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Abbiamo ascoltato: “Molti segni e prodigi avvenivano fra il popolo per opera degli apostoli”.
In maniera particolare viene citato l’apostolo Pietro. Con lui si ripetono le stesse scene che si verificavano ai tempi di Gesù.
Al passaggio di Pietro, infatti, persino la sua ombra compie miracoli; guarisce malati e libera persone tormentate da spiriti impuri; per queste ultime, oggi diremmo che libera persone maleficate e disturbate da azioni demoniache.
Avete notato una cosa?
Che grande differenza con il Pietro che, soltanto qualche tempo prima, aveva rinnegato Gesù dicendo di non conoscerlo nemmeno!
Questo cambiamento, non potrebbe avvenire anche in noi? Anche se nel passato fossimo stati meno buoni, non potremmo anche noi ottenere e compiere cose prodigiose?
Siamo nell’anno della misericordia. Dio, come sempre, è disposto a tutto per il nostro bene, non solo a perdonarci, ma anche a compiere quello che umanamente sarebbe impossibile; egli vuol compiere prodigi attraverso di noi.
Questo, però, solo se glielo permettiamo.
Per riuscirci, si tratta di credere in lui, non alla maniera di Tommaso, che nel primo momento ha dubitato e per cui ha chiesto, come prova, un segno tangibile della presenza e della potenza di Gesù: “Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo”.
Gesù, nella seconda apparizione, concede all’apostolo tale segno, ma gli dà un insegnamento molto più grande. Gli dice che sono più beati coloro che per credere nella sua presenza di Risorto nella storia del mondo e nella personale vita, non hanno bisogno di segni tangibili.
Pur tuttavia, il Signore a volte concede questi segni anche nella nostra vita, ad esempio quando ci concede la grazia che gli chiediamo.
Però, in questo caso, il grado della nostra fede si presenta in tono minore. Il fatto, se non altro, dovrebbe servire per ringraziarlo.
La fede genuina, invece, è quando nonostante il non ottenere e il non vedere i risultati, continuiamo a fidarci di Lui che è presente e che certamente aiuta, anche se a prima vista potrebbe non apparire. Infatti, spesso agisce in maniera silenziosa.
Come riuscire ad avere tale fede?
Facciamo una analogia. Come si riesce a vivere e lavorare se non si beve, se non si mangia e se non ci si prende il necessario riposo?
Altrettanto, come si riesce a vivere di fede, se essa non è in qualche modo alimentata e curata?
Quali sono i mezzi che l’alimentano?
Li conosciamo, ma non basta conoscerli in maniera intellettuale, se poi non si mettono in pratica giorno dopo giorno.
Innanzitutto, l’ascolto della Parola di Dio che ci aiuta a scoprire la sua volontà, la quale vuole solo il nostro vero bene. Questo ascolto in noi si presenta più o meno frequente, in forza della gradazione del cammino spirituale che stiamo compiendo. Il minimo, assolutamente indispensabile, è l’incontro domenicale, salvo una oggettiva incapacità. Nella prima parte della Messa, infatti, si ascolta e si riflette sulla parola.
Siamo attenti ad essa? Arriviamo in chiesa con un po’ di anticipo per essere meno distratti?
Poi, consequenziali alla parola ascoltata, ci sono i sacramenti. Al primo posto l’Eucaristia, almeno domenicale. La lasciamo con una certa facilità, senza un motivo veramente valido?
Poi, la confessione, con un certa frequenza, anche se non ci sono gravi peccati? La preghiera quotidiana, da soli ed in famiglia, con almeno un po’ di parola di Dio.
Questi mezzi aiutano la nostra fede, non la fa diventare anemica, anzi la cresce e la rafforza.
Sac. Cesare Ferri rettore Santuario San Giuseppe in Spicello