Omelia delle domeniche e feste Anno A
"Vieni al Padre, fonte di Misericordia"
20 aprile 2024 * S. Agnese da Montepulciano
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28 Invitati a nozzeTesti liturgici: Is 25, 6-10; Fil 4, 12-14.19-20; Mt 22, 1-14
Quando noi facciamo una festa, qualsiasi festa, ed invitiamo le persone care a non mancare, siano esse parenti ed amici. Ci teniamo tanto che, se anche una sola di esse mancasse, ne saremmo molto dispiaciuti.
Nella realtà, potrebbero esserci sempre persone che mancano, si tratta, però, di conoscerne il perché.
Se la mancanza avvenisse a causa di forza maggiore, pur dispiacendoci, siamo comprensivi e li scusiamo. Ma se avvenisse per motivi futili, non solo ci dispiacerebbe, ma rimarremmo delusi ed in un certo senso pure offesi.
Proprio per tal motivo la festa, di colpo, diventerebbe meno festa.

Nella parabola anche Gesù parla di una festa, addirittura di una festa di nozze, quella del re che invita alle nozze del figlio. Nella realtà sottintesa, il re non sarebbe altro che Dio Padre, ed il figlio non sarebbe altro che Gesù stesso.

In cosa consistono queste nozze?

Consistono nel celebrare la festa dell’amore. Il Signore Dio Padre invita a partecipare alla festa del suo amore espresso attraverso il Figlio (le nozze, infatti, sono il sigillo dell’amore). Il non andarci vuol dire che non vogliamo accogliere il suo Amore, significa la nostra incapacità di amare sia lui che gli altri.

Se nella vita togliamo l’amore, non rimane altro se non l’infelicità e la scontentezza, un tipo di morte. Ed ecco come la parabola lo spiega chiaramente: “Allora il re si indignò, mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città”.

Questo per dire che gli invitati, essendo mancati, moriranno miseramente nel senso che saranno infelici nella vita, molti anche senza rendersene conto. La più grande nostra miseria, infatti, è proprio quella di non desiderare l’Amore di Dio e di non fare il necessario per accoglierlo.

Ebbene, questo invito ci viene fatto continuamente, perché ognuno di noi è importante per il Signore. Egli ha pensato ad ognuno di noi per fare questo tipo di festa, ha già spedito l’invito, ci attende puntuali all’incontro.

È vero che in tante maniere si può far festa, ma il Signore ci ha indicato un giorno ed un modo privilegiato per metterlo in pratica. Questo giorno è la domenica ed il modo privilegiato per fare tale festa è la partecipazione all’Eucaristia, alla Santa Messa.

È vero che tutti considerano la domenica quale giorno di festa e non vedono l’ora che arrivi. Ma questa festa è per accogliere l’amore di Dio, o è per fare il proprio comodo?

Diciamolo chiaramente, quante scuse, quanti motivi non giustificabili per tralasciare la Messa!

Pur tuttavia, anche se vi partecipiamo, si tratta anche di vivere con coerenza la nostra fede ed il nostro amore, non solo verso il Signore ma anche verso gli altri. Il parteciparvi non è solo una formalità, il compimento di una pratica esteriore, ma sta nel vivere e nel voler continuare a vivere nella volontà di Dio, rimanendo nella sua grazia.

Ed ecco, a tal proposito, spiegato dalle successive parole: “Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l’abito nuziale. Gli disse: Amico, come mai sei entrato qui senza l’abito nuziale?”.

Anche lui muore miseramente. È vero che ha partecipato al banchetto, ma non vive nell’amore di Dio, ed ecco le successive parole: “Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà piano e stridore di denti”.

Si tratta di rendersene conto, pentirsi e ritornare al Signore.

È quello che cerca di inculcare il profeta Isaia agli Israeliti esiliati, dicendo che il Signore non li ha abbandonati, ma che potranno ritornare.

Lo spiega attraverso l’immagine di un pranzo solenne, così descritto: “Un banchetto di grasse vivande, di vini eccellenti, di cibi succulenti, di vini raffinati”.

Questo vale per ognuno di noi. Anche se per un certo periodo ci fossimo praticamente un poco allontanati dall’amore di Dio, egli è sempre pronto ad accoglierci nuovamente.

Sac. Cesare Ferri rettore Santuario San Giuseppe in Spicello

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"... io piego le ginocchia
davanti al Padre,

dal quale ogni paternità
nei cieli e sulla terra." (Ef. 3,14-15)

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