Esercizi Spirituali 2011
Riflessioni dettate a famiglie sulla lettera di Paolo ai Colossesi
a Trieste nel luglio
dal rettore del Santuario San Giuseppe in Spicello di San Giorgio di Pesaro
Riflessione n. 2
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Come prosegue la lettera?
“Noi rendiamo grazie…per la fede… la carità… la speranza…”
Che posto occupa la lode e il ringraziamento, nella vita personale e di coppia?
Prevalgono i pettegolezzi, gli scontenti? Si sottolinea il negativo?… Subentrano invidie e gelosie? Tutto questo è il rovescio della lode e gratitudine.
Come giudichiamo il coniuge presso gli altri?
Come valutiamo l’Istituto? Siamo di quelli che hanno nostalgia dei “bei tempi!”?
Sappiamo fare distinzione tra l’entusiasmo epidermico e le convinzioni profonde?
Come prosegue Paolo?
“… come in tutto il mondo (la parola di verità del Vangelo) porta frutto e si sviluppa anche fra voi…”
Senza prescindere dal proprio impegno, essa si sviluppa perché ha forza in se stessa.
A noi il compito di seminare… (Gesù: “… sia che dorma o vegli…”).
Dopo il saluto e il rendimento di grazie, ora la supplica.
“… non cessiamo di pregare per voi e di chiedere che abbiate piena conoscenza della volontà di Dio…”.
Come interpretiamo quanto Gesù dice: “chiedete e vi sarà dato”?
Paolo ce lo dice chiaramente: solo così la supplica è infallibile (… si tratta di porgere il cuore, come porgeremmo la mano per ricevere…). Infallibilmente si riceve lo Spirito… dice Gesù.
“Egli vi ha riconciliati nel corpo della sua carne mediante la morte…”
Si è fatto peccato, ha preso sulle sue spalle tutti noi peccatori (eravamo nemici di Dio!), i peccati di tutta l’umanità…; per similitudine: come se noi fossimo immersi nella melma, o in un letamaio…
Per Gesù, la morte è stata come un bagno, poi è riemerso vittorioso nella risurrezione. Con lui siamo “con-risorti” anche noi; ovviamente, senza più il peccato, perché lui, morendo, ha distrutto il peccato. È così che Egli redime l’umanità, la riconcilia e la presenta al Padre: “per presentarvi santi, immacolati, e irreprensibili…”. In concreto, questo è avvenuto in noi col Battesimo.
“Purché restiate fondati e fermi nella fede, irremovibili nella speranza…”.
Purtroppo noi ricadiamo, nonostante i tanti e buoni propositi; ma, con il sacramento della Riconciliazione, risorgiamo nuovamente.
Quale la condizione per essere aiutati a non ricadere nel punto di partenza?
Coltivare la fede, vivere di speranza. Cosa sono e come viverle?
La Fede. Oltre che credere alla verità, è fidarsi e contare su Dio. L’ascolto e la riflessione ci immettono in questo…. Ricordiamo: “Se uno ascolta queste mie parole… è simile alla casa…(costruita su roccia o sabbia)”; si tratta, cioè, di vivere una intensa vita spirituale:
Statuto n.7: <… la Parola di Dio, “regola suprema della fede della Chiesa…”>.
Statuto n.7/1/d: <si dedicheranno con assiduità alla meditazione, “mezzo utilissimo per salvarsi e necessario per santificarsi”. Questa sarà rivolta, specialmente, al mistero di Cristo, celebrato nella liturgia, ed alla Bibbia, specialmente al Vangelo, per apprendere i segreti di Dio e gustare la parola di vita del Maestro”.
Statuto n.10: “… parteciperanno con sollecitudine alla giornata di ritiro…; vivranno intensamente il periodo degli Esercizi…”.
La Speranza. Paolo dice: “… nella speranza del Vangelo”. Il tutto si riepiloga nel “io sono con voi tutti i giorni…” del Vangelo; nel “non temete, io sono con voi…” dell’Alberione.
In altre parole: con la fede contiamo su Dio, e, nonostante gli apparenti insuccessi, e le avversità…, la speranza, “che non delude”, ci fa attendere… poi esperimenteremo che non deluderà.
Perciò continua:
“Sono lieto delle sofferenze che sopporto per voi e do compimento…”.
Il “sono lieto”: poggia sulla speranza.
Nelle “sofferenze”: richiama la croce (“se uno vuol essere mio discepolo…”); e richiama la beatitudine: “perseguitati a causa del mio nome”.
La vera croce, senza sottovalutare le altre situazioni di sofferenza, è quella che proviene dall’evangelizzazione e dalla testimonianza…: è nel non darsi riposo per annunciare Cristo…: questa, per Alberione, è la prima povertà paolina.
Il “do compimento…”, richiama la dimensione del cristiano e della Chiesa. Ovviamente, non che a Cristo manchi qualcosa, ma la nostra sorte è come la sua, perché siamo parte di lui: “Un discepolo non è da più del maestro; se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi”.
Pertanto conclude: “Per questo mi affatico e lotto, con la forza che viene da lui e che agisce in me con potenza”. Pensiamolo anche in riferimento a figli e nipoti, sapendo conciliare il giusto equilibrio: senza esasperare e… senza tutto concedere…
Quindi: bando allo scoraggiamento, alla pigrizia; però contare su di Lui: “Dio sceglie quello che è debole per… chi poco conta per…”.
Ancora una volta, chi vive così pratica un aspetto della povertà.
Ma soprattutto lo annunciamo con la vita?