Omelia delle domeniche e feste Anno A
"Vieni al Padre, fonte di Misericordia"
26 marzo 2025 * S. Felice vescovo
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25 Lavoratori vignaTesti liturgici: Is 55,6-9; Sl 144; Fil 1, 20-24.27; Mt 20,1-16
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“Gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi”,
è l’espressione conclusiva del brano evangelico.
Cosa vuol dire? Sembra proprio che i conti non tornano, tanto più se lo mettiamo in parallelo con la precedente parabola che, secondo il nostro punto di vista di giustizia sociale, non ci sembra retto nel pagare tutti alla stessa maniera e con lo stesso compenso, sia coloro che hanno molto lavorato con il molto stress della giornata, sia coloro che hanno lavorato di meno.
Si tratta di entrare nella logica di Dio che è diversa dalla nostra, i suoi criteri sono molto diversi dai nostri. Essi realizzano promesse e attuano piani di salvezza che nemmeno possiamo immaginare.
Del resto è quello emerso e sottolineato anche da quanto abbiamo ascoltato nella prima lettura, che il Signore dice tramite Isaia: “Perché i miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie. Quanto il cielo sovrasta la terra, tanto le mie vie sovrastano le vostre vie, i miei pensieri sovrastano i vostri pensieri”.
In altre parole, cosa vuol dirci?
Ci dice che la ricompensa di Dio non è tariffata; però, siccome vuol donare la salvezza a tutti, è libero di distribuire con larghezza le grazie necessarie per raggiungerle tale salvezza, non solo a qualcuno, ma a tutti.
Noi, invece, siamo abituati a ragionare diversamente: davanti a noi ci sono persone buone e altre cattive. Di conseguenza, pensiamo che i buoni sono amici di Dio e quindi vanno in paradiso; i cattivi, invece, vanno all’inferno.
Invece, dalle parole di Gesù emerge un’altra verità, molto più sconvolgente e che ci fa meglio comprendere l’espressione citata che gli ultimi saranno i primi.
La verità è che Dio è buono, che per tale bontà crea per tutti una possibilità di salvezza. Qualcuno aderisce a tale possibilità sin dai primi momenti della sua vita; qualche altro, invece, durante la vita avanzata; qualcuno comincia, poi abbandona e poi riprende ancora; ed infine alcuni che cominciano all’ultimo momento.
Solo chi non vi aderisce neppure all’ultimo momento si esclude da solo dalla salvezza, ed ecco l’inferno, dove si renderà conto dell’errore commesso, ma che ormai non viene più in tempo per tornare indietro.
Pertanto, non è Dio che manda all’inferno; ma siamo noi che, rifiutando la sua amicizia, automaticamente ci cadiamo.
La realtà e che Dio ha per tutti progetti di salvezza; dà anche la possibilità di un riscatto, nell’ipotesi che ci fosse stato un temporaneo allontanamento da lui.
Forse è proprio questo quello che ci scandalizza di più. Non riusciamo ad avere dentro di noi la stessa gioia che Dio prova quando qualcuno accetta di andare a lavorare nella sua vigna, anche se all’ultima ora.
Per questo siamo invidiosi e non accettiamo la sua logica, come del resto ha sottolineato Gesù rispondendo alla contestazione di uno dei primi lavoratori: “Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? Prendi il tu e vattene. Ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te: non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?”.
Lo stesso invito ed accoglienza del Signore, del fatto cioè che vuole tutti salvi, è stato evidenziato anche dal profeta Isaia: “L’empio abbandoni la sua via e l’uomo iniquo i suoi pensieri; ritorni al Signore che avrà misericordia di lui e al nostro Dio che largamente perdona”.
Sac. Cesare Ferri rettore Santuario San Giuseppe in Spicello

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"... io piego le ginocchia
davanti al Padre,

dal quale ogni paternità
nei cieli e sulla terra." (Ef. 3,14-15)

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