Riflessioni di don Ferri in ritiri
"Vieni al Padre, fonte di Misericordia"
17 ottobre 2025 * S. Ignazio d'Antiochia
itenfrdeptrues
presbiterio al 30 settembreCome si presenta il presbiterio in data 30 settembre 2016 Riflessione tenuta dal rettore il 6 novembre 2016 ad un gruppo di famiglie pellegrine presso il Santuario San Giuseppe in Spicello di San Giorgio di Pesaro.
Per il documento: clicca qui

Introduzione  
   Non possiamo non riflettere sulla recente Esortazione del Papa “Amoris laetitia”, che riguarda proprio il matrimonio e la famiglia.
   Essa è nata dalla base. Infatti, sono state interpellate le comunità cristiane di tutto il mondo e, sul materiale raccolto, si è riflettuto in due Sinodi.

   La gente, soprattutto per il polverone alzato dai mezzi di comunicazione, si aspettava chissà quali cambiamenti che, in ultima analisi, si limitavano alla possibilità dell’accostarsi o meno ai sacramenti, da parte di divorziati e di situazioni analoghe.
   In realtà non c’è stata nessuna esplicita risposta, se non quella pastorale per la quale siamo invitati ad essere vicini a tutti, comprendendo, aiutando e integrando.
   Pertanto, l’esortazione non riguarda direttamente la dottrina sul matrimonio, ma sul come vivere l’amore nel matrimonio e nella famiglia.
   Va letta e riflettuta con calma, a più riprese. Ovviamente, stamattina non possiamo esaurire nessun argomento.
   Ci soffermeremo un poco sull’argomento del quarto capitolo (“l’amore nel matrimonio) e poi, se il tempo lo permette e se da voi è gradito, un accenno al capitolo ottavo (“accompagnare, discernere e integrare la fragilità).

Cosa è l’amore
   La parola “amore” è molto usata nel linguaggio, ma purtroppo è anche molto abusata, con molti fraintendimenti e molteplici interpretazioni.
   Il Papa, iniziando l’esortazione, collega la parola amore a quella della letizia, cioè alla gioia intima e profonda.
   Ecco come inizia: “La gioia dell’amore che si vive nelle famiglie è anche il giubilo della Chiesa… Il desiderio di famiglia resta vivo, specie fra i giovani, e motiva la Chiesa… L’annuncio cristiano che riguarda la famiglia è davvero una buona notizia”.
   La gioia dell’amore non proviene da un sentimento, da una emozione, da uno stato d’animo, ma da una “presenza”. Si tratta della presenza di un bene, di un bene amato, si tratta del sommo bene che è Dio, il quale è definito “Amore”.
   Pertanto, se l’amore è gioia, lo è in quanto vi è coinvolta la presenza di Dio.
   Se manca Dio, quello che chiamiamo amore, in realtà non è tale e non produce gioia, tutt’altro. Al massimo potrebbe essere una soddisfazione passeggera e vuota, ma nulla più.
   Chi vive senza amore è sempre insoddisfatto, nonostante che cerchi tentativi di ogni genere e faccia le più svariate esperienze.
   Dobbiamo sempre più convincerci di una cosa certa, che l’amore vero non si compra a buon prezzo.
   Esso è un cammino progressivo, ha le sue tappe, ha i momenti di entusiasmo ma anche i momenti di prova. Ma, in ogni caso, la prova non smorza l’amore, se è vero amore.
   Siccome non basta tutta la vita per raggiungere tale meta, e quindi non possiamo mai dire di essere arrivati. Questo sta a dirci che tendiamo verso una pienezza che va oltre la storia, che non è perfettamente raggiungibile in questo mondo, ma che ha bisogno di tuffarsi in Dio, per l’eternità.
   Proprio in forza di questo, la cosa importante è muoversi, senza andare fuori strada e comunque ad ogni evenienza, rialzarsi, raddrizzarsi e ripartire.
   Guai se nella vita di coppia e di famiglia non si mette in conto tutto questo.

