Omelia delle domeniche e feste Anno A
"Vieni al Padre, fonte di Misericordia"
9 dicembre 2025 * S. Siro vescovo
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Risurrazione LazzaroTesti liturgici: Ez 37,12-14; Sl 129; Rm 8,8-11; Gv 111-45
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In queste domeniche ci stanno accompagnando delle verità che sono rappresentate attraverso i simboli.
Due domeniche fa, con la samaritana, il simbolo dell’acqua. Essa rappresenta Gesù, che si dona a noi come acqua viva e che disseta per l’eternità.
Domenica scorsa, con il cieco dalla nascita, il simbolo della luce. Essa rappresenta Gesù che si rivela quale luce del mondo insegnandoci e donandoci la verità.
Oggi, con la risurrezione di Lazzaro, il simbolo della vita. E’ sempre Gesù che si manifesta come colui che ci dà la risurrezione e la vita senza fine.
Riflettiamo su alcuni particolari di questo episodio.
Notiamo subito la grande amicizia di Gesù con la famiglia di Lazzaro, di Marta e di Maria.
In questo caso particolare la manifesta condividendone il dolore, fino a commuoversi profondamente, tanto da far dire ai Giudei: “Guarda come lo amava!”.
Appare evidente una cosa che, nonostante l’amicizia, non ha risparmiato loro la prova e il dolore, tanto da far dire ad alcuni: “Lui, che ha aperto gli occhi al cieco, non poteva anche far sì che costui non morisse?”.
Ma questa morte era necessaria per un “di più”; per far capire che Lui è la risurrezione e la vita.
Quante prove e dolori anche nella nostra vita! Quante morti tragiche o in giovane età di persone a noi care!
In queste situazioni potremmo fare nostra l’espressione di Marta: “Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!”, dicendo: “Se tu ci avessi aiutato, Signore, non sarebbe successo quel che è successo”.
Però dovremmo saper ripetere anche il proseguo espresso da Marta: “Ma anche ora so che qualunque cosa chiederai a Dio, Dio te la concederà”.
Pertanto, prima ancora del miracolo della risurrezione di Lazzaro, c’è stato un altro miracolo, non meno grande! L’atto di fede di Marta, che di fronte alla parola di Gesù, si fida ciecamente di lui!
Gesù aveva affermato e le chiederà: “Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?”.
La risposta di Marta: “Sì, o Signore, io credo”.
Segue il miracolo della risurrezione.
Da notare che la sua morte è reale, anche se, sul piano simbolico, è detto da Gesù: “Si è addormentato, ma io lo vado a svegliare”. Gesù intendeva dire che si era addormentato proprio nel sonno della morte.
Lo conferma l’altra espressione di Marta: “Signore, manda già cattivo odore: è lì da quattro giorni”.
Accostiamo ora questa risurrezione all’altra, di cui alla prima lettura: “Ecco, io apro i vostri sepolcri, vi faccio uscire dalle vostre tombe”.
Tutti sappiamo che la tomba è l’ultima dimora dell’uomo. Non c’è niente e nessuno che possa farci compiere un cammino a ritroso dal sepolcro e dalla corruzione del corpo.
Ebbene, il popolo di Israele aveva conosciuto un’esperienza, simile alla morte, con la terribile deportazione a Babilonia, da cui non credeva più di poter tornare libero nella propria patria.
Eppure Dio dice loro che egli ha il potere di farli uscire da quella tomba di dolore.
Esistono – ci domandiamo - tombe peggiore di questa?
Purtroppo sì, è quella del peccato. Esso ci distacca da Dio e ci rende schiavi di noi stessi, con il rischio che lo sia per tutta l’eternità.
Esiste un miracolo per questo tipo di morte?
Certamente!
Lo è ogni volta che pentiti ritorniamo a Dio, confessando a Lui, attraverso il ministro, il nostro peccato.
Sac. Cesare Ferri rettore Santuario San Giuseppe in Spicello

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"... io piego le ginocchia
davanti al Padre,

dal quale ogni paternità
nei cieli e sulla terra." (Ef. 3,14-15)

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