Esercizi Spirituali 2014 - Rilessione dettata a famiglie dal Rettore Sac. Cesare Ferri nei giorni 9-11 maggio, nel Santuario San Giuseppe in Spicello di San Giorgio di Pesaro, sul tema inerente al primo centenario della Famiglia Paolina. Quarta riflessione - "Leggete le Sacre Scritture" - Per un’autentica formazione umana e cristiana
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Anche l’argomento propostici in questa riflessione, ci fa tornare alle origini.
Il titolo è: “Leggete le sacre scritture”.
Non è altro che quello di un libro stampato nel 1933 e che, a sua volta, riporta le meditazione tenute da don Alberione nel 1931, durante le adorazioni del primo sabato del mese.
Visto da una certa angolatura, quello che diceva in quei tempi era scandaloso, tenuto presente che, a livello personale, era proibito leggere la Bibbia, soprattutto per certi episodi non edificabili.
Alberione, in riferimento alla società e alla vita cristiana, giustifica le riflessioni con queste parole: “Unico è il rimedio: il ritorno al Vangelo, alla sapienza del Vangelo che è la Verità suprema, che è vita dei popoli, che è il codice più santo, perché dà ai popoli e apre le porte della salvezza eterna… Il Vangelo risponde ad ogni nostro bisogno. Si ritorni al Vangelo, e popoli e individui godranno la vera pace, la gioia del vivere amando e anche soffrendo”.
Questo è anche il pensiero di San Paolo che ha sintetizzato, come testamento spirituale, nella lettera a Timoteo, come abbiamo ascoltato.
Riflettiamo su questo testo che è il ritratto del vero credente.
Innanzitutto loda Timoteo per il fatto che ha ascoltato e seguito Paolo: “Tu mi hai seguito da vicino”.
Si congratula con lui, perché non si è lasciato sedurre dai falsi maestri e dai cattivi comportamenti, come aveva descritto poco prima.
Quali sono questi cattivi comportamenti?
Sono quanto mai attinenti anche ai tempi di oggi, servono per farci riflettere su un doppio fronte, quello del comportamento personale, quello per difenderci dai falsi maestri.
Li descrive così: “Devi anche sapere che negli ultimi tempi verranno momenti difficili. Gli uomini saranno egoisti, amanti del denaro, vanitosi, orgogliosi, bestemmiatori, ribelli ai genitori, ingrati, senza religione, senza amore, sleali, maldicenti, intemperanti, intrattabili, nemici del bene, traditori, sfrontati, accecati dall’orgoglio, attaccati ai piaceri più che a Dio, con la parvenza della pietà, mentre ne hanno rinnegato la forza interiore. Guardati bene da costoro!”.
Applicato a noi, membri dell’Istituto, ci auguriamo che il delegato possa dire: “Tu, tal dei tali, membro di voti temporanei o perpetui, mi ha seguito e tuttora mi stai seguendo!”
Oppure non lo può affermare?
Però, attenzione! Di quale sequela si tratta?
Non sequela del delegato, non di Alberione e neppure di Paolo, ma di Cristo, il quale si serve di loro quali strumenti, anche se di fatto, nel nostro parlare, continuiamo a relazionarci, confrontarci e dialogare con tali strumenti.
Vediamo ora come Timoteo ha seguito Paolo e prendiamo esempio da lui. Ci serva per verificare se seguiamo veramente il Cristo che ci ha chiamato all’Istituto Santa Famiglia.
“Nell’insegnamento”. Il significato del termine originario è: insegnare più con la vita che con le parole, affinché l’insegnamento non sia autoritario, ma autorevole. Con ciò, chi ci vede, è spronato ad una vita migliore in forza del nostro insegnamento e comportamento.
“Nel modo di vivere”. E’ una esplicitazione dell’insegnamento, soprattutto come genitori ed educatori. Possiamo ripetere con Paolo: “Fatevi miei imitatori, come io lo sono di Cristo”.
“Nei progetti”. Cercando di essere illuminati dallo Spirito Santo perché i nostri progetti siano secondo Dio e non secondo la nostra ottica e punto di vista.
“Nella fede”. Considerata nel suo sommo grado. Essa non è piena se non arriva alla fiducia, all’abbandono fiducioso e totale a Cristo.
“Nella magnanimità”. Nella grandezza d’animo, nella generosità, nel far quello che è buono e gradito agli altri.
“Nella carità”. In quella vera, in quella soprannaturale, in quella che perdona anche il nemico; avendo la convinzione che è Gesù ad amarre gli altri attraverso di noi.
“Nella pazienza”. Nella perseveranza e nella capacità di patire senza ribellarsi, soprattutto nelle persecuzioni e nelle sofferenze: “Tutti quelli che vogliono vivere rettamente in Cristo Gesù saranno perseguitati”.
Se nessuno ci si mette contro è segno che non siamo secondo Dio. Pertanto è impossibile accontentare tutti.
E’ realizzabile questo stile di vita?
Tutto è possibile a Dio, se ci affidiamo a lui. Lo afferma Paolo: “Da tutte mi ha liberato il Signore!”.
Nonostante tutto, in noi deve rimanere viva la speranza, come ancora ci dice Paolo: “I malvagi e gli impostori andranno sempre di male in peggio, ingannatori e ingannati nello stesso tempo”.
