.
Nel secondo incontro abbiamo parlato del Segno di croce di come sia importante perché è un primo gesto di fede da fare con coscienza non solo quando entriamo in chiesa ma anche durante la giornata cosa bella ed è buona cosa, magari, dare a chi ha dei figli piccoli ma anche al coniuge, perché no, dare una benedizione sulla fronte un segno di croce segnare il proprio coniuge è importante ricordare al matrimonio alla coppia e al coniuge che è proprietà della Trinità che appartiene a Dio Padre Figlio e Spirito Santo e così è importante entrare in chiesa avendo questo senso del sacro segnandoci anche con un profondo inchino meglio inginocchiandosi, se uno può, nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.
Romano Guardini teologo e insegnante italo tedesco di Joseph Ratzinger, ricordava proprio che il segno di croce è un segno che ci abbraccia ci avvolge ci fa capire che siamo proprio immersi nell’abbraccio della Trinità.
Nel terzo incontro abbiamo parlato del silenzio di come il silenzio sia molto importante soprattutto per noi nel nostro mondo in cui siamo dissipati da tanti rumori da tanti stimoli e il giornale e internet e la musica e il caos siamo incapaci di stare in silenzio ma Dio, ce lo dice la Sacra Scrittura, non parla nel rumore parla anzitutto nella brezza leggera dello Spirito e la brezza leggera tu la cogli se impari nella tua vita a fare silenzio e fare silenzio, come la preghiera, non è soltanto qualcosa che uno fa “buttandosi” ma è un dono ed è anche una ginnastica una disciplina imparare a dare degli spazi di silenzio intoccabili durante la giornata anche se non sappiamo cosa dire anche se sentiamo dentro tante emozioni, tante immagini, tanti fantasmi, persino pensieri ostili brutti direi a volte… “no! non importa quello che conta è che io ho dato quel momento a te Signore e quel momento è nostro è il momento in cui io sto in silenzio davanti a te e non mi interessa se il mio cuore dentro sta in tumulto se ci sono pensieri brutti, non mi interessa, mi interessa stare con te stare davanti a te”… allora questo pian piano che cosa fa? Ci educa al silenzio ci addomestica il cuore ci rende sempre più discepoli.
La volta scorsa…….di cosa abbiamo parlato la volta scorsa? Non mi ricordo in questo momento..Il bacio dell’altare - direbbe un prete volevo vedere se stavate attenti - .
La volta scorsa abbiamo parlato del bacio dell’altare, abbiamo parlato non soltanto del bacio in se ma di una cosa molto importante e cioè che nella liturgia non ci sono gesti che nascono dalla nostra fantasia personale ma già la fantasia della chiesa è ricchissima è piena di segni e di simboli che ci ricordano la nostra adesione affettiva ed effettiva, ritornerò spesso su questo affettiva ed effettiva, al Signore.
Affettiva perché, certo, ci può essere una gratificazione emotiva un qualcosa che emotivamente mi prende - ma non è detto - quello che conta non è tanto quello che io sento affettivamente ma che io il quel momento scelgo davanti al Signore con piena coscienza con piena libertà con tutto me stesso con tutta me stessa di stare davanti a Lui. La liturgia è fatta anche di momenti non solo affettivi ma effettivi anche questi ci educano quell’aspetto delicatissimo indebolito dal peccato originale, che è la nostra volontà, la quale ha bisogno spesso di essere educata addomesticata alla luce dello spirito.
Il bacio all’altare che fa il sacerdote ci ricorda che noi baciamo Cristo perché l’altare è Cristo e noi con il sacerdote baciamo Cristo gli diamo questo saluto… che non sia il bacio di Giuda.
Questa sera invece brevemente come sempre parleremo del Canto di ingresso. Viene chiamato così appunto perché ha una tradizione abbastanza antica il canto di ingresso e si fa risalire attorno più o meno al quarto secolo quando appunto si accompagnava la processione introitale cioè l’inizio di ingresso - nel nostro caso con il crocifero e ovviamente i lettori l’evangeliario colui che porta il vangelo e così via e poi ovviamente il sacerdote e i concelebranti.
La funzione di questo canto, del canto di ingresso non è una funzione per riempire un tempo ma è il preludio a quello che accade durante la liturgia, pertanto secondo proprio le norme che dicono il seguente testo dalle norme del messale: quando il popolo è riunito mentre il sacerdote fa il suo ingresso con i ministri si inizia il canto di ingresso, la funzione propria di questo canto è quella di dare inizio alla celebrazione favorire l’unione dei fedeli riuniti e introdurre –è importante- il loro spirito nel mistero del tempo liturgico o della festività e accompagnare la processione del sacerdote e dei ministri.
