Omelia delle domeniche e feste Anno A
"Vieni al Padre, fonte di Misericordia"
20 aprile 2024 * S. Agnese da Montepulciano
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29 Tributo a CesareTesti liturgici: Is
45, 1.4-6; I Ts 1,1-5; Mt 22, 15-21
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Oggi troviamo Farisei ed Erodiani, due posizioni diverse non sempre in accordo fra di loro, ma in questo caso strettamente uniti nell’essere contrari alla persona ed agli insegnamenti di Gesù.
L’episodio di oggi viene subito dopo quello di domenica scorsa, quello riguardante il banchetto che il re aveva organizzato per le nozze di figlio suo.
Era stata una parabola di tipo polemico, in quanto coloro che avevano rifiutato l’invito sarebbero stati proprio loro, e lo hanno capito benissimo. Ecco perché oggi, si vogliono vendicare, trovando un tranello per cogliere in trappola Gesù.
Cominciano con una domanda che di fatto non è sincera e per di più è anche ironica: “Maestro, sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo verità”.

Ed ecco la domanda a modo di trabocchetto: “Dicci il tuo parere, è lecito, o no, pagare il tributo a Cesare?”.

Perché era un trabocchetto? Perché in qualsiasi modo avesse risposto, avrebbero trovato un capo d’accusa.

Se avesse risposto di “sì”, sarebbe stato accusato quale amico dell’imperatore di Roma e quindi non favorevole al loro popolo.

Se avesse risposto di “no”, sarebbe stato denunciato presso l’imperatore come persona ribelle alla legge.

Come sempre, Gesù trova la via per uscirne fuori, non tanto rispondendo ma girando lui stesso una domanda a loro.

Questo non vale forse anche per noi, per certe domande che poniamo al Signore?

Quante volte vorremmo conoscere e sapere dal Signore la ragione per cui ci capitano certe cose, sapere perché le cose non vanno come vorremmo noi, sapere perché a volte va tutto a rovescio.

Anche a noi il Signore spesso non risponde e gira la domanda chiedendoci: “Tu come ti comporti? Non credi che ti voglio veramente bene? Ti stai convertendo giorno dopo giorno? Nella tua vita ami veramente tutti? Cerchi di conoscere e fare sempre la mia volontà?”.

Perché andiamo a fare certe domande?

Può forse il Signore abbandonarci? Se ci ha chiamato per nome, se cioè ci conosce talmente bene, che neppure noi riusciamo a conoscerci altrettanto?

Ce lo ha detto attraverso il profeta Isaia: “Io ti ho chiamato per nome, ti ho dato un titolo, sebbene tu non mi conosca. Io sono il Signore e non c’è alcun altro”.

Ed allora da non dimenticare quanto abbiamo ripetuto nel salmo responsoriale: “Grande è il Signore e degno di ogni lode”.

Chiudiamo con un’altra espressione, tratta dalla seconda lettura con cui Paolo ringrazia i Tessalonicesi con queste parole: “Rendiamo sempre grazie a Dio per tutti voi, ricordandovi nelle nostre preghiere e tenendo presenti l’operosità della vostra fede, la fatica della vostra carità e la fermezza della vostra speranza”.

Sono le tre virtù teologali delle fede, speranza e carità, virtù che tutti noi siamo chiamati a mettere in pratica, per poterci dire veri cristiani.

Notiamo bene gli aggettivi. Fede “operosa”, non quindi qualcosa fatta di belle idee ma sterili, che non cambiano la realtà.

Speranza “ferma”, cioè capaci di non farcela rubare, guai se ci lasciamo rubare la speranza di un domani migliore.

Carità “faticosa”, perché il vero amore non è mai qualcosa di semplice, ma richiede la lotta ed un impegno costante.

Sac. Cesare Ferri rettore Santuario San Giuseppe in Spicello

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"... io piego le ginocchia
davanti al Padre,

dal quale ogni paternità
nei cieli e sulla terra." (Ef. 3,14-15)

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