Il vivere così porta gioia interiore, a condizione, però, che vi sia un fondamento, quello di amare e seguire la Parola di Dio: “Conosci le Sacre Scritture sin dall’infanzia”.
Pertanto, tutta la Scrittura sia onorata, sia letta, sia meditata. E’ la lettera che Dio scrive all’umanità. E’ Gesù Cristo incartato. Se non possiamo portare con noi l’Eucaristia, il Cristo incarnato, portiamo una pagina di essa, un vangelo tascabile: era l’assiduo insegnamento dell’Alberione.
Nella casa sia esposta e venerata: le altre immagini sacre sono un richiamo, la Bibbia è una presenza.
Ovviamente, non solo esposta ma anche letta e riflettuta. Come sarebbe fruttuoso che in ogni famiglia si trovi spazio per questo!
Anche se non tutto si comprende, analogamente al piccolo che succhia il latte senza rendersi conto; eppure si nutre e cresce!
Il brano fondamentale di questa verità lo troviamo in Isaia: “Voi tutti assetati venite all’acqua… Porgete l’orecchio e venite a me ascoltate e vivrete… Cercate il Signore mentre si fa trovare, invocatelo, mentre è vicino… I miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie… Come la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza avere irrigato la terra, così sarà della Parola uscita dalla mia bocca, non tornerà a me senza effetto, senza aver operato ciò che desidero e senza aver compiuto ciò per cui l’ho mandata” (Is 55, 1-11).
Isaia a chi si riferiva allora? Al popolo esiliato.
È una seria riflessione presentata al popolo, nell’imminenza del ritorno dall’esilio, sulla Parola di Dio, sulla sua forza e sulla sua efficacia. Una riflessione sull’agire di Dio nella storia del popolo, per il suo bene, ma valida e applicabile al popolo di oggi, alla Chiesa, a noi.
Dice in sostanza che, in quanto le vie di Dio non combaciano con le nostre, non è giusto abbandonarsi alla sfiducia per un ritorno che sembra ancora lontano. Pertanto non è da saggi riporre in mezzi umani la fiducia della liberazione. La soluzione sta solo nell’ascolto amoroso della Parola, e in un cammino di vera conversione del cuore. Tutto questo avvia ad un rapporto d’alleanza con Dio, il quale mantiene sempre la Parola.
La lettura di tale Parola è una proposta alla mente. E’ rendersi conto della necessità, come sapere che è necessario mangiare. E’ proposta al cuore. Analogamente al fatto che non basta conoscere la necessità, ma di fatto bisogna mangiare. E’ resa viva dalla coscienza, analogamente al fatto di sapere che solo nutrendoci acquistiamo forza per operare.
Una raccomandazione di Dio, che leggiamo nel Deuteronomio, è: “Guardati e guardati bene dal dimenticare le cose che i tuoi occhi hanno visto, non ti sfuggano dal cuore, per tutto il tempo della tua vita. Le insegnerai ai tuoi figli e ai figli dei tuoi figli”.
In cosa ci aiuta ancora la Parola di Dio?
A rimanere in dialogo con Lui, nella gratitudine, facendo memoria delle meraviglie da lui compiute.
Una similitudine con la vita di famiglia ci fa comprendere cos’è il dialogo.
Quanto più c’è intesa, affiatamento, affetto tra membri piccoli e grandi, tanto più scorre il dialogo ed è vivo il bisogno di scambiarsi parole, espressioni e gesti di bontà.
Dove serpeggia astio, rancore, sfiducia, disaccordo, il dialogo si spezza e si finisce in litigi. Ognuno va per i fatti suoi. Anzi, nel caso, la memoria della persona amata, con cui si è in disaccordo, diventa sofferenza.
Qualcosa d’analogo avviene sul piano di Dio. La memoria del suo amore deve essere l’accendino per il nostro amore.
Il “ricordare” vuol dire offrire al cuore motivi sempre nuovi d’amore. Per questo: “Guardati e guardati bene dal dimenticare le cose i tuoi occhi hanno visto”.
La lettura e meditazione della Sacra Scrittura serve proprio per ricordare le meraviglie di Dio: farle scendere nel cuore per il “dialogo d’amore”, sempre in crescita. Il vivere di fede e d’amore diventa la gioia della vita.
Se si va in disaccordo con Dio e non c’è più dialogo con lui, il ricordare quelli che sarebbero i suoi prodigi, diventa motivo di sofferenza, stizza, ribellione, contestazione, sia di Dio sia di quanto ha attinenza con lui.
Nel caso la preghiera diventa un peso, ed ancor più la sua Parola.
Che cosa ricordare o non ricordare?
Eliminare il ricordo dei peccati, salvo che non sia per esaltare la misericordia di Dio e per rimanere nell’umiltà e nell’atteggiamento di all’erta.
Dimenticare le ingiurie e i torti ricevuti, combattendo i ricordi inutili.
Ricordare, invece, i benefici ricevuti da Dio e dai fratelli, ci aiutano a riempire il cuore di gioia.
E, se si ricordano sofferenze, è per ringraziare Dio d’averle superate, ammirando sempre lo snodarsi del suo disegno.