Testi liturgici: At 6,1-7; Sl 32; I Pt 2,4-9; Gv 14, 1-12Per il documento: clicca qui
Ci poniamo subito una domanda: “Siamo sempre andati d’accordo con tutti? Non ci sona stati mai malintesi nella nostra vita, proprio con nessuno?”.
Fosse vero! Ma purtroppo, da che mondo è mondo, sia in famiglia che nel luogo di lavoro, sia nella società che nella chiesa, ci sono state e ci saranno sempre tensioni; l’importante è trovare modo di farvi fronte e superarle.
Con questo atteggiamento ci accorgeremo che pure i dissapori, se mossi e animati da carità vicendevole, possono servire per il meglio.
Abbiamo ascoltato che anche la Chiesa delle origini ha dovuto affrontare tensioni e dissensi: “Aumentando il numero dei discepoli, quelli di lingua greca mormorarono contro quelli di lingua ebraica perché, nell’assistenza quotidiana, venivano trascurate le loro vedove”.
Vi era scontentezza nella comunità cristiana, cosa che ha spinto alla mormorazione.
Anche noi siamo soliti mormorare? Ma quale tipo di mormorazione facciamo?
Ci sono tre tipi di mormorazione: una cattiva, la seconda meno buona, la terza necessaria e doverosa, utile e costruttiva.
La prima è quella che viene da un cuore cattivo, un cuore senza carità, senza benevolenza e comprensione; proviene da un cuore senza misericordia, un cuore peccaminoso e triste, un cuore che proietta e scarica le proprie colpe e i propri rimorsi sugli altri.
Questa specie di mormorazione la potremmo chiamare diabolica, perché non costruisce nulla e crea sempre maggiori scontentezze e divisioni.
La seconda è quella che viene da un cuore non cattivo, ma neppure buono. Un cuore che non vive pienamente la carità e a cui non interessa il bene degli altri. Non si affligge per i peccati del prossimo, però ne parla. Non si pone il problema di come si possa intervenire per aiutarlo, ma parla senza risolvere e costruire nulla, parla solo per eccessiva superficialità e leggerezza.
In genere, le nostre mormorazioni sono di questo tipo. Esse, come si suole dire, non portano danno a nessuno, però neppure fanno il bene; sono il segno che non amiamo veramente.
Invece, tutti siamo chiamati a fare il bene e mai a perdere tempo in chiacchiere inutili.
Pertanto, se parliamo dei difetti degli altri nei modi dovuti, e cioè come gesto di carità, diventa necessario, doveroso ed utile, proprio per trovare modo di poterli aiutare.
Doveroso, nel senso che dobbiamo costatare certe situazioni di male; necessario, per poter cercare di cambiare certe situazioni; utile, in quanto non ci si ferma a parole sterili, ma, parlandone con chi di dovere o con chi può fungere da intermediario, si cerca di risolvere quello che non va.
Sotto questo profilo, quella dei discepoli di lingua greca è stata utile e costruttiva.
Di conseguenza, gli apostoli hanno dovuto prendere in mano la situazione, hanno convocato una riunione per risolvere la questione, e sono arrivati ad una condivisione di compiti. Partendo da un conflitto, è iniziata una grande ricchezza per la Chiesa: l’istituzione dei diaconi.
I vari conflitti che possono sorgere fra di noi, si risolvono confrontandosi e pregando. Le chiacchiere, le invidie, le gelosie non potranno mai portare alla concordia, all’armonia e alla pace.
L’importante è che il fondamento della nostra vita poggi su una pietra angolare, come ascoltato: “Ecco io pongo in Sion una pietra d’angolo, scelta, preziosa, e chi crede in essa non resterà deludo”.
Questa pietra è Gesù Cristo. Solo se al centro e a fondamento mettiamo lui, rinunciando ai nostri esclusivi comportamenti e punti di vista, supereremo qualsiasi tipo di conflitto.
Comunque, ammesso pure che ci troviamo in mezzo a tante difficoltà, Gesù ci dice di non aver paura: “Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me”.
Ed allora, sempre avanti in piena fiducia e serenità!
Sac. Cesare Ferri rettore Santuario San Giuseppe in Spicello