San Paolo apostolo infuocato di zelo Esercizi Spirituali 2014 - Rilessione dettata a famiglie dal Rettore Sac. Cesare Ferri nei giorni 9-11 maggio, nel Santuario San Giuseppe in Spicello di San Giorgio di Pesaro, sul tema inerente al primo centenario della Famiglia Paolina.
“Convertirsi”.
E’ il primo atteggiamento per ogni vocazione e per ogni cammino. Gesù ha iniziato il suo ministero con tale invito: “Convertitevi e credete al Vangelo”.
Convertirsi in cosa?
“Allo sguardo di Dio”, cioè al “Vangelo”.
Il “Vangelo”, infatti, è lo sguardo misericordioso di Dio sulla nostra vita, è la manifestazione della sua volontà, è il nostro bene.
Pertanto, convertirsi non è solo da cattivi diventare buoni, ma è pure da buoni a diventare migliori. E’ perfezionarsi, è scoprire e raddrizzare le intenzioni, anche se fondamentalmente sono buone. Non basta che siano buone all’esterno, è necessario che siano motivate da convinzioni e valori interiori, in piena sintonia con Dio.
E’ quanto capita a San Paolo.
Abbiamo ascoltato: “Saulo, spirando ancora minacce e stragi contro i discepoli del Signore…”.
Fortissimo è il verbo “spirando” e significativo l’avverbio “ancora” che dice la continuità di questo “spirare”: aveva l’odio permanente verso coloro che non condividevano le sue convinzioni e che, secondo lui, erano andati fuori della legge di Dio.
Ammesso che è doveroso l’odio verso il peccato, mai, però, è ammissibile verso la persona. Quello di Paolo, fondamentalmente, sono buone convinzioni: vive in un atteggiamento soggettivamente buono, ma è proprio quello che Dio vuole da lui?
Non deve perfezionarsi?
Ed ecco l’episodio narrato: proprio in quel perdurante odio, lo raggiunge la “Luce”, ed egli comincia a convertirsi allo sguardo di Dio.
Analogo fatto è avvenuto in noi a cominciare con il Battesimo e, poi, con il sacramento del matrimonio e, successivamente, con la professione dei voti: sono stati cammini di perfezionamento.
Siamo stati innestati al Cristo luce come individui, poi come coppia ed infine a lui più strettamente legati con i voti. Si avvera in noi l’espressione di Paolo: “Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me”.
Come è vissuto nel nostro quotidiano tutto questo?
Non bisogna dimenticare che il battesimo, il matrimonio, la vita consacrata non sono un evento del passato, ma sono tuttora operanti attraverso la nostra collaborazione. La conversione sta in questa collaborazione.
Per troppi il battesimo è solo un fatto anagrafico, il matrimonio ha perso il tipo di permanente freschezza, l’Istituto sembra abbia raggiunto il suo culmine con la professione perpetua, per cui ora ci sentiamo “Come degli arrivati” e pertanto esonerati dalle pratiche che alimentano tali stati di vita.
E’ proprio qui che comincia il dramma.
Si comincia a tralasciare la frequentazione, tralasciando si sente sempre meno la esigenza, e, alla domanda di un perché, si risponde con la nota espressione: “L’Istituto non mi dà più nulla, non mi realizzo più in esso, ho altre cose da svolgere in famigli, ho impegni nella comunità parrocchiale”.
Ma è veramente quello che ti chiede il Signore?
Ad ogni modo, se siamo figli di Paolo e anche di Alberione, non dobbiamo meravigliarci dei momenti di crisi, come le hanno avuto anche loro; ma guai se ci chiudessimo a Dio, rifiutando la sua luce.
Cosa era capitato ad Alberione?
Nell’aprile-maggio 1900, entrato in crisi non si sa con precisione per quale motivo, è dimesso dal Seminario di Bra.
Nell’ottobre, a seguito della vicinanza e dell’aiuto di persone a lui legate, entra nel seminario di Alba.
Nel volgere di otto mesi avviene un passaggio impossibile in ogni previsione umana: dall’esperienza del fallimento ad una chiamata tutta particolare, per una missione che è e sarà profetica nella Chiesa. Nulla è impossibile a Dio.
Benedette anche le nostre crisi! Se bene incanalate, alla luce di Dio, ci fanno crescere! Ci portano a delle soluzioni inimmaginabili.
Ecco quella dell’Alberione. Nella notte tra il 31 dicembre 1900 e l’alba del 1 gennaio 1901, visse una esperienza di luce intensa; da lì tutto ha avuto inizio.
E’ quello che dobbiamo affrontare e imparare anche noi.