Quindi è importante che chi sceglie il canto di ingresso lo faccia con una coscienza duplice, anzitutto con una coscienza trinitaria quindi che sia un canto che richiama tutta la Trinità. E’ come un enorme segno di croce che fa nel canto l’assemblea e nel contempo che sia possibilmente attinente alla liturgia del giorno alla santa messa del giorno o al mistero della solennità che viene meditato quel giorno quindi è importante conoscere bene le letture, sapere qual è magari vedere la colletta e vedere anche l’antifona di ingresso che, in genere, ci da già il “là” di come dovrebbe essere il canto di ingresso e scegliere il canto appropriato. Quindi questi sono i criteri, criteri di unire l’assemblea con l’invocazione possibilmente trinitaria nel contempo l’invocazione il là, l’introduzione al mistero che viene celebrato durante la santa messa.
Dice chiaramente il detto popolare che chi ben comincia sta a metà dell’opera, ecco perché tra i canti che in genere durante la messa sono importanti per coinvolgere l’assemblea sono soprattutto, oltre che le parti dell’ordinario - lo vedremo - quindi le risposte l’acclamazione al vangelo il canto alla risposta del prefazio che è il santo, il gloria, il kyrie, l’agnello di Dio, ecc.. quello che è importante è il canto di ingresso.
Il canto di ingresso cantato solamente da un solista o da un coro non ha tanto senso perché quello è il momento in cui l’assemblea coralmente invoca la trinità e accompagna e si introduce nel mistero che viene celebrato, mentre può avere un senso che o un cantore o un coro eseguono un brano solista durante un momento meditativo, potrebbe essere la processione offertoriale, potrebbe essere la comunione, però non ha senso farlo durante il canto di ingresso perché è una violenza alla natura stessa di questo canto che va scelto per questo motivo.
All’inizio, questo forse è importante da aggiungere, il canto di ingresso non era un testo generico cantato quanto erano dei salmi cantati. Cioè nei primi anni della cristianità subito dopo l’editto di Costantino – in forma più sistematica - il canto di ingresso utilizzava i salmi per cantare il mistero che veniva celebrato e accompagnare il sacerdote, da qui la nascita – ma poi lo vedremo - della priorità del canto gregoriano su cui siamo diseducati.
Qual è la valenza del canto gregoriano che va comunque recuperata? Anche nei canti in lingua volgare in lingua italiana? E’ che il canto gregoriano è legato strettissimamente al testo biblico e al testo della liturgia, cioè non sono canti esistenziali, tipo “Symbolum 80”: “io lo so Signore che vengo da lontano” questo non va bene per niente innanzitutto durante la liturgia un canto esistenziale andrebbe fatto durante un momento vocazionale, con un campo scuola con i ragazzi, certamente però non è un canto propriamente liturgico perché non canta la parola di Dio e sicuramente comunque nel nostro caso di oggi non va bene come canto di ingresso però per esempio il classico “Noi canteremo gloria a te” va benissimo è un canto trinitario diciamo è un evergreen va bene comunque e in tante situazioni.
L’ultima cosa che mi sento di dire sul canto di ingresso è che la processione di ingresso ha dopo un momento molto particolare che viene fatto nelle solennità che è l’incensazione dell’altare e del crocefisso o se c’è una particolare ricorrenza sia per il Santuario stesso o per la solennità che viene celebrata l’incensazione di una icona e/o di una immagine, in quel momento l’incensazione non può essere fatta dal canto di ingresso perchè ha una funzione diversa, l’incensazione ricorda il momento in cui noi riconosciamo la presenza e la divinità di Dio un’adorazione non è una processione ma è una adorazione è un ritmo diverso, come fare in quel caso? si può fare in due modi o si accompagna ancora con la melodia strumentale che può fare l’organista proseguendo il canto di ingresso ma con una melodia lieve il momento dell’incensazione che richiama il canto precedente e richiama il momento dell’adorazione oppure si fa un altro canto il quale canto però ovviamente deve avere un ritmo totalmente diverso rispetto al canto processionale di ingresso quindi un canto adatto all’adorazione.
Anche questo per esempio potrebbe essere un momento dedicato alla corale che anima il coro. Riassumendo il canto di ingresso lo devono cantare tutti e il momento dell’adorazione potrebbe essere il momento in cui la corale fa un canto meditativo in cui l’assemblea si volge in un atteggiamento diverso di adorazione davanti all’incensazione dell’altare o dell’icona o ovviamente del crocefisso.
Sapere distinguere gli ambiti è molto importante nella liturgia.
Quindi per quanto possibile cerchiamo di vivere quello che ci dice la chiesa, il mistero che ne scaturisce e di viverlo nelle nostre parrocchie e nelle nostre comunità.
Paul Freeman