Testi liturgici: Is 49,14-15; Sl 61; I Cor 4,1-5; Mt 6,24-34
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C’è una espressione, nel Vangelo di oggi, che si ripete come ritornello: “Non preoccupatevi!”.
Ed ecco le varie espressioni: “Non preoccupatevi per la vostra vita…; Chi di voi, per quanto si preoccupi, può allungare anche di poco la propria vita?...; E per il vestito, perché vi preoccupate?...; “Non preoccupatevi dicendo: Cosa mangeremo? Cosa berremo? Cosa mangeremo?...; Non preoccupatevi, dunque, per il domani”.
Ovviamente, qui non si tratta della giusta e doverosa preoccupazione, ma del non lasciarsi prendere dall’ansia nella preoccupazione.
Perché questo non ci capiti, è necessaria stare attenti nel saper scegliere chi vogliamo liberamente servire. Gesù lo ha detto chiaro: “Non potete servire due padroni… Non potete servire Dio e la ricchezza”.
Si tratta, allora, di mantenere le due realtà – Dio e i beni materiali – al proprio posto: c’è un necessario e c’è un secondario: il secondario è importante ma sempre meno del primario.
A questo punto, quindi, è necessario accostare due parole, molto simili, ma su piani diversi: “Provvidenza” e “Previdenza”.
La “Provvidenza” è l’azione di Dio. La “Previdenza” è l’azione nostra.
La Provvidenza di Dio, normalmente, non opera se non c’è la nostra previdenza.
La nostra previdenza, che rimane sempre un fatto evangelico, consiste nella doverosa laboriosità e impegno per procurarci quanto è necessario alla vita di ogni giorno.
Mi viene in mente, a tal proposito, il rimbrotto di Paolo ai Tessalonicesi: “Chi non vuol lavorare, neppure mangi!”.
Tuttavia, anche la capacità lavorativa va subordinata al dono di Dio in quanto, se non c’è salute, se non ci sono posti di lavoro, e se non c’è l’aiuto dal cielo, come si può realizzare qualsiasi compito o attività?
La nostra previdenza, pertanto, non raggiunge il fine se in noi manca la fiducia e l’abbandono nella Provvidenza di Dio.
Altrimenti, dice Gesù, noi siamo come i “pagani”, cioè come coloro che non credono alla paternità di Dio.
Ed è proprio qui che si misura la nostra scelta: “Non potete servire Dio e la ricchezza”.
Ovviamente, in certe situazioni di vita, potrebbe venire spontanea anche a noi l’espressione riferita da Isaia: “Il Signore mi ha abbandonato, il Signore mi ha dimenticato”.
La risposta del Signore: “Si dimentica forse una donna del suo bambino. così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere?”.
Ammesso pure che questo malauguratamente dovesse capitare, è sicuro che non succederebbe da parte di Dio, il quale è più che una madre: “Anche se si dimenticasse, io invece non ti dimenticherò mai”.
Ciò premesso, diventano logiche e comprensibili tutte le altre espressioni fortemente marcate da Gesù.
Ne cito solo una: “Guardate gli uccelli del cielo: non seminano e non mietono, né raccolgono nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre”. Dunque, non gli manca il cibo: Ma, ovviamente, lo vanno a cercare.
Cosa vuol dire, allora, servire il Signore?
Eccolo: “Cercate, innanzitutto, il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte le altre cose vi saranno date in aggiunta”.
Cioè, cercare veramente solo e sempre la volontà di Dio, un cammino serio di conversione e santità.
E’, questo, anche il modo migliore per guarire da tante nevrosi e disturbi psicologici. Cose che ci impediscono di vivere in pienezza quella vita che il Signore ci ha donato con tanto amore e gioia.
Sac. Cesare Ferri, rettore Santuario San Giuseppe di Spicello