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La prima lettura si introduceva così: “Come sono belli i piedi del messaggero che annuncia la pace, del messaggero di buone notizie, che annuncia la salvezza”.
L’espressione ci fa pensare al Natale, ed è giusto.
Ma in realtà, nella prospettiva di Isaia, riguardava il popolo ebreo che, dopo la schiavitù, sarebbe tornato in patria.
Invece e giustamente, per noi cristiani oggi, è il Natale, è la nascita di Gesù che è venuto a togliere la schiavitù del peccato e che, di conseguenza, come annunciato dagli angeli, porta la pace; cioè, porta la “buona notizia” per eccellenza, perché proprio attraverso di lui ci arriva la salvezza.
Lo abbiamo espresso nel salmo responsoriale: “Tutta la terra ha veduto la salvezza del nostro Dio”.
Questa pace annunciata dagli angeli, però, è diretta “agli uomini di buona volontà”.
Infatti e purtroppo, non tutti, volutamente o meno, sanno accogliere questa salvezza che dona la pace e che non è una cosa, ma è una persona: è Gesù Cristo.
La descrizione e motivazione di questo fatto, ci è stato ben espresso da Giovanni, nel Vangelo ascoltato.
È un inno che, a sua volta, esprime anche una profondissima teologia.
Per farcelo meglio comprendere usa l’immagine della luce, che splende e che illumina tutto quello che viene esposto al suo raggio d’azione.
Eppure, proprio da subito, fa capolino il tremendo mistero del rifiuto. L’uomo si oppone: “Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo… eppure il mondo non lo ha riconosciuto”.
Quanta gente, anche se dice di credere, di fatto non accoglie Gesù e il suo Vangelo, mettendosi nel rischio di non vivere nella pace e di essere permanentemente scontenta di tutto!
Noi da quale parte stiamo, tra chi accetta o tra chi rifiuta?
Non dobbiamo, comunque, dimenticare una cosa: Dio mai si impone, mai violenta la libertà dell’uomo.
Tutti sono liberi di accoglierlo o rifiutarlo.
Che terribile tragedia!
Il potere della nostra libertà è davvero grande: possiamo chiudere fuori della porta colui che ci ha creato, con tutte le conseguenze negative a nostro svantaggio!
Ma se sapremo fargli spazio, credendo in lui e mettendo in pratica il suo insegnamento, vivremo da figli di Dio. Avremo in noi la sua stessa vita e saremo capaci di vivere del suo stesso amore, secondo la parola ascoltata: “A quanti lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali, non da sangue né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati”.
Sac. Cesare Ferri rettore Santuario San Giuseppe in Spicello