Questo piccolo momento di formazione sulla liturgia ci serve per vivere meglio i misteri che Dio ci consegna, questa sera non vorrei aggiungere cose nuove soltanto qualche piccola sottolineatura e qualche piccolo ripasso di ciò che abbiamo detto.
Quando pensiamo ai consigli evangelici: povertà, castità e obbedienza, pensiamo sostanzialmente alla vita religiosa, ai frati, alle monache, alle suore o a forme di vita consacrata, anche laicale, ed è giusto che sia così, però è un pochino improprio o per lo meno limitato perché in realtà i consigli evangelici sono donati a ciascuno di noi con il battesimo e tutti siamo chiamati ad essere obbedienti, casti e poveri.
Certo la modalità di espressione dei consigli evangelici variano per ordine e grado. La castità di una monaca di clausura sarà diversa da quella di una madre di famiglia, ma entrambe nascono da una unica sorgente: Gesù casto totalmente donativo.
Non possiamo trattare, ovviamente, questa sera, anche perché ci porterebbe fuori tema, la disamina di questi tre consigli evangelici però vorrei riflettere su un consiglio evangelico che a me pare sia legato molto alla liturgia che non è soltanto quello dell’obbedienza che deriva dal laitno ob-audire cioè ascoltare attentamente; “Ascolta Israele” abbiamo cantato in ebraico “Shemà Israel”:
Ascolta Israele,
il Signore è nostro Dio,
il Signore uno solo
Tu amerai il Signore Dio tuo
con tutto il cuore con tutta l’anima e con tutte le forze”..
con tutto il cuore con tutta l’anima e con tutte le forze. Il cuore nella Bibbia si dice lev (לב) e sarebbe il profondo del centro affettivo e anche il centro della volontà, l’ anima non è soltanto lo spirito (ruah) ma anche neshamàh che in ebraico indica ciò che veramente ci rende immagine di Dio, capace di intelletto di riflessione.
Il consiglio evangelico su cui brevissimamente vorrei riflettere con voi è quello della castità.
E’ strano come noi vivendo in un’epoca estremamente piena di corporeità, di fisicità, di sovra-espressione del sesso però in realtà, nei confronti del corpo e della corporeità, siamo quasi bloccati, superficiali, approssimativi.
Oppure abbiamo una cattiva educazione, siamo liturgicamente maleducati, letteralmente parlando, cioè non ci rendiamo conto che il nostro corpo - come sto facendo io con la gestualità - esprime qualcosa; e questo è verissimo nella liturgia. Nella liturgia abbiamo dei momenti in cui stiamo seduti dei momenti in cui stiamo in ginocchio, dei momenti in cui stiamo in piedi, il nostro corpo esprime qualcosa.
Lo stare seduti non vuol dire stò comodo, aahh, ora mi metto comodo, ma significa: mi metto in maniera tale che posso ascoltare la parola di Dio con attenzione, sono pronto. Non posso stare seduto in forma “sbracata”, mancherei, appunto, di castità, cioè non userei il mio corpo per l’Amore a cui sono chiamato.
La stessa cosa riguarda lo stare in piedi. Lo stare in piedi è un gesto molto importante nella liturgia, quando viene proclamato il Vangelo sia nella liturgia, nella santa messa e/o nella paraliturgia, anche con i giovani, non possiamo stare seduti è importante che ci alziamo in piedi, perché lo stare in piedi è il gesto dei risorti di coloro che dicono: ora arriva il più importante che è Cristo che parla e quindi mi alzo in piedi verso di Lui e non sto seduto più comodo ma desto!
Mi alzo in piedi perché sono pronto, perché lo stare in piedi è il gesto della dignità, è il modo, il segno che ho per polarizzare la mia vita e dire: Cristo eccomi! Eccomi! Sono pronto per ascoltarti e dipendo totalmente dalla tua parola, dalle tue labbra.. ecco perché è importante lo stare in piedi l’avevamo già detto, però lo ripeto. Il primo gesto nella liturgia nella chiesa antica non era lo stare seduti o in ginocchio ma era lo stare in piedi; per tutte le letture si stava sempre in piedi, in quasi tutta la liturgia si stava in piedi continuamente, poi per venire incontro alla capacità di sapere ascoltare si è proposto di stare seduti in alcuni momenti ad esempio nella prima parte delle letture della parola, all’omelia e così via però il gesto effettivo è lo stare in piedi. Neanche lo stare in ginocchio era contemplato, questo gesto/atteggiamento è nato in maniera più sistematica tardivamente, più o meno nella metà del medio evo quando appunto si è sviluppata l’adorazione eucaristica.