A questo punto, ammesso che l’Alberione e la Famiglia Paolina sono “San Paolo vivo oggi”, notiamo le analoghe coincidenze di fatti avvenuti in Alberione e in San Paolo, come loro stessi raccontano e che, se sappiamo leggere la storia della nostra vita, sono avvenuti e avvengono anche in noi.
Per Paolo. Il mezzogiorno sulla Via di Damasco: “Durante il viaggio, verso il mezzogiorno, prima di entrare nella città di Damasco”.
Cosa inizia da questo momento?
Paolo rimane con il suo carattere, con il suo zelo per la causa di Dio, ma cambia in lui la prospettiva: al centro non c’è più la sua bravura nell’osservare la legge di Dio, ma la scoperta che tutto è dono di Dio. Di conseguenza c’è uno svuotamento totale del suo “io” e gli si rivela il grande disegno di Dio che vuol fare di lui l’apostolo delle genti.
Per Alberione. La mezzanotte di preghiera, nel duomo di Alba: “Nella notte che divise il secolo…nella Messa solenne di mezzanotte…”.
Anche Alberione inizia a scoprire il disegno che vuol fare di lui l’apostolo della Chiesa attraverso i mezzi di comunicazione.
I seguenti raffronti sviluppano in ambedue il cammino e le modalità delle rivelazioni.
Per Paolo. Una luce l’avvolse: “…ecco all’improvviso dal cielo venne una luce…
Per Alberione. Nell’adorazione di quella notte: “Una particolare luce venne dall’Ostia: maggiore comprensione dell’invito di Gesù…”.
Anche per noi la luce dalla Parola, dalla preghiera, dall’Adorazione. Questo sarà il tema di una riflessione.
Ed ancora.
Per Paolo. Il cieco guidato: “La luce era così forte che io non ci vedevo più”.
Per Alberione. Il semi-cieco che è guidato: “Ecco un semi-cieco che è guidato: e col procedere viene di tanto in tanto illuminato… Dio è luce”.
Per noi. La necessità, per scoprire la volontà di Dio, di avere un rapporto anche con altri. Nella coppia è vicendevole.
Per Paolo. Coscienza della propria povertà e dei doni di Dio: “Chi è Paolo… semplice servitore… non conta nulla”.
Per Alberione. La coscienza dei suoi limiti e la grandezza della chiamata gli fa scrivere: “Se per condiscendere a voi… dovrebbe narrare la duplice storia: un “gloria a Dio” e un “miserere”.
Nella Famiglia Paolina si esplicita nel così detto “segreto di riuscita”. Questo produce i suoi effetti nella misura in cui teniamo in considerazione i nostri limiti e contiamo sulla grazia di Dio.
Per Paolo. Rivelazioni: “Vi parlerò delle visioni e delle rivelazioni che il Signore mi concesse. Conosco un credente che 14 anni orsono fu portato sino al terzo cielo. Ciò che vide non lo può descrivere”.
Per Alberione. Rivelazioni e sogni, circa la devozione a Gesù Maestro: “Ebbi come una rivelazione… nel sogno avuto… Gesù Maestro diceva: Non temete, io sono con voi… In dicembre 1946 il Signore si degnò di molto consolarmi… Arrivato in cielo…”.
Quando Mosè scendeva dal Monte, avendo avuto diretto contatto con Dio, il suo viso era raggiante.
Nella famosa notte, la luce fu davvero forte anche per Alberione, tanto che al mattino qualcosa traspariva ancora dalla sua persona. Scrisse lui stesso, 54 anni dopo: “Alle ore dieci del mattino doveva aver lasciato trapelare qualcosa del suo interno, perché un chierico incontrandolo gliene fece le meraviglie”.
Qui appare un segreto.
Per mantenere giovane il nostro spirito, è necessario risalire alle sorgenti della nostra chiamata, è necessario fare memoria dei prodigi di Dio in noi compiuti.
Quelle persone, prima citate, quelle che non trovano più nulla nell’Istituto, è segno che si sono invecchiate dentro; segno che sono legate ad un proprio “io”, come lo era San Paolo. E’ segno che hanno dimenticato la memoria delle origini, il dono di Dio e, non frequentando, sarà sempre peggio.
Queste persone saranno sempre più vecchie nel corpo e nello spirito.
Non c’è persona più scostante di uno che è invecchiato nello spirito: criticone, brontolone, inacidito, mai contento di nulla, incattivito dentro per le “ingiustizie” della vita, rissoso perché più nessuno gli bada, scontento perché tutti lo mettono da parte.
A voi ora, nel silenzio e nella riflessione, il lavoro spirituale: ce n’è per tutti!