Omelia delle domeniche e feste Anno A
"Vieni al Padre, fonte di Misericordia"
18 ottobre 2025 * S. Luca evangelista
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23 Riuniti in preghieraTesti liturgici: Ger 20,7-9; Sl 62; Rm 12, 1-2; Mt 16,21-27
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“Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro”,
ci ha detto Gesù proprio adesso, alla fine del brano evangelico.
In questo momento siamo più di tre, e pertanto potremmo dire che la presenza di Gesù è quanto mai efficace.
Ma cosa vuol dire l’essere riuniti nel nome di Gesù?
Sta nell’andare d’accordo con Gesù e fra di noi, in altre parole sta nell’accogliere la parola di Gesù e nell’aiutarci vicendevolmente.
Di fatto, in questa domenica tutta la parola di Dio ruota attorno all’amore fraterno, da esprimersi in diverse maniere.
Innanzitutto ci dice che ognuno di noi è responsabile della sorte degli altri fratelli e sorelle. Siamo chiamati ad essere sentinelle, ci è stato detto chiaramente: “Io ti ho posto come sentinella per la casa di Israele”.
La sentinella per sua natura è chiamata a vigilare e allontanare o rimediare a qualsiasi pericolo.
Cosa fa la sentinella cristiana?
La sentinella, nella comunità cristiana, non può tacere e far finta di nulla, e neppure lasciarsi prendere dalla paura di una reazione negativa, per certi comportamenti sia dei singoli sia della società, anche a costo di essere tacciato di esagerazione e di rigidità.
Ma, nel contempo, deve anche far capire a chi sbaglia che non viene lasciato solo, che il Signore gli è sempre vicino; e questo avviene attraverso coloro che gli stanno attorno.
Ovviamente, poi, dipende dall’uomo peccatore accogliere o respingere il richiamo e la correzione fraterna.
Pertanto, il compito del credente non è solo quello di condannare il male, ma anche quello di creare le condizioni perché chi sbaglia possa convertirsi.
E la prima condizione è quella di non giudicare chi sbaglia, ma mettersi vicino a lui, comprendere la situazione, aiutandolo nella fatica del cammino.
Ed è proprio quello che letteralmente ci ha detto il vangelo, svolgendo il tema della correzione fraterna, la quale potrebbe avvenire, se necessario, attraverso un percorso a tappe.
Si tratta, pertanto, di mettere in pratica la vera carità, che non sta nello sparlare in giro del comportamento del fratello, ma intervenendo personalmente, a tu per tu, spiegandogli come ciò che ha detto o fatto, non è buono.
Se non ascolta, Gesù suggerisce un ulteriore intervento: ritornare a parlargli con altre due o tre persone, perché sia più consapevole dello sbaglio che ha fatto.
 Se, nonostante questo, non accoglie l’esortazione a correggersi, occorre avvisare la comunità, perché ne abbia conoscenza, ne prenda atto, assuma le necessarie precauzioni, e non trascuri di pregare per lui.
 Se neppure questa tappa serve a qualcosa, è necessario fargli capire che è avvenuta una frattura, che il suo comportamento ha fatto venir meno la comunione con i fratelli nella fede.
In altre parole, è far capire che lo sbaglio è stato contagioso, ha coinvolto tutti, e la comunità ne ha subite le conseguenze dannose, analogamente al danno che viene al nostro corpo se un braccio è paralizzato.
Il Signore, comunque, chiede alla comunità di fare uno sforzo per accompagnare sempre chi sbaglia, affinché non si perda del tutto.
In ogni caso, la monizione va fatta sempre con tanta umiltà, mettendo in pratica una cosa fondamentale: è vero che dobbiamo riconoscere lo sbaglio dell’altro, ma dobbiamo anche ricordare che noi stessi sbagliamo e abbiamo sbagliato tante volte.
Sac. Cesare Ferri rettore Santuario San Giuseppe in Spicello

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davanti al Padre,

dal quale ogni paternità
nei cieli e sulla terra." (Ef. 3,14-15)

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