Si tratta della settima riflessione sul tema dell' essere "Artigiani di Comunione", preparata per il ritiro di luglio 2021, presso il Santuario di San Giuseppe in Spicello.
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Settima riflessione per l’anno 2021 – L’apostolato familiare (seconda parte)
(Testo di riferimento Mt 19, 3-6)
Dal Vangelo di Matteo: Si avvicinarono a Gesù alcuni farisei per metterlo alla prova e gli chiesero: «È lecito a un uomo ripudiare la propria moglie per qualsiasi motivo?».
Egli rispose: «Non avete letto che il Creatore da principio li fece maschio e femmina e disse: Per questo l'uomo lascerà il padre e la madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una sola carne? Così non sono più due, ma una sola carne. Dunque l'uomo non divida quello che Dio ha congiunto».
Introduzione
Siamo nel proseguimento, come seconda parte, del tema svolto il mese scorso al quale abbiamo dato il titolo di: “apostolato familiare”. In altri contesti è descritto pure con quello di: “la famiglia partecipa del mandato di evangelizzare”.
Come di consueto, nella prima parte ci soffermeremo nel porre alcune basi teologiche e bibliche che si riferiscono al tema, permettendoci pure di scendere al momento opportuno in una qualche applicazione.
Nella seconda parte cercheremo di scendere ancor più al pratico, applicandolo alla vita quotidiana, soprattutto in quanto rivolto ai componenti dell’ISF.
Il mandato di evangelizzare
La famiglia è chiamata assolutamente ad evangelizzare e non può esimersi né indietreggiare per le eventuali difficoltà. Non mancano a tal proposito gli interventi dei Pontefici e del magistero della Chiesa.
Citiamo solo quello di Giovanni Paolo II che ha pronunciato all’inizio del suo pontificato con queste parole: “La futura evangelizzazione dipende in gran parte dalla Chiesa domestica”.
Lecitamente ci domandiamo: L’espressione è stata pronunciata per piacevole iniziativa del Papa, oppure perché basata su un fondamento teologico?
Non lo possiamo dubitare, perché lo ha detto in forza di una base teologica.
Del resto, non è stato quello che abbiamo ripetuto tante volte nelle precedenti riflessioni?
È quello che ancora una volta vogliamo sottolineare.
Se la famiglia è stata creata a immagine e somiglianza di Dio, deve comportarsi come si è comportato e come si sta comportando lui, il Signore.
A questo punto, senza ombra di dubbio, possiamo e dobbiamo affermare che lui è l’evangelizzatore per eccellenza. Ha compiuto pienamente la sua missione mandando il suo Figlio Gesù ad incarnarsi e morire per noi. Se ha voluto questo non lo è stato solo per la necessaria nostra salvezza, ma pure per poter meglio riuscire a far comprendere quello che è il suo amore per noi. Consiste proprio qui la sua evangelizzazione, è quella che noi denominiamo “vangelo” o “bella notizia”. Con questa bella notizia ci dice che ci vuole bene, un bene così grande che non ha limiti, tanto da essere irremovibile ed eterno.
Ebbene, anche la nostra evangelizzazione deve adeguarsi a tale stile, non deve assolutamente allontanarsi da esso. La nostra evangelizzazione, infatti, consiste nel far conoscere a tutti l’amore di Dio.
Questo, ovviamente, è per tutti, ma è il compito particolare di ogni battezzato in quanto, per il fatto di appartenere alla famiglia di Dio e di avere diritto alla sua eredità, non può non dire che bene di suo padre.
Ed ora un'altra domanda. Come possiamo parlare di questo amore di Dio, come possiamo manifestarlo?
Lo manifestiamo cercando di vivere ed agire come vive e come agisce lui. Lo manifestiamo quindi amando tutti, senza escludere nessuno. Lo manifestiamo soprattutto nel saper perdonare sempre e comunque, come sempre fa il Signore con noi.
È proprio attraverso tale comportamento, che mostriamo in qualche maniera l’amore di Dio. Con tale atteggiamento, come detto la scorsa volta e come diremo più avanti, noi diveniamo il “fermento” nella massa.
Ed ora proseguiamo per arrivare ancor meglio a noi.
Se questo vale per ogni battezzato, tanto più vale ed è maggiormente richiesto a chi ha ricevuto il sacramento del matrimonio. Se da una parte è richiesto, dall’altra non bisogna dimenticare che è pure facilitato, in quanto può acquistare una singolare e maggiore efficacia in forza della grazia di stato, quella che proviene dal sacramento stesso. La grazia di stato è quell’aiuto che il Signore concede al momento per superare la difficoltà e raggiungere la meta.
Perché dico questo?
Perché è soprattutto attraverso gli sposi che il Signore vuole esprimere quello che vive in se stesso, quello cioè di essere una perfetta distinzione di persone e, nel contempo, di vivere in una tale perfetta unità di amore, da essere uno solo: Ecco il Dio “Uno e Trino” della fede cristiana!
Sappiamo bene, come da altre riflessioni fatte, che anche gli sposi pur rimanendo distintamente due, nel contempo sono chiamati a diventare “uno”. Pur diversi di carattere e di comportamento in quanto singoli, e non smettendo di rimanere tali - ovviamente con l’impegno di sapersi limare gradualmente - nel contempo sono anche fusi in una nuova realtà, quella che denominiamo “coppia”. Pertanto, anche loro nel contempo sono “due” e “uno”.
