Testi liturgici: Es 22,20-26; Sl 18; ITs 1,5-10; Mt 22,34-40Per il documento: clicca qui
“Maestro, nella legge qual è il più grande comandamento?”.
Da notare bene che la domanda viene posta per mettere allo prova Gesù, cioè per vedere con quale partito si sarebbe schierato e così trovare motivo per poterlo accusare come uno di parte, denunciandolo o troppo rigido o troppo permissivo.
Era importante tale risposta?
Certamente! Infatti, si facevano grandi diatribe e discussioni per sapere quale fosse, in tutta la legge mosaica, il comandamento più importante.
I comandamenti che i rabbini avevano elencato erano diverse centinaia e non tutti, ovviamente, erano sullo stesso piano, anche se tutti obbligavano.
Tra questi, quali erano essenziali ed irrinunciabili?
Grandi discussioni che si protraevano all’infinito.
Ogni scuola rabbinica aveva le sue ipotesi e tali ipotesi erano anche molto diverse tra loro, con la conseguenza di non capirci nulla.
Pertanto, era importante conoscere la risposta del maestro Gesù, una risposta che comunque l’avrebbe fatto cadere in trappola.
Ma Gesù, come in tante altre situazioni analoghe, ne esce vittorioso.
In questo caso la risposta è: “Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore… amerai il prossimo tuo come te stesso”.
In altre parole, è come se avesse detto che c’è un solo comandamento, quello dell’amore; ed è appunto da questo amore che scaturiscono tutti gli altri comandamenti.
Da notare che specifica il tipo di amore osservato con tutto il cuore.
Cosa significa?
Significa che Dio non si ama - come si suol dire - a “compartimenti stagno”, ma nella interezza della propria persona e quindi “con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutta la mente”, cioè nella pienezza di noi stessi per il fatto che siamo composti di corpo, anima e spirito.
Tradotto con termini più concreti, significa che si ama “sempre e comunque”, non solo “quando me la sento, se ne ho voglia, se ne traggo un vantaggio, se ho tempo, se mi è facile, se nessuno mi critica o si mette contro, e così via”.
Ma non basta! Non può esserci amore di Dio, se manca quello verso il prossimo, nessuno escluso, compresi quelli che ci hanno fatto del male: ed anche con lo stesso criterio di cuore, di anima e di mente, da saper ben intendere ed applicare.
Questi due amori sono inseparabili, sono come le due facce della stessa medaglia: non si può amare Dio senza amare il prossimo, ma neppure si riesce ad amare nel migliore dei modi chi ci sta accanto, se non siamo legati all’amore di Dio.
Se manca uno di questi aspetti, il nostro amore è fasullo, non è vero, è solo illusione. Di conseguenza, tutto quello che si dice e che si fa, se non è ispirato da tale amore, perde ogni valore.
Questo vale per tutti noi.
Il compiere tante cose buone, comprese quelle di carattere religioso, compresa pure la partecipazione a questa Messa. Ha valore oppure no la nostra presenza?
Vale soprattutto se proviene dalla risposta fatta a Dio che ci ha chiamato convocandoci come sua famiglia, desideroso di parlare con noi, di ascoltarci ed aiutarci. Nel contempo ha valore se siamo in armonia con gli altri.
A tal proposito, anche il gesto dello scambiarci la pace durante la Messa, sarebbe un segno falso se non amassimo veramente tutti; non può, pertanto, limitarsi all’essere d’accordo con il vicino di banco.
Ed è quello che ci è stato anche sottolineato nella prima lettura, in cui ci è stato detto che i cardini della legge mosaica stanno nel rapporto di giustizia e di amore verso gli altri, scendendo anche al concreto: “Non molesterai i forestiero né lo opprimerai – come è attuale! – non maltratterai la vedova e l’orfano. Se presti denaro, non ti comporterai da usuraio”.
Sac. Cesare Ferri rettore Santuario San Giuseppe in Spicello