Omelia delle domeniche e feste Anno A
"Vieni al Padre, fonte di Misericordia"
8 dicembre 2025 * Immacolata Concezione
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PalmeTesti liturgici della domenica: Is 50,4-7; Sl 21; Fil 2,6-11; Mt 26, 14-27,66
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(Introduzione alle letture, in luogo dell’omelia)

Abbiamo un dato di fatto. A tutti è certamente capitato di avere delusioni nella vita, anche più volte, per cui, ad un certo punto, non sappiamo più di chi poterci fidare.
Questo è assolutamente vero; infatti, di nessuna persona possiamo fidarci al cento per cento.
Eppure una ne rimane: è il Signore. È l’unico che non ci delude, anche se spesso potrebbe sembrare di no, per il fatto che non ci risparmia le prove nella nostra vita.
Non dobbiamo meravigliarci. Anche a Gesù non è stata risparmiata una identica sorte, piena di contraddizioni.
Lo costateremo fra breve nel racconto della sua passione.
La folla, che lo aveva acclamato e osannato mentre entrava a Gerusalemme, a breve distanza grida: “Sia crocifisso! Sia crocifisso!”.
Giuda, che aveva ricevuto un incarico di fiducia nella comunità degli apostoli, ad un tratto diventa il traditore.
Pietro, Giacomo e Giovanni, i quali nel monte della trasfigurazione avevano proposto di fare tre tende, ora non sono capaci di vigilare un’ora sola con Gesù.
Pietro, che aveva asserito: “Anche se dovessi morire con te, non ti rinnegherò”, non mantiene la parola e poco dopo lo rinnega.
Sotto la croce tutti i discepoli, che lo avevano seguito per tre anni, sono spariti, ad eccezione di Giovanni.
Perfino il Padre sembra che lo abbia abbandonato, come apparirebbe dal grido di Gesù: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”, anche se di fatto stava recitando il salmo.
Gesù continua a mantenere la parola data nell’orto degli ulivi: “Non la mia, ma la tua volontà sia fatta”.
Ascoltiamo con attenzione e raccoglimento la Parola che ci viene proposta.

Testi liturgici del Giovedì Santo
Es 12, 1-8.11-14; Sl 115; I Cor 11,23-26; Gv 13, 1-15
La celebrazione del triduo pasquale non è costituito solo da una serie di riti da celebrare, ma anche da una esperienza da vivere. Questa celebrazione, della durata di tre giorni, sta al culmine di tutta la quaresima.
A livello celebrativo inizia con questa messa della cena del Signore, si conclude con la messa della veglia pasquale.
Per sottolineare tale fatto, la messa di oggi non termina con il consueto saluto e congedo finale, ma nel silenzio; l’azione liturgica di domani non comincia con il consueto segno di croce e con il saluto, e termina ancora nel silenzio e senza saluto; infine anche la solenne veglia comincia nel silenzio, e finalmente termina con il consueto saluto finale. Questa volta è quanto mai gioioso, perché è accompagnato dalla ripresa dell’alleluia.
Per la circostanza, è molto importante che le comunità si interroghino sul loro modo, non solo di celebrare, ma anche di vivere la celebrazione liturgica, guardando a come sanno intessere i rapporti reciproci.
Per questo motivo sono chiamati ad essere presenti tutti i ministeri istituiti e di fatto che sono presenti in parrocchia (accoliti, lettori, ministri straordinari della comunione, catechisti, animatori del canto, ecc.), ed anche tutte le realtà pastorali, perché facciano una verifica sul come svolgono il proprio mandato, sul come vivono lo spirito associativo e sul come manifestano la collaborazione reciproca.
Capite, allora, perché per tale circostanza si esorta caldamente che siano abolite tutte le celebrazioni nelle altre chiese e cappelle che sono presenti nel territorio parrocchiale.
Torniamo, ora, alla celebrazione che stiamo svolgendo confrontandoci sulla Parola che abbiamo ascoltato.
Nella prima lettura colpisce la volontà di fare di questo rito un evento perenne, che tutte le generazioni dovranno perpetuare, trasmettendolo di padre in figlio.
Il Signore motiva la richiesta con queste parole: “E’ la Pasqua del Signore”.
È una svolta epocale per il popolo di Israele. Il rito deve ricordare, per i secoli, che essi non sono più schiavi, ma liberi e con una nuova dignità.
Anche per noi cristiani la Pasqua ha lo stesso significato: ci ricorda che se prima eravamo schiavi del peccato, ora, grazie al sangue del vero agnello, ne siamo stati liberati e abbiamo ricevuto una nuova dignità.
È un giorno da vivere con particolare gratitudine. Avviene attraverso l’Eucaristia; è il segno di un amore eterno che libera e salva ancora.
Cosa è necessario da parte nostra?
Imitare l’amore gratuito di Gesù che si è donato senza riserve e senza condizioni. Ce lo insegna attraverso il gesto della lavanda dei piedi: “Come ho fatto io, così fate anche voi”.
Pertanto, il segreto della vita cristiana, che di conseguenza diventa sorgente di felicità, consiste nel servire.
Servire significa rendersi disponibili a dare qualcosa di noi stessi – tempo, paziente ascolto, gioiosa accoglienza – senza attendere assolutamente nulla in cambio. Solo facendo così, la nostra vita miracolosamente si trasforma.
Ed è così che, come quella di Gesù, anche la nostra diviene una vita eucaristica, cioè di dono e di ringraziamento.
Sac. Cesare Ferri rettore Santuario San Giuseppe in Spicello                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                              

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"... io piego le ginocchia
davanti al Padre,

dal quale ogni paternità
nei cieli e sulla terra." (Ef. 3,14-15)

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