Di per sé, anche senza altre specifiche azioni apostoliche esterne, la coppia che si ama alla maniera e ad immagine di Dio, come abbiamo detto altre volte, emana ed irradia comunque l’amore di Dio, e quindi di fatto è già evangelizzatrice.
Difficilmente una predica o una catechesi, per quanto fatte bene, possono spiegare l’amore di Dio in maniera convincente ed esauriente come invece può farlo la realtà del matrimonio, ovviamente se vissuto bene.
Ma a questo punto dico anche di più. La considerazione vale anche se lo stesso matrimonio fosse vissuto male e andasse a rotoli.
Infatti, quando non ci si ama, si sta creando dentro la coppia e nella famiglia una specie di inferno, nella cui situazione diventa impossibile vivere.
Eppure anche questa situazione può essere l’occasione per rivelare l’amore di Dio. In altre parole la situazione serve, dovrebbe servire, per capire che se manca nella nostra vita la presenza di Dio, tutto va a rotoli. Pertanto, credere a questo e dire questo è ancora una volta opera evangelizzatrice.
Un’altra considerazione che vedo importante.
Il matrimonio, se ben vissuto, ci insegna pure come deve essere la nostra preghiera, quella genuina, quella con la quale dovremmo mostrare il nostro rapporto intimo con il Signore. La preghiera, infatti, non consiste tanto nelle formule, che pur ci vogliono perché aiutano a mantenere il rapporto con lui, quanto nell’intimità del rapporto medesimo.
Cosa voglio dire con questo?
Come gli sposi vivono la loro intimità, spesso arricchita anche di gioioso silenzio, così la preghiera vera ed ottima consiste nel saper stare alla presenza del Signore nel silenzio, ovviamente un silenzio meditativo e amoroso. Solo così egli può riuscire a donarci in pienezza il suo amore. Con ciò avviene un perfetto scambio.
A questo punto, vien pur spontaneo farsi un’altra domanda. A cosa è servito il brano evangelico ascoltato?
Esso vuol portarci a comprendere che Dio ama tutti in maniera definitiva. In lui non ci sono ripensamenti. Egli non guarda alla nostra corrispondenza o meno. Se a noi sembrasse di esperimentare un minor amore di Dio nei nostri confronti, questo non dipende da lui, ma solo dal nostro allontanamento da lui. Egli comunque rimane fedele, non ci abbandona ed è sempre pronto a riaccoglierci.
Ecco che nel matrimonio, proprio perché esso possa essere l’immagine dell’amore di Dio, si tratta di potersi sempre perdonare e riaccogliere, se per ipotesi uno se ne fosse allontanato. Per tale motivo non è lecito il ripudio e il divorzio, appunto perché l’amore di Dio non fa mai divorzio con noi.
Il modo di evangelizzare
Ora passiamo al nostro modo specifico per evangelizzare.
Pocanzi, mettendo le basi teologiche, a volte abbiamo pure applicato alla nostra vita. Ora vogliamo allargare la stessa riflessione riferendola all’ISF.
A questo punto si tratta di riprendere lo Statuto che al secondo paragrafo del n.32 dice: “I membri ricorderanno sempre che mentre esercitano l’apostolato con la loro azione per l’evangelizzazione e la santificazione degli uomini, dovranno unirlo alla propria santità personale, in quanto chi santifica se stesso contribuisce alla santificazione di tutta la Chiesa”.
L’espressione di unire all’azione apostolica la santità personale, combacia pure con quanto ho detto pocanzi e che ripeto: “Anche senza specifiche azioni apostoliche esterne, la coppia che si ama alla maniera e ad immagine di Dio, emana ed irradia comunque l’amore di Dio, e quindi di fatto è già evangelizzatrice”.
Con questo non si vuole escludere l’azione apostolica, che è sempre doverosa. Ma siccome non a tutti e sempre è possibile, siccome a nessuno è possibile fare tutto quello che viene suggerito, a volte rimane solo l’impegno del cammino di santità, cosa che non può essere esclusa da nessuno, in quanto è la vocazione universale.
Sappiamo che la santità consiste nell’essere in sintonia con la volontà di Dio. Pertanto l’accettare con amore la situazione nella quale ci troviamo, quella di non poter fare nulla in parole ed in azioni apostoliche, anche questo è cammino di santità.
È quello che pure dicevamo nella meditazione dello scorso mese, con queste parole che riporto: “Anche se per tanti motivi a qualcuno non è possibile un intervento apostolico esterno e visibile, pur tuttavia, se vive coerentemente la propria vita personale, coniugale e familiare, può egualmente contribuire ad annunciare la buona novella, facendo questo a modo di fermento”.
Ecco che torna il fermento pure pocanzi accennato. La sua caratteristica è quella di esserci ma di non fare chiasso, il suo silenzio, che però è operoso, rende più buono, saporito e gustoso il pane.
Vi sono tanti tipi di apostolato che lo Statuto elenca al n.34.
Cita per primi quelli che hanno maggiore importanza, e sono la preghiera, il sacrificio, il buon esempio, con queste parole: “La preghiera che è l’anima dell’apostolato; il sacrificio che è la legge fondamentale della vita apostolica; il buon esempio, che è la predica silenziosa che parte dalla vita e va a riformare la vita”.
Riguardo al buon esempio, concludo con le parole della precedente riflessione: “Gli altri dovrebbero essere edificati dallo stile di vita vissuto da tali persone che, senza chiasso e interventi di sorta, sono diversi da loro”.
Che bello apostolato è questo!