Omelia delle domeniche e feste Anno A
"Vieni al Padre, fonte di Misericordia"
7 dicembre 2025 * S. Ambrogio vescovo
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Agricoltore
Testi liturgici: Is 35,1-6.8-10; Gc 5,7-10; Mt 11,2-11
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Come è bella e incoraggiante l’immagine ed il paragone presentato dall’apostolo Giacomo!
Egli dice: “Guardate l’agricoltore: egli aspetta con costanza il prezioso frutto della terra finché abbia ricevuto le prime e le ultime piogge”.
Quale agricoltore, anche desiderandolo per necessità, se oggi semina, domani pretende subito di poter trebbiare?
Quello che non possiamo esigere né pretendere dalla natura, di fatto molti di noi lo pretendono nelle varie situazioni della vita.
Perché avviene questo?

Perché ci siamo adeguati a vivere quello che vuole l’attuale società, quello “dell’usa e getta”. Ed ecco che ci lasciamo condizionare, facciamo le cose secondo l’umore del momento, a seconda che una cosa “ci va o non ci va; ce la sentiamo o non ce la sentiamo”.

E non solo ci fermiamo qui, ma vogliamo che ci sia “tutto e subito”.

Siccome questo non avviene quasi mai, perché i tempi di Dio sono diversi dai nostri, ecco allora che cadiamo nella delusione, nella sfiducia, nello scoraggiamento, nel disimpegno, nello smettere di lottare.

Giacomo invece, a nome del Signore, ci esorta a crescere nella costanza, nella fiduciosa attesa, nel credere fermamente che il disegno di Dio a nostra favore giungerà a buon termine, nonostante tutto, a condizione però che non siamo noi ad impedirglielo.

Ed ecco le sue precise parole: “Siate costanti anche voi, rinfrancate i vostri cuori, perché la venuta del Signore è vicina”.

Che la venuta del Signore sia vicina, significa che la sua azione è tuttora presente. Lo stesso concetto era stato espresso anche attraverso il profeta Isaia: “Coraggio, non temete! Ecco il vostro Dio, viene a salvarvi”.

Cosa vuol dirci con queste espressioni?

Ci dice che noi dobbiamo sempre fare la nostra parte per cambiare o per ottenere quanto desideriamo. Però, siccome nel contempo crediamo ai disegni di Dio, rimaniamo sereni, anche se al momento non vediamo nessun risultato, perché sarà poi il Signore a fare quello che noi da soli non riusciamo ad ottenere e fare.

Se viviamo su questa linea e in questo atteggiamento, la realtà cambia. Non perché scompariranno le prove e le sofferenze, ma perché vedremo tutto in positivo, cosa che è spiegata con le immagini presentateci: “Si apriranno gli occhi dei ciechi e si schiuderanno gli orecchi dei sordi. Lo zoppo salterà come un cervo”.

Notiamo bene: non dice che lo zoppo non sarà più tale, ma nonostante questo, riuscirà a saltare.

Applicato a noi, vuol dire che nonostante qualsiasi difficoltà che ci si possa presentare, riusciremo ad esultare di gioia in forza della fiduciosa speranza posta nel Signore.

Del resto, anche Giovanni Battista deve superare una situazione simile, allorquando si trova in carcere, impossibilitato ad agire.

Sembra, almeno apparentemente, che sia preso da una certa crisi e per questo manda i suoi discepoli ad interpellare Gesù, desideroso di sapere se, nella sua vita e nella predicazione, sia rimasto fedele o abbia sbagliato.

Partiti i discepoli, Gesù coglie l’occasione per parlare bene di Giovanni, sottolineando la sua piena fedeltà e la sua costante coerenza.

In altre parole, quello che Giovanni ha sempre insegnato, coincide in pieno con quello che ora sta vivendo in prima persona. Non è un fallito, è stato ed è tutt’ora un vero testimone, anche se di fatto non può fare altro, se non rimanere in carcere.

Applicato a noi, questo ci insegna ad essere non tra quelli che dicono e non fanno, ma tra quelli che vogliono essere coerenti alla fede che dicono di praticare, e nel contempo fidandosi unicamente di Dio.

Sac. Cesare Ferri rettore del Santuario di San Giuseppe in Spicello

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dal quale ogni paternità
nei cieli e sulla terra." (Ef. 3,14-15)

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