Testi liturgici: At 1, 1.11; Sl 46; Ef 1,17-23; Mt 28,16-20Per il documento: clicca qui
“Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo?”.
Quella volta è stato detto ai discepoli che stavano con gli occhi fissi in alto, nella speranza di rivedere Gesù, che era scomparso dietro una nube.
Oggi analoga espressione è rivolta a noi. Il Signore ci dice: “Non perdete tempo inutilmente, andate a fare quello che vi ha detto”.
Cosa ci ha detto?
Ci ripete le stesse parole di quella volta: “Andate, fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli…”.
Cosa era successo quella volta, dopo tali parole?
Lo abbiamo ascoltato. Gesù si distacca dalla vista dei suoi discepoli e da questo mondo. Ascende al cielo, cioè ritorna al Padre dal quale era stato mandato nel mondo a compiere la specifica missione. Ora una nube lo nasconde, ed i discepoli non lo vedono più.
Di fatto, però, non si tratta di una separazione reale: egli rimane ancora con noi, ma questo avviene in una forma nuova, non visibile con gli occhi del corpo, ma constatabile solo con una esperienza di fede.
Diventa allora inutile comportarsi come i discepoli che aspettano di rivederlo fisicamente, come prima, continuando a guardare in cielo, in attesa che la nube scompaia.
Ecco perché sono rimproverati dai due uomini in bianche vesti.
Da quel momento comincia per loro un nuovo tempo; è il tempo della Chiesa; è il tempo che stiamo tuttora vivendo anche noi.
Cosa dobbiamo fare in questo tempo?
In obbedienza alle parole di Gesù dobbiamo andare e fare discepoli tutti i popoli.
È un mandato preciso, non è facoltativo! Dobbiamo essere – è una espressione cara a Papa Francesco – una “Chiesa in uscita”.
Tutti siamo chiamati a questo, anche se in certi stati di vita sembrerebbe impossibile realizzarlo.
Come, ad esempio, nelle comunità di clausura. Pur rimanendo fisicamente dentro le mura di un monastero, sono e devono essere persone in “uscita”. Lo fanno soprattutto con la preghiera a vantaggio di tutti, nel senso che hanno il cuore aperto al mondo e agli orizzonti di Dio.
Anche le persone anziane ed ammalate non possono chiudersi e rattristarsi del loro stato, ma sono invitate ad essere aperti, nel senso che possono offrire con amore al Signore la loro situazione, perché vada a vantaggio di tutti.
A tutti noi Gesù dice: “Con le parole e soprattutto con la vita dimostrate che è bello vivere con me, ascoltare la mia parola, vivere sul mio esempio, desiderare che tutti si salvino. Questo vi è possibile, perché: “Io sono con voi sino alla fine del mondo”.
È presente in modo speciale nella Parola e nella Eucaristia; è presente in ogni persona che incontriamo, come egli stesso ci dice: “Quello che avete fatto al più piccolo dei fratelli, l’avete fatto a me”.
Se fossimo veramente condotti con gli occhi della fede, non ci mancherebbe modo di renderci conto che Gesù è veramente in mezzo a noi e continua a compiere prodigi.
Esercita questa sua presenza soprattutto svolgendo il compito di avvocato.
È proprio bello avere tale avvocato! Infatti, quando si va in causa, la prima cosa che si fa è cercare un valido avvocato.
Il cristiano è sempre in lotta ed in causa, soprattutto con il diavolo. Ebbene, Gesù ci difende sempre; ci difende dalle insidie del diavolo, ci difende dai nostri egoismi, ci difende scusandoci e perdonando i nostri peccati.
Pertanto non dobbiamo avere paura di andare da lui a chiedere perdono, a chiedere benedizione, a chiedere misericordia.
Bella l’espressione di Paolo, nella seconda lettura: “Il Dio del Signore nostro Gesù Cristo vi dia uno spirito di sapienza e di rivelazione…”.
Cosa vuol dire?
È l’augurio per riuscire a fare vera esperienza della presenza del Signore in ogni momento della nostra vita.
Sac. Cesare Ferri rettore Santuario San Giuseppe in Spicello