Nella Bibbia invece è contemplato un altro gesto che non viviamo nella liturgia anche per motivi organizzativi ma che sarebbe molto bello e molto casto viverlo nella preghiera personale cioè, la prostrazione.
Quello che è importante è ricordarci che la castità non è qualcosa di sottrattivo; certo ci sono anche delle rinunce, ma la rinuncia non è per il no è per il si! E’ per amare meglio è per dire si a Dio è per fare che il mio corpo, la mia carne, la mia “ciccia” dica si a Dio e quindi è importante che nella liturgia comune si esprima una certa armonia.. il mio corpo, i miei gesti, il segno di croce fatto non di corsa fatto lentamente, perché significa che io appartengo alla Trinità che la Trinità mi segna e sono marchiato col fuoco dell’amore della Trinità.
Lo stare in piedi, lo stare seduti, lo stare in ginocchio.. ed io invito, quando è possibile, nella preghiera personale non siate “avari” ma generosi, casti, amanti. Impariamo dai santi, a prostrarci, a piangere a urlare, non troppo magari però se state a casa, dunque… impariamo a manifestare con il nostro corpo tutto quello che può essere un’espressione di amore nei confronti del Signore, non siamo avari, non siamo tirchi nei gesti, bloccati, paralizzati, ingessati. La castità è dire si a Dio e dirlo anche con il mio corpo, ecco perché nella liturgia è importante, io invito ovviamente tutti a vivere questi gesti ce lo dice la chiesa, anzitutto, quindi facciamo obbedienza; tutti.
Anche nei momenti di paraliturgia è importante che con i giovani li educhiamo. I nostri giovani stanno un po’ “sbracati” sulle panche della chiesa, a volte sembra che stanno al bar ma questo, come ben capite, non va bene. Dobbiamo educarci noi ed educare loro che quello è un momento diverso. Anche l’educazione attraverso i gesti, che non è formalità, ma è espressione di un amore del cuore profondo e questo aiuta paradossalmente anche i giovani ad essere più casti. Usando bene il corpo nella liturgia i giovani (e anche noi) capiamo meglio la castità, capiamo meglio la purezza perché entriamo ed entrano in un modo diverso di ragionare: entrano nel senso del sacro.
Certo, tutta la vita è sacra perché tutto appartiene a Dio ma ci sono dei momenti specifici che io do al Signore momenti in cui con la mia carne con tutto il cuore con tutta l’anima con tutte le mie forze dico si al Signore nella mia vita, e i giovani lo imparano se noi lo viviamo se per noi non è formalità ma è, piuttosto: “non posso non farlo, non posso non alzarmi in piedi al vangelo perché è Cristo che parla”.. e allora lo faranno anche loro perché vedono che io lo faccio con il cuore, lo faccio con l’amore, con la passione.
Ci sono ovviamente dei piccoli accorgimenti, a volte alzarsi così immediatamente può essere occasione di distrazione; come fare? Allora ci viene incontro l’acclamazione al vangelo; anche se si sta in una paraliturgia quando si proclama il vangelo come abbiamo fatto questa sera si canta un'acclamazione, per esempio un Alleluia, che aiuta il momento dell’ alzarsi in piedi del movimento dell’alzarsi dalle panche, così si copre un pochino il rumore e non si perde né ritmo né concentrazione.
Ecco ci sono tante strategie però quello che era importante dire questa sera mi pareva proprio questo:
la castità è per tutti non è mai sottrattiva ma è sempre un sì! e questo è un modo che ha il nostro corpo, la nostra vita, la nostra carne di esprimere l’amore per il Signore. Nella liturgia (pubblica e personale) avviene attraverso i gesti; cerchiamo di essere casti cioè di fare gesti in più (sobri e attenti) e di vivere questi gesti con amore, con rigore, con passione, con presenza, con tutta l’anima, con tutto il cuore.
Paul Freeman