Omelia delle domeniche e feste Anno C
"Vieni al Padre, fonte di Misericordia"
18 ottobre 2025 * S. Luca evangelista
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23 Domenica C La torreTesti liturgici: Sap 9,13-18; Sl 89; Fil 9-10.12-17; Lc 14,25-33
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Tutti sappiamo che essere cristiani significa ascoltare e seguire Gesù, essere suoi discepoli. Il suo metodo, che riscontriamo nel Vangelo, è valido sempre e per ognuno di noi.
Dal Vangelo riscontriamo che la sua chiamata si svolge per gradi.
Egli, innanzitutto, chiama la gente per annunciare il suo Regno; in un secondo momento invita ad essere suoi discepoli ed a seguirlo lungo le strade per annunciare, insieme con lui, il Regno; infine chiama ed invita ad essere suoi discepoli, ma in maniera radicale, come lo è stato lui.
Qualche domenica addietro abbiamo ascoltato come aveva risposto a chi, prima di seguirlo, gli chiedeva di andare a seppellire suo padre: “Lascia che i morti seppelliscano i loro morti”.
Oggi chiede lo stesso stile di vita a tutti coloro che lo seguono e che si dicono cristiani. Questo ci viene insegnato con il brano evangelico che abbiamo ascoltato.
Il brano è cominciato così: “Una folla numerosa andava con Gesù”.
Vuol chiarire subito cosa significa seguirlo seriamente.
Se i suoi miracoli e le sue parole possono far sperare un cammino entusiasmante e pieno di soddisfazioni, non per questo bisogna lasciarsi trarre in inganno.
Ci dice che, per seguirlo veramente, Lui è da amarsi al di sopra di tutti; ed, inoltre, ci dice, che bisogna essere capaci di prendere la propria croce.
Il Signore, comunque, non si fa illusioni: egli conosce bene il cuore dell’uomo e sa che la facilità di entusiasmarsi è pari a quella dell’incostanza e dell’infedeltà.
Ecco, pertanto, la parabola di chi vuol costruire una torre o vuole portare avanti una guerra: se si vuol giungere a buon fine, è necessario avere intelligenza e discernimento.
Cosa significa questo?
Significa che, seguire Gesù, è trovare la strada della libertà e della salvezza piena.
Ma la libertà ha sempre dei costi.
Non esiste libertà che non nasca da una liberazione. Una liberazione che va perseguita come quando si vuol costruire una torre o si vuole portare avanti una guerra; sta nella capacità di sciogliere ogni legame che ci impedirebbe di camminare liberamente per seguire lui.
E Gesù che conclude: “Così chiunque di voi se non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo”.
Ed allora il vero discepolo si misura proprio in questa capacità di lasciare qualcosa, per avere di più.
In altre parole, è chiedere ed ottenere i doni dello Spirito per discernere la volontà di Dio e per avere la forza di seguirla.
A questo si riferiva la prima lettura: “Quale uomo può conoscere il volere di Dio?... Chi avrebbe conosciuto il tuo volere, se tu non gli avessi dato la sapienza e, dall’alto, non gli avessi inviato il tuo santo spirito?”.
Se in un certo senso Gesù chiede una liberazione dai legami di sangue, ne consegue che tra fratelli di fede si stabiliscono legami di stima reciproca che sono perfino più forti dei legami familiari. Infatti, dove c’è l’amore di Dio e il compimento della sua volontà, tutto viene trasfigurato e assume un significato più profondo e ricco.
È l’insegnamento dedotto anche dalla seconda lettura, in cui si nota come Gesù sia venuto a dare un significato nuovo ai rapporti umani.
Paolo, infatti, raccomanda a Filemone di accogliere, con questo spirito, lo schiavo Onesimo che era fuggito di casa.
Essendo ambedue cristiani, è pregato di accoglierlo come fratello, più che come schiavo.
E Paolo conclude: “Se dunque tu mi consideri amico, accoglilo come me stesso”.
Come è bella questa espressione che ci aiuta a stimarci a vicenda!
Sac. Cesare Ferri, Rettore Santuario San Giuseppe in Spicello

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davanti al Padre,

dal quale ogni paternità
nei cieli e sulla terra." (Ef. 3,14-15)

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