Omelia delle domeniche e feste Anno A
"Vieni al Padre, fonte di Misericordia"
9 dicembre 2025 * S. Siro vescovo
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Cieco natoTesti liturgici: I Sam 161b.4.6-7.10-13; Sl 22; Ef 5,8-14; Gv 9,1-41
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Anche oggi, come domenica scorsa, abbiamo incontrato una persona senza nome. Domenica scorsa era una samaritana, oggi è un cieco dalla nascita.
L’argomento dell’incontro con Gesù di domenica scorsa è stato quello dell’acqua, oggi è quello della luce.
Tale luce, è certamente riferita alla luminosità fisica che passa attraverso gli occhi, ma anche a quella soprannaturale della fede; ed è in funzione di questa che si articola il lungo discorso intessuto tra Gesù e il personaggio anonimo.
Ci domandiamo.
C’è una differenza tra la cecità degli occhi e quella della fede?
La cecità degli occhi non impedisce di cogliere la realtà delle cose, di dialogare e intendersi con gli altri, di capire ciò che è essenziale nella vita; la cecità spirituale, invece, ci impedisce di ascoltare e dialogare con Dio, di capire chi è veramente per noi, e, di conseguenza, ci impedisce anche di capire rettamente il suo modo di comportarsi.
In altre parole, la cecità della fede sta nell’essere convinti di sapere tutto e di ritenersi persone che non hanno bisogno di altra luce.
Questo atteggiamento è drammatico: pur essendo ciechi e incapaci di guidare noi stessi e gli altri, abbiamo l’intima convinzione di sapere da soli cosa Dio vuole da noi, senza bisogno di alcuno.
In tale senso comprendiamo la risposta che Gesù dà ai farisei che gli chiedono: “Siamo ciechi anche noi?”.
Ad essi Gesù risponde: “Se foste ciechi, non avreste alcun peccato; ma siccome dite: ‘Noi vediamo’, il vostro peccato rimane”.
È quanto può accadere pure a noi!
Tante volte, all’evidenza dei fatti, rimaniamo imperterriti nelle nostre convinzioni. Non abbiamo bisogno di chi ci insegni qualcosa. Abbiamo, come incarnata, una ostilità alla verità: è il primo ostacolo alla manifestazione della luce, che è Cristo.
Le tenebre non sono solo quelle esteriori all’uomo, ma primariamente stanno di dentro, nel rifiuto categorico della luce, semplicemente perché è verità.
Siccome volutamente viviamo nel peccato, la luce della verità ci è scomoda e ci dà fastidio; come analogamente darebbe fastidio agli occhi, abituati al buio della notte o a quello di casa, l’apertura improvvisa delle tapparelle, proprio nel pieno mezzogiorno d’estate. Ci fa mettere le mani agli occhi, per difenderci da essa.
Cosa succede a tali persone?
La conoscenza religiosa in genere, la Parola di Dio e la sua spiegazione, il comportamento dei credenti - cose che, in qualche maniera, aiutano ad avere luce - non sono presi in considerazione; anzi, respinte!
Significativa, in tale senso, la risposta dei farisei alla testimonianza del cieco sulla sua fede in Gesù, che lo ha guarito: “Sei nato tutto nei peccati e insegni a noi? E lo cacciarono fuori”.
Si trova sempre un motivo per dare colpa agli altri e toglierli di mezzo.
Ma qual è il dato di fatto?
Che Cristo si fa sempre presente nella storia delle persone per illuminarle.
Lo fa con la sua Parola, lo fa attraverso le vicende gioiose e tristi della vita personale e della società, attraverso gli avvenimenti che succedono nel mondo; ma se non trova accoglienza?
Di conseguenza cosa capita?
Le cose della nostra vita personale e di famiglia, quelle della società e quelle del mondo, andranno sempre peggio.
Solo Gesù è la luce di verità, come abbiamo acclamato al vangelo: “Io sono la luce del mondo; chi segue me, avrà la luce della vita”.
Sac. Cesare Ferri rettore Santuario San Giuseppe in Spicello

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"... io piego le ginocchia
davanti al Padre,

dal quale ogni paternità
nei cieli e sulla terra." (Ef. 3,14-15)

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