L’inno alla carità
   Ecco, pertanto, il capitolo quarto che tratta dell’amore nel matrimonio.
In esso, dopo aver commentato l’inno all’amore, come descritto da Paolo nella prima ai Corinti, successivamente lo applica all’amore coniugale.
   Anche questo capitolo meriterebbe una approfondita riflessione, tale che non si può fare in una sola volta. Ci limitiamo solo ad alcuni aspetti.
   Tra le cose che il Papa suggerisce, per crescere nell’amore coniugale vero, vi è la tenerezza.
   Ecco le precise parole al n.127: “Nella società dei consumi si impoverisce il senso estetico e così si spegne la gioia. Tutto esiste per essere comprato, posseduto e consumato: anche le persone. La tenerezza, invece, è una manifestazione di questo amore che si libera dal desiderio egoistico di possesso egoistico. Ci porta a vibrare davanti ad una persona con immenso rispetto e con un certo timore di farle danno o di toglierle la sua libertà”.
   Si tratta, pertanto, di immedesimarsi nella persona amata, facendo propri i suoi sentimenti.
   Poi parla del perdono e della fedeltà
   È una conseguenza della tenerezza.  
   Al n.105 leggiamo: “Il perdono è fondato su un atteggiamento positivo, che tenta di comprendere la debolezza altrui e prova a cercare delle scuse per l’altra persona, come Gesù che disse <Padre, perdona loro perché non sanno quel che fanno>.
   Pertanto, la fedeltà non si limita al non tradire il coniuge - questo sarebbe l’ultima sponda - ma nel comprenderlo e nel perdonarlo sempre.  
   Al n. 107 dice che, per perdonare l’altro, abbiamo bisogno prima di tutto di perdonare a noi stessi. Dobbiamo accettarci per quel che siamo, con le buone qualità, ma anche con tanti difetti.
   Ed al n.108 afferma che questo è possibile. Ci riusciremo, però, solo se abbiamo fatto l’esperienza del perdono che Dio ha concesso e concede a noi.
   Altro aspetto importante è la pazienza
   Il n. 91 così recita: “Essere pazienti non significa lasciare che ci maltrattino continuamente, o tollerare aggressioni fisiche, o permettere che ci trattino come oggetti… Questa pazienza si rafforza quando riconosco che anche l’altro possiede il diritto a vivere su questa terra insieme a me, così com’è. Non importa se è un fastidio per me, se altera i miei piani, se mi molesta con il suo modo di essere o con le sue idee, se non è tutto come mi aspettavo. L’amore comporta sempre un senso di profonda compassione, che porta ad accettare l’altro come parte di questo mondo, anche quando agisce in modo diverso da quello che io avrei desiderato”
   Altro aspetto ancora, sempre molto importante, è il dialogo
   Al n.136 si legge: “Il dialogo è una modalità privilegiata e indispensabile per vivere, esprimere e maturare l’amore nella vita coniugale e familiare”.
   Al n.137 si legge che è necessario: “Darsi tempo che consiste nell’ascoltare con pazienza e attenzione, finché l’altro abbia espresso tutto quello che aveva bisogno di esprimere… non incominciare a parlare prima del momento adatto. Invece di iniziare ad offrire opinioni o consigli, bisogna assicurarsi di aver ascoltato tutto quello che l’altro ha la necessità di dire… molte volte uno dei coniugi non ha bisogno di una soluzione ai suoi problemi, ma di essere ascoltato. Deve percepire che è stata colta la sua pena, la sua delusione, la sua paura, la sua ira, la sua speranza, il suo sogno”.

