Omelia delle domeniche e feste Anno A
"Vieni al Padre, fonte di Misericordia"
7 dicembre 2025 * S. Ambrogio vescovo
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Il Verbo si fece carne
Testi liturgici: Is 52,7-10; Eb 1,1-6; Gv 1.1-18

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È sempre una grande gioia celebrare il Natale, perché è sempre un giorno straordinario: si festeggia la decisione di Dio di farsi così vicino al mondo, da diventare uno di noi.
Dio si abbassa, si umilia, diventa uomo, abita in mezzo a noi! Quanto amore in questa decisione!
La ricchezza dell’evento è talmente grande che la liturgia lo celebra con testi della Parola di Dio distribuito in ben quattro Messe: vigilia, notte, aurora, giorno. In ognuna si legge lo stesso racconto del Natale visto, però, da diversi punti di osservazione.

Ed ecco che, riassumendo i vari punti, nella messa vigiliare l’evangelista Matteo ci presenta la lunga genealogia degli antenati di Gesù, per dire che il progetto di Dio non cade dall’alto come una meteora inaspettata, ma si realizza nella storia di ogni giorno e di ogni persona, anche attraverso persone che nella logica umana non ne sarebbero degne; questo per dirci che, nonostante tutto e nonostante le nostre miserie, il Signore sa ben condurre la sua storia.

Il Vangelo della notte racconta le circostanze dentro le quali ha preso forma la presenza di Dio nel mondo, avvenuta al di sopra dei giochi e dei conteggi dei potenti, che contano sulle persone e perciò fanno il censimento.

Il Vangelo dell’aurora ci racconta lo stesso evento, come è stato vissuto brillantemente dai pastori, anche se allora erano considerati quali scarti della gente. Ed ecco che, mentre Cesare Augusto con il censimento conta gli uomini, a Betlemme i pastori uniti agli angeli non “contano”, ma “cantano” il prodigioso evento.

Ed ecco il Vangelo che abbiamo appena letto, quello del giorno. In esso è presentata una grande riflessione sia teologica che esistenziale su colui che è nato. In esso si dice che il Verbo di Dio, Colui al quale il Padre guardava per creare il mondo, decide di prendere un corpo e di calarsi dalla grande luce del cielo dentro le tenebre del mondo.

Ma è proprio qui che sta il nostro problema: il non accorgerci di lui che viene per illuminarci, oppure addirittura il non accettarlo, con la conseguenza di dover perdere la possibilità di diventare figli di Dio, e suoi eredi per l’eternità. È un grandissimo dono che ci fa il Signore.

Ora, che direste di un dono ricevuto da una persona che ci ama, ma che lasciamo impacchettato, senza aprirlo sia per gratitudine verso chi ce lo ha fatto, e sia per non avere la soddisfazione dell’utilità del medesimo.

Il dono che Dio fa di suo Figlio fatto carne, lo apriamo o lo lasciamo impacchettato?

Purtroppo, per quanta gente rimane impacchettato!

Lo ha sottolineato il vangelo: “Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo… eppure il mondo non lo ha riconosciuto. Venne tra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto”.

Anche le maggiori luci che accendiamo in questo periodo, dovremmo leggerle, come segno, in questa ottica: ci indicano Gesù, luce del mondo.

Ed anche lo scambio dei doni dovrebbe essere il segno vissuto con la stessa ottica: Gesù che si fa dono a noi.

Veramente, ogni segno dovrebbe aiutarci a leggere l’amore di Dio che ha inviato il Figlio per illuminarci sulla verità, e per farci vivere nell’amore.

Oppure noi ci limitiamo solo alle usanze e alle belle figure, incapaci ad andare oltre al mercato consumistico?

Sac. Cesare Ferri rettore del Santuario di San Giuseppe in Spicello

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"... io piego le ginocchia
davanti al Padre,

dal quale ogni paternità
nei cieli e sulla terra." (Ef. 3,14-15)

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