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“I pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno dei cieli”, è una espressione sconvolgente e paradossale, ma chiama in causa le nostre scelte e i nostri comportamenti.
Questa affermazione di Gesù fa seguito alla parabola dei due figli.
Di questi, uno di fatto ubbidisce, anche se non con pieno slancio; l’altro invece finge di ubbidire, ma di fatto non obbedisce.
Gesù voleva insegnare che il padre di famiglia rappresenta Dio, il quale ha un disegno di salvezza universale, e per ciascuno di noi. Ad ognuno chiede di realizzarlo, facendo quello che Lui ci chiede, e quindi obbedendo ai suoi comandamenti.
Nel contesto storico dell’episodio, è Gesù che rappresenta il Padre, ed al quale si deve ascolto e obbedienza.
Ebbene, i notabili e i benpensanti del tempo, non si fidano di Gesù, e, anche se lo ascoltano, lo fanno per metterlo alla prova e farlo cadere in trappola. Non sono sinceri, sono ipocriti e, per di più, in cattiva fede.
Inoltre questi benpensanti odiano a morte i pubblicani e le prostitute.
I pubblicani, perché ricchi e strozzini, ed anche perché sono a servizio dei romani; le prostitute perché, in forza del loro mestiere, devono essere ignorate ed evitate.
Queste due categorie, certamente sbagliano, però hanno stima di Gesù, lo ascoltano, si rendono conto di essere fuori strada. Di conseguenza, cambiano vita e si convertono. In questo senso è da intendersi il vi passano avanti.
Del resto è quello che il Signore ci ha detto molto chiaramente per bocca del profeta Ezechiele: “Se il malvagio si converte dalla sua malvagità che ha commesso e compie ciò che è retto e giusto, egli fa vivere se stesso”, e quindi entra nel regno dei cieli.
Oggi la parabola è rivolta noi e diventa motivo di consolazione, oltre che a infondere speranza mentre guardiamo la nostra cattiveria ed i nostri peccati.
Ed infatti, ognuno di noi conosce bene la lista dei propri peccati, ma ora sappiamo pure che possiamo offrirli al Signore, con pentimento; così anche noi rientriamo e cresciamo nel regno di Dio.
Questo, a sua volta, ci aiuta e ci deve aiutare, ad essere più benevoli e comprensivi verso gli altri. Questa cosa è stata ben sottolineata da Paolo, nella seconda lettura: “Non fate nulla per rivalità o vanagloria, ma ciascuno di voi, con tutta umiltà, consideri gli altri superori a se stesso. Ciascuno non cerchi solo l’interesse proprio, ma anche quello degli altri”.
In altre parole, è richiesta l’unità e la concordia.
È chiaro che questa armonia è una grazia dello Spirito Santo, che si realizza non senza la nostra collaborazione. Noi dobbiamo fare di tutto per crearla nella Chiesa e nelle varie comunità.
Ripensandoci, è proprio vero che la rivalità e la vana gloria sono due tarli che corrodono e minano i buoni rapporti.
Quanti cristiani, purtroppo, anche nelle parrocchie e nei gruppi di vario genere, fanno le cose soprattutto per farsi vedere, per attirare l’attenzione degli altri, per essere presi in considerazione! In altre parole, guidati da vana gloria.
Paolo interviene proprio per questo motivo. Nel contempo coglie l’occasione per presentare Gesù Cristo, che dobbiamo imitare nei suoi sentimenti: “Egli pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione da servo, diventando simile agli uomini”.
Sac. Cesare Ferri rettore Santuario San Giuseppe in Spicello