Accompagnare, discernere, integrare”.
   Ora appena qualche breve cenno sul capitolo ottavo, che porta il titolo.
   Vi si trova l’espressione: “A volte quello della Chiesa è un lavoro da campo”. Potremmo anche chiamarlo di “pronto soccorso” verso chi ha avuto un incidente spirituale e morale.
La Chiesa non può non accogliere e curare un ammalato spirituale, chi è fuori strada; questo non significa che rinnega le verità essenziali, le così dette verità “non negoziabili”; anzi sta proprio lì il suo compito, quello appunto di curarlo, aiutandolo a vivere o rivivere quelle verità.
   Questo è espresso al n. 291. Dopo aver affermato che “ogni rottura del vincolo matrimoniale è contro la volontà di Dio”, subito aggiunge che la Chiesa “è consapevole della fragilità dei suoi figli”.
   Ecco, pertanto, l’intervento del pronto soccorso, cercando ogni mezzo per curare chi ne è stata vittima.
   Ed osserva: “essi partecipano alla vita della Chiesa in modo non perfetto”.
   Di conseguenza, hanno bisogno di particolare attenzione e cura, proprio per potersi perfezionare. Pur tuttavia, anche in tali unioni esistono dei valori da non trascurare, anzi da prendere in considerazione.
   Ecco allora che al n. 293, leggiamo: “I Padri hanno considerato la situazione particolare di un matrimonio solo civile e, salve fatte le differenze, persino di una semplice convivenza in cui, quando l’unione raggiunge una notevole stabilità attraverso un vincolo pubblico, è connotata da affetto profondo, da responsabilità nei confronti della prole, da capacità di superare le prove, può essere vista come un’occasione da accompagnare nello sviluppo verso il sacramento del matrimonio”.
   Al n. 294: “La scelta del matrimonio civile o, in diversi casi, della semplice convivenza, molto spesso non è motivata da pregiudizi o resistenze nei confronti dell’unione sacramentale, ma da situazioni culturali o contingenti”.
   E, proseguendo, annota: “vanno affrontate in maniera costruttiva, cercando di trasformarle in opportunità di cammino verso la pienezza del matrimonio e della famiglia alla luce del Vangelo. Si tratta di accoglierle e accompagnarle con pazienza e delicatezza”.
   Nel n. 295 è citato Giovanni Paolo II, nelle espressioni che si leggono nella “Familaris consortio”: la “legge della gradualità” e la “gradualità della legge”.
   Per analogia, è come a voler raggiungere una meta.
   Non si può raggiungere la meta scegliendo una strada piuttosto che un’altra, per il solo fatto che ci sembra più agevole. Se la strada è sbagliata, ci porta altrove, non ci fa raggiungere la meta prefissata.
   Questo per dire che nel cammino spirituale non ci sono gradi o diversità di leggi, finalizzati alla stessa meta. C’è una sola strada da percorrere.
   Se gli sposi hanno scelto la giusta strada ma nel contempo, per la tanta fatica del percorso, non raggiungono subito la meta, non devono scoraggiarsi. Se sono impegnati costantemente nel perseguirla, di fatto vi si stanno avvicinando. Ecco la legge della gradualità o delle diverse tappe del percorso, sulla giusta strada.
   Successivamente, passa a discernere le situazioni dette “irregolari”, che risultano da fragilità o imperfezione della persona.
   Per discernere tali situazioni, al n.296 si afferma di non sbagliare strada: “perché due logiche percorrono tutta la storia della Chiesa: emarginare e reintegrare …. La strada della Chiesa è sempre quella di Gesù: della misericordia e dell’integrazione …. La strada della Chiesa è quella di non condannare eternamente nessuno; di effondere la misericordia di Dio a tutte le persone che la chiedono con cuore sincero ….
Pertanto, sono da evitare giudizi che non tengono conto della complessità delle diverse situazioni, ed è necessario essere attenti al modo in cui le persone vivono e soffrono a motivo della loro condizione”.
   Il n. 297 prosegue dicendo che: “si tratta di integrare tutti, si deve aiutare ciascuno a trovare il proprio modo di partecipare alla comunità ecclesiale, perché si senta oggetto di una misericordia <immeritata, incondizionata e gratuita>.
   Nessuno può essere condannato per sempre, perché questa non è la logica del Vangelo!
   Non mi riferisco solo ai divorziati che vivono una nuova unione, ma a tutti, in qualunque situazione si trovino.
   Ovviamente, se qualcuno ostenta un peccato oggettivo come se facesse parte dell’ideale cristiano, o vuole imporre qualcosa di diverso da quello che insegna la Chiesa, non può pretendere di fare catechesi o di predicare, e in questo senso c’è un qualcosa che lo separa dalla comunità”.
   In questo caso è chiara la non ammissibilità alla Comunione eucaristica, il cui significato è quello di dimostrare che siamo in piena comunione con Dio e con i fratelli.
   Poi il documento prosegue dicendo che questa persona “ha bisogno di ascoltare nuovamente l’annuncio del Vangelo e l’invito alla conversione”.
   Comunque, anche per questa persona può esserci una qualche maniera di partecipare alla vita della comunità: in impegni sociali, in riunioni di preghiera, o secondo quello che la sua personale iniziativa può suggerire, insieme al discernimento del Pastore”.
   Pertanto, come trattare le diverse situazioni di irregolarità?
  
La risposta del documento è: “In ordine ad un approccio pastorale verso le persone che hanno contratto matrimonio civile, che sono divorziati e risposati, o che semplicemente convivono, compete alla Chiesa rivelare loro la divina pedagogia della grazia nella loro vita e aiutarle a raggiungere la pienezza del piano di Dio in loro, sempre possibile con la forza della Spirito”.

facebook

"... io piego le ginocchia
davanti al Padre,

dal quale ogni paternità
nei cieli e sulla terra." (Ef. 3,14-15)

Visite agli articoli
3655876

Abbiamo 26 visitatori e nessun utente online