A cura di Alfio e Anna
Continuiamo il nostro cammino di riflessione sulla liturgia, sulla santa messa.
La volta scorsa ci siamo soffermati a riflettere sulla colletta e abbiamo visto un pochino la storia, il suo significato e abbiamo anche ricordato che possibilmente è importante che venga cantata perché è il momento in cui il sacerdote riunisce tutte le intenzioni dell’assemblea e le intenzioni della chiesa locale della chiesa universale e pienamente inserito nel mistero liturgico che si celebra quella domenica o quella festa o quella solennità. La risposta cantata aiuta alla coralità propria della colletta, un conto è dire amen magari un po’ sbiascicato per abitudine appunto un conto è dire “A-men!” (cantando) e dunque aiutare l’assemblea e aiutare tutti noi a vivere in maniera corale la preghiera di tutti di ciascuno e della santa chiesa e appunto anche a immergerci nei misteri che celebriamo e che il Signore ci dona.
Questa sera iniziamo ad aprire quella che è la prima mensa secondo il concilio che è la mensa della Parola (S. C. n° 51).
Nella liturgia della Parola la sua struttura vera e propria ha avuto un lungo lavorio. All’inizio le prime comunità non utilizzavano soltanto due letture intervallate da un salmo come facciamo noi ma da molte letture anche perché alcuni credenti venivano anche dal giudaismo ed era buona abitudine che ci fosse una grossa proclamazione della Parola anzi c’è stato subito uno stretto legame tra la Parola di Dio e la liturgia. Per esempio San Paolo nella lettera ai cristiani di Efeso, gli efesini, ed ai cristiani di Colossi, i colossesi, utilizza degli inni delle eulogie (vd gli inni a Dio che noi conosciamo che recitiamo per esempio nel vespro “benedetto sia Dio e Padre del Signore nostro Gesù Cristo” (Ef. 1,3ss).. ecco dicono gli esegeti che molto probabilmente questi erano inni delle comunità che san Paolo ha fatto suoi e ha elaborato per illustrare per esempio la teologia importantissima della creazione e della ricapitolazione in Gesù Cristo, quindi c’è uno stretto legame tra la Parola e la liturgia.
Successivamente poi soprattutto con l’avvento delle prime grandi persecuzioni spesso venivano anche letti gli “Acta” dei martiri durante la liturgia della Parola perché era importante per la comunità capire e ricordare - anche se al momento quella non era Parola di Dio - i fratelli e le sorelle che come frumento, come pane spezzato, si erano offerti nel sacrificio estremo della vita e tutti noi sappiamo che alcuni martiri hanno ricevuto il “battesimo del sangue”, venivano battezzati proprio con il dono estremo di sé a causa e per Cristo.
Questo è importante perché ci fa capire come innanzitutto il sacramento principale cardine del battesimo non veniva vissuto alla leggera ma addirittura prima era tenuto in gran conto il dono di se estremo con l’effusione del sangue con il dono della vita. Erano altri tempi persecuzioni diverse da quello di oggi ma che ancora oggi ci sono in altre zone non in Italia - noi in Italia siamo perseguitati in altro modo - ma fuori i nostri fratelli e sorelle soffrono ancora le persecuzioni; in terra santa in Egitto i cristiani copti vengono spesso perseguitati, vessati, bruciate le loro chiese.. lo stesso accade in Pakistan. Abbiamo tanti fratelli e sorelle che ancora oggi vivono il martirio. Comunque al di là di questa riflessione c’è stato sempre un legame stretto tra la vita della comunità e la Parola e attorno più o meno al terzo secolo con padri che hanno cominciato a sistematizzare anche la riflessione teologica con grande dispute apologetiche contro le correnti ereticali che si snodavano all’interno delle comunità cristiane, Agostino, san