Testi liturgici: I Sam 6, 2.7-99.12-13.22-23; I Cor 15,45-49; Lc 6,27-38
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“Non giudicate e non sarete giudicati”, così dice Gesù. La cosa ci tocca molto da vicino. Infatti, chi di noi in qualche maniera non giudica e non condanna?
Gesù, invece, ci dice di vivere sempre nell’amore e nella comprensione. Anche altre espressioni del brano hanno la stessa valenza: “Non condannate e non sarete condannati; perdonate e sarete perdonati”.
Abbiamo bisogno di sentire tali parole, perché a nessuno di noi è garantito il riparo dalla tentazione dell’odio, cosa che proviene da una forza istintiva.
Comunque, troveremo altrettanta forza di resistere all’odio e superarlo, se ci lasciamo condurre ogni giorno dall’amore, da quello vero.
Inoltre dobbiamo notare un’altra cosa. Gesù non solo contrappone l’amore all’odio, ma esige che l’amore dei suoi discepoli si concretizzi su coloro dai quali sono odiati, proprio come poi asserisce: “Amate i vostri nemici, fate del bene a coloro che vi odiano, pregate per coloro che vi trattano male”.
Sarebbe ridicolo, per Gesù, amare solo quelli che ci amano: non ne avremmo alcun merito, e soprattutto il nostro amore non sarebbe segno distintivo della nostra appartenenza a lui, come poi meglio specifica dicendo che questo è facile, infatti: “Anche i peccatori fanno lo stesso”.
Del resto, anche Gesù ha amato noi che, a causa del peccato, eravamo suoi nemici. Per questo abbiamo ripetuto nel salmo responsoriale: “Il Signore è buono e grande nell’amore”.
Ed ancor meglio lo specifica in un versetto del salmo stesso: “Misericordioso e pietoso è il Signore, lento all’ira e grande nell’amore. Non ci tratta secondo i nostri peccati e non ci ripaga secondo le nostre colpe”.
Un esempio lampante di perdono lo abbiamo anche nell’episodio della prima lettura. Saul, infatti, era nemico di Davide, aveva deciso di ucciderlo perché lo considerava un suo rivale al trono.
Per tale motivo, Davide più volte era dovuto allontanarsi per sfuggire alla morte. Ora gli si presenterebbe l’occasione propizia per potersi vendicare, servendosi del suo compagno Abisai, ma non lo fa. Rivolto ad Abisai adduce queste precise parole: “Non ucciderlo! Chi mai ha messo la mano al consacrato del Signore ed è rimasto impunito?”.
È vero che la motivazione non proviene da un perfetto amore, come chiederà Gesù, pur tuttavia non uccidendolo, dimostra di saperlo perdonare.
Dove sta, allora, il perfezionamento dell’amore prospettato da Gesù?
Gesù intende mostrarci uno stile di vita in cui l’amore è talmente preso sul serio che ci innalza sino a Dio e alla sua perfezione.
Nella logica evangelica non si dà altra perfezione, se non quella di un amore fraterno che rivela la nostra identità di figli di Dio: “Siate misericordiosi come il Padre vostro è misericordioso”.
Non c’è altro traguardo verso il quale tendere, se non quello di un amore che sa sempre perdonare, appunto perché ha sperimentato e sperimenta di continuo il perdono da parte di Dio.
Pertanto, non ci sarebbe altro comandamento da osservare, se non quello di tendere all’imitazione di Dio, come altrove asserisce Gesù: “Siate perfetti, come è perfetto il Padre vostro che sta nei cieli”.
Egli è, e rimane sempre misericordioso sia verso gli ingrati, sia verso i peccatori, secondo un’altra espressione di Gesù: “Egli fa sorgere il suo sole sui buoni e sui cattivi”.
Sac. Cesare Feri rettore Santuario San Giuseppe in Spicello