Omelia delle domeniche e feste Anno A
"Vieni al Padre, fonte di Misericordia"
17 ottobre 2025 * S. Ignazio d'Antiochia
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19 Gesù in mareTesti liturgici: I Re 19,9-13; Sl 84; Rm 9, 1-15; Mt 14,22-33
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“Signore, salvami!”.
È l’accorata invocazione di Pietro mentre sta per essere ingoiato dalle acque.
È anche l’invocazione o l’esclamazione nostra, quando ci troviamo in situazioni difficili, pericolose e rischiose.
Cosa succede a Pietro?
Si è comporta esattamente come già aveva fatto nel suo primo incontro con Gesù, quando gli disse: “Vieni”, chiamandolo alla sua sequela.
Quella volta subito ha lasciato la barca ed è andato con Gesù.
Anche questa volta sente l’analogo: “Vieni”, per cui, pieno di entusiasmo e senza riflettere su eventuali rischi, subito lascia la barca e si dirige verso Gesù, camminando sulle acque.
Possiamo ben dire che è stato pieno di fede, e gli è andata bene sino a che ha mantenuto lo sguardo fisso verso Gesù.
Però, ad un certo punto, come distraendosi, ha guardato sotto di sé, ha visto il mare, ha cominciato ad avere paura, temendo di affondare.
Gesù è stato pronto a tendergli la mano e salvarlo. Nel contempo, però, gli fa anche un benevolo rimprovero: “Uomo di poca fede, perché hai dubitato?”.
Anche il profeta Elia si trova in una situazione drammatica, perché è minacciato di morte da parte della regina Gezabele, che vuol vendicarsi di lui, per cui Elia è costretto a fuggire.
Da notare che nella fuga non tanto invoca il Signore perché lo aiuti, ma addirittura, scoraggiato, si ferma nel deserto in attesa della morte.
Il Signore, invece, ha altri progetti su di lui, gli dice di mangiare e di proseguire il cammino, sino al monte Oreb.
È a questo punto che comincia il brano ascoltato oggi.
Notiamo, ancora il monte e ancora il silenzio!
Ed infatti, il Signore gli viene in aiuto e si manifesta a lui nel sussurro di una brezza leggera, cioè nel silenzio e nella pace.
Le prove che aveva subito sono servite per purificarlo e renderlo pronto e capace per la nuova missione che avrebbe ricevuto.
Cosa insegnano a noi i due episodi?
È il richiamo del Signore per dirci di avere più fede, non limitandoci ad una fede generica, come spesso avviene in noi, ma vivendo quella genuina.
Dove sta la differenza?
La fede generica è quella per la quale crediamo che il Signore c’è e per ci rivolgiamo a lui nella preghiera. Non manchiamo di invocarlo quando siamo nelle difficoltà; ma, soprattutto, lo invochiamo perché ci aiuti nel raggiungere quello che abbiamo già programmato, frutto del nostro criterio.
Se poi non raggiungiamo tale obiettivo, ci vien da dire che neppure Dio ci aiuta; per tale fatto molti concludono pensando o dicendo: “Non prego più, tanto il Signore non mi ascolta e non mi aiuta! Ho perso la fede!”.
Ragionando così posponiamo la scala dei valori: il Signore non è più il primo, colui che ci ha creati, colui che non può non amarci, colui che non può non volere il nostro vero bene e la nostra salvezza eterna e per cui cerchiamo di fare tutto quello che ci chiede, senza nulla pretendere.
Dobbiamo essere certi che, se ci comportiamo così, egli ci aiuta sempre.
Se invece, anche senza rendercene pienamente conto, i comandanti in prima siamo noi, per cui il Signore deve essere uno a noi sottomesso, e per cui deve ascoltarci sempre, allora siamo fuori strada.
Ed è proprio perché ci vuole bene, che qualche volta non ci ascolta; come farebbe il genitore, se è vero educatore, il quale non tutto può e deve concedere ai figli.
Sta qui il nostro salto di qualità per rendere vera e genuina la nostra fede.
Chi vive così, continua sempre a chiedere aiuto nelle difficoltà; ma nel contempo, cerca sempre di scoprire, di accettare e di fare la sua volontà.
Ad ogni modo, chi ha fede, non cessa mai di ringraziare il Signore, anche quando non riesce a comprendere il suo comportamento e l’apparente suo silenzio.
Sac. Cesare Ferri rettore Santuario San Giuseppe in Spicello

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davanti al Padre,

dal quale ogni paternità
nei cieli e sulla terra." (Ef. 3,14-15)

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