Giovanni Crisostomo, S. Ambrogio, sono stati i primi a ridurre e sistematizzare la liturgia della Parola. Abbiamo testimonianze dei primi accenni che in alcuni periodi dell’anno come per esempio la quaresima veniva letto il Genesi e in alcuni momenti forti della quaresima veniva letto Giobbe, quindi già le comunità assistite dall’azione dello Spirito Santo, incominciano a sistematizzare una lectio continua della Parola finché poi con la grande riforma di Gregorio Magno ed infine con il Concilio Vaticano II si è arrivati al punto in cui il concilio ricorda proprio nel suo documento primo, la Sacrosanctum Concilium, di fare in modo che attraverso i tre anni A B C, l’anno A quello che stiamo iniziando adesso, venga dato il più possibile molto nutrimento della Parola all’assemblea e la Sacrosanctum Concilium dice proprio al n. 51 “in un determinato numero di anni si legga al popolo la maggior parte della sacra scrittura”. Abbiamo questa grande grazia e questo è importante perché il fatto di donare all’assemblea al popolo la mensa della Parola si rifà a molti aspetti della Parola stessa ma ricordo soltanto un paio di “passi”, il primo quello di Gesù nel vangelo di Matteo a cap. 4 v. 4 quando dice appunto “non di solo pane vive l’uomo ma di ogni Parola che esce dalla bocca di Dio”. Questa affermazione di Gesù è stata presa molto molto sul serio da molti padri della chiesa anche da S. Girolamo e da San Cesario di Arles, che avevano una custodia una cura particolarissima della Parola - coloro che hanno fatto il corso del ministero di fatto lo sanno bene - dicevano questi padri: come noi stiamo attenti affinché nessuna parte dell’eucarestia vada a terra così è importante che anche la Parola non cada a terra e che noi siamo ben predisposti all’ascolto.. ecco come ci ha ricordato don Cesare prima, perché la Parola non può cadere perché è un nutrimento fondamentale non di solo pane vive l’uomo. E c’è un’altra affermazione molto bella, molto importante che introduce un altro aspetto vitale della Parola ed è quello di san Paolo quando scrive a Timoteo, nella seconda lettera a Timoteo cap. 3 v. 16 quando dice che “tutta la Parola è ispirata da Dio”; è interessante ricordare che s. Ambrogio nel suo trattato allo Spirito Santo ricorda che non ha soltanto il significato passivo ma anche attivo. Il termine greco Theupneustos ha anche un significato attivo; che significa? Significa che la Parola di Dio non è soltanto ispirata a Dio ma la Parola di Dio ti dona Dio, è spirante Dio, ti dona lo Spirito Santo.
Voi vedete che questo cambia molto perché la Parola non è soltanto qualcosa che Dio ci dice qualcosa con cui Dio si comunica, no è qualcosa con cui Dio si dona a ciascuno di noi, questo comporta nella liturgia della Parola una particolare attenzione. Cosa comporta ad esempio nella prassi? Comporta che chi proclama ovviamente sia ben preparato spiritualmente anzitutto e poi tecnicamente, non si arriva improvvisati a fare il lettore, può succedere che una domenica si arrivi alla spicciolata per cui per cause non ordinarie non ci sta un turno non ci sta un ministrante però deve essere un’eccezione. E’ brutto quando si va a leggere uno alla volta alla messa; non funziona così. Il ministero abilitato del lettorato ha bisogno delle persone che svolgono questo ministero che si avvicinino tutte insieme all’ altare - se c’è una processione sfilano anche in processione – e si mettono seduti vicino all’ambone e aspettano il loro turno di proclamazione della Parola perché la Parola è un ministero importantissimo un ministero che consente non solo di far sentire quello che Dio ci vuole dire ma di comunicare Dio stesso.
