Testi liturgici: At 2,22-33; Sl 15; I Pt 1,17-21; Lc 24, 13-35Per il documento: clicca qui
Penso che tutti nella vita ci siamo resi conto di una cosa, che quando siamo nella gioia, per un fatto positivo avvenuto o per una bella esperienza vissuta, non siamo capaci di tenerlo per noi, ma sentiamo il bisogno di comunicarlo a qualcuno, almeno alle persone che ci stanno più vicine.
È proprio quello che è capitato agli apostoli. Dopo aver veduto Cristo risorto, non potevano tener per sé la straordinaria esperienza; ecco, perciò, che diventa comprensibile il discorso di Pietro che abbiamo ascoltato. Ad un certo punto dice: “Questo Gesù, Dio lo ha risuscitato e noi tutti ne siamo testimoni”.
Nel contempo, sempre nel suo discorso, Pietro invita tutti a fare la medesima esperienza. Oggi, ovviamente, questo invito è rivolto a noi.
Siamo chiamati ad incontrare Cristo risorto, chiaramente non con gli occhi del corpo, ma con quelli della fede, di modo che possiamo dare testimonianza del fatto a coloro che ancora non l’hanno incontrato.
In cosa consiste questo incontro e come si diventa testimoni verso gli altri?
Si tratta di credere veramente, non solo con la testa ma con la vita, che Gesù è risorto ed sempre vivo e operante in mezzo a noi.
Dobbiamo stare attenti a non fare l’errore iniziale dei due discepoli, di cui nell’episodio evangelico.
Il loro errore è stato quello di credere che, con la morte, Gesù avesse interrotto il suo cammino per mantenere le promesse. Lo evidenziano attraverso le parole che pronunciano: “Noi speravamo che egli fosse colui che avrebbe liberato Israele…”.
La conseguenza è che sono pervasi di tristezza, e quindi sono rassegnati; manca in loro la gioia di credere che il Signore è sempre presente in mezzo a loro, anche se non sembrerebbe; l’episodio lo ha dimostrato: “Mentre conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro. Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo”.
Non avevano ancora capito che quello capitato a Gesù, era un ulteriore tappa del suo cammino per la nostra salvezza. Pertanto, era una cosa prevista e che doveva capitare!
Gesù, al loro fianco e sempre nell’anonimato, cerca di farlo capire, spiegando le scritture.
Quante volte anche noi, nel corso della vita, siamo delusi e, più o meno palesemente, diciamo: “Ci speravo a quella cosa, ma ormai… non c’è più niente da fare. Ho perso ogni speranza. Bisogna rassegnarsi”.
Guai a rassegnarsi! Sarebbe una sconfitta! Bisogna arrivare ad una accettazione la quale, a sua volta, diventa una vittoria, perché solo così il Signore può agire liberamente a nostro vantaggio, seco0ndo il suo amorevole disegno.
La rassegnazione dà tristezza, mentre l’aver capito la verità di una cosa ed accettarla, nonostante la difficoltà che comporta, rasserena interiormente.
Dobbiamo imparare ad accettare tutto e mai a rassegnarci, impegnandoci, ovviamente, anche a svolgere la nostra parte perché tutto si risolva in bene.
Per riuscire in questo, abbiamo bisogno di capire le Scritture, cioè abbiamo bisogno di ascoltare la Parola di Dio. Ecco perché ogni domenica ci riuniamo: per ascoltare questa Parola e, attraverso di essa, dare un senso alla nostra vita quotidiana e a tutto quello che capita nel mondo.
Pertanto, anche se nella vita ci sono prove e sofferenze, dobbiamo pensare che tutto potrebbe diventare occasione per conoscere e comprendere meglio l’amore del Signore.
Possiamo, allora, essere credibili nella testimoniare la presenza del Signore Gesù in mezzo a noi?
Certamente, ma ad una condizione. La nostra testimonianza sarà tanto più credibile quanto più traspare il nostro modo di vivere evangelico, gioioso, coraggioso, mite, pacifico, misericordioso.
L’incontro domenicale, lo ripeto, attraverso la Parola, come riconosciuto dai due discepoli: “Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?”; e attraverso la celebrazione eucaristica: “Quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono i loro occhi e lo riconobbero”.
Ogni domenica siamo qui per questo, per conoscere sempre meglio il Signore.
Sac. Cesare Ferri rettore Santuario San Giuseppe in Spicello