Questo è grandissimo ed è una responsabilità enorme; quindi questo comporta preparazione spirituale, leggere la Parola che siamo chiamati a proclamare, meditarla, farla nostra, questo significa che è un conto che io faccia una lettura tecnica - magari so anche leggere bene posso anche aver fatto degli studi di dizione è molto importante ma non basta - la Parola deve diventare mia, mi deve scavare dentro, mi deve mettere in crisi, mi deve provocare quella Parola, mi deve portare a una conversione, io devo arrivare alla Parola con timore e tremore non la paura ma il timore di Dio io devo capire che Dio parla a me parla ai fratelli parla alle sorelle è un momento importante e a noi come assemblea. Avere quell’accortezza quell’attenzione di non distrarci di essere focalizzati su quella Parola che viene proclamata. C’è un dono dello Spirito Santo che ben focalizza questo. Trai sette doni dello Spirito Santo, il primo dono “esperienziale” è quello del Timor di Dio.. capire che Dio è Dio e io sono la creatura e comporta una sorta di rispetto di sapere stare al mio posto. Poi viene il dono della Pietà - legato strettamente al dono del timore di Dio - che è la tenerezza del Padre, che Dio non è soltanto Dio l’Altissimo ma anche l’Abbà, mio Padre e poi il dono su cui vorrei porre la vostra attenzione - ed è qui il punto su cui dobbiamo crescere tutti - è il dono di Scienza. Il dono di Scienza non è il dono inteso in senso galileano del conoscere le cose ma è il dono di intuire nello Spirito Santo quello che Dio ci vuole dire ed è un dono che la Parola alimenta più la frequentiamo. Il dono di Scienza sono quelle riflessioni nello spirito che immediatamente ti fanno fare discernimento ci portano all’intelletto alla sapienza alla fortezza al consiglio. Il dono di Scienza cioè la capacità di intuire, di avere questa intuizione nello Spirito, di sapere quello che Dio mi sta dicendo quello che Dio vuole nelle situazioni della vita. Il dono di Scienza, un dono delicatissimo; noi siamo molto grossolani ci distraiamo con tante cose con tante letture profane, la televisione, e tanta dissipazione… rischiamo di vanificare il dono di scienza, la capacità di vedere quello che Dio vede. Vanifichiamo la capacità di avere la possibilità di “intuire” Dio - San Bonaventura la chiamava con un termine molto bello parlava di co-intuitio - ; questo è bellissimo, sapere intuire con il Signore e questo è un dono della Parola a me che sono chiamato a te sorella a te fratello che sei chiamato al ministero tanto più a coloro che hanno un ministero istituito. E’ importante accostarci alla Parola con preparazione con attenzione non banalizzare.
Ecco in ultimo non mi dilungo ancora tanto perché poi lo riaffronteremo… un altro aspetto molto importante che è legato alla liturgia della Parola è l’omelia; riguardo a questo tema la Sacrosanctum Concilium al n. 56 dice: le due parti che costituiscono un certo modo la messa c’è la liturgia della Parola la liturgia eucaristica sono congiunte tra di loro così strettamente da formare un solo atto di culto perciò il Sacro Concilio esorta caldamente i pastori di anime a istruire con cura i fedeli della catechesi perché partecipino a tutta la messa – specialmente alla domenica e alle feste di precetto e papa Francesco nell’ultima esortazione apostolica Evangelium Gaudium dal 135 al 144 dedica tutto un ampio spazio all’omelia. Poi, di fatto, la prima spiegazione di cos’è l’omelia ce la sta donando il Santo padre nella messa del mattino a Santa Marta con queste omelie così intense, brevi e intense; se l’omelia si prolunga troppo dice il santo padre nella E. G. danneggia due caratteristiche della celebrazione liturgica l’armonia fra le due parti e il ritmo, infatti quando il concilio ci diceva prima che i pastori di anime devono preparare con la catechesi ricordava che l’omelia non è una catechesi in senso stretto è legata, infatti, alla liturgia della Parola e ha un altro ambito. Certo ci possono essere occasioni in cui il pastore non ha altro modo di incontrare il suo gregge e l’omelia può essere luogo di catechesi, ma la catechesi ha dei tempi più dilatati, l’omelia ha dei tempi più ristretti ti dona la attenzione e la concentrazione specifica sulla Parola proclamata!
Dunque aiutiamo i nostri pastori, con amore e carità, a ricordare questa attenzione specifica del Ministero della Parola, spezzata, fruita, donata.
Paul Freeman