Esercizi Spirituali 2011
Riflessioni dettate a famiglie sulla lettera di Paolo ai Colossesi
a Trieste nel luglio
dal rettore del Santuario San Giuseppe in Spicello di San Giorgio di Pesaro
Riflessione n. 1
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È il Signore che ci offre questo tempo privilegiato!
Siamo qui per creare una sinfonia, un coro che sia armonioso e ci piaccia, ci faccia dire: “è stato un bel corso!…” e, conseguentemente, ci possa accompagnare come eco nostalgico nei giorni a venire.
In tutto questo, il vero maestro d’orchestra, è lo Spirito Santo: è il primo attore, sta al di sopra di tutti (direttore, predicatore, ecc.), ma si serve di loro, dei partecipanti e del loro personale e comunitario impegno.
Allora, dobbiamo intonare gli strumenti sulla stessa lunghezza d’onda, mettendoci tutti sul “La” indicato dallo Spirito, eliminando ogni stonatura (legami a pensieri o eccessive preoccupazioni…: per la casa, per i figli, per il lavoro…, o quanto altro).
Siamo qui per mettere in pratica quanto asseriva don Alberione: “Gli esercizi spirituali sono uno spazio di tempo dedicato ad esercitarci in atti di fede, di amore, di pietà, onde ordinarci e unirci a Dio per una vita più santa e la beatitudine celeste”.
Pertanto, perché questo avvenga, è necessario “creare il silenzio…”: quello interiore. Quello esteriore aiuta e, soprattutto, è indice di quello interiore, per cui, immediatamente prima, durante e dopo le riflessioni, si fa silenzio riflessivo. Se si è costretti a parlare, lo si fa per lo stretto necessario, usando tono sommesso.
Molto importante è il dialogo di coppia, proprio per trovare e mettere a fuoco le stonature.
Quali potrebbero essere queste stonature?
Nell’ambito di coppia e di famiglia: perdonarsi, accettarsi, dialogare, mettersi in discussione…
Analogamente nell’ambito di appartenenza all’ISF… e in quello dell’apostolato…
Quanto sopra, con una espressione: tornare alle origini, sia del matrimonio, sia dell’Istituto…, supponendo che si sia partiti bene.
Cosa c’è da verificare, da togliere, da aggiungere, da migliorare?
Paolo, con la sua lettera, ci aiuterà. Ci fermeremo su alcune parole ed espressioni, come cogliendo graditi fiori da un giardino.
Stasera ci fermeremo sui primi due versetti.
“Apostolo di Gesù Cristo per volontà di Dio”
Lo è, non per propria iniziativa, ma perché “afferrato”…. Lo applichiamo a noi. Viviamo il Matrimonio: come chiamata/vocazione? - come sacramento? - in una crescita di amore sempre più oblativo?
Viviamo l’essere inseriti nell’Istituto in maniera analoga: come vocazione – come un di più di grazia – nello svolgimento di una particolare missione - in una continua crescita?
Ammesso anche di aver sbagliato, ora si tratta di raddrizzare il tiro, perché davanti a Dio vale il “presente”…
“e il fratello Timoteo”
Non è possibile perfezionarsi e santificarsi da soli. Anche Dio ci salva come popolo. Ecco perché ha voluto la Chiesa. Ecco, allora, anche la piccola chiesa. Ecco l’Istituto.
Ognuno ha i propri doni, diversi da quelli dell’ altro: si tratta di metterli in comunione.
Chi, poi, fa la comunione è lo Spirito Santo e solo in Lui si realizza; ovviamente, con la nostra volontà e collaborazione. “Essere in comunione”, non significa essere in “unicità”, vederla allo stesso modo, dire sempre di sì; ma nell’accogliere la diversità dell’altro che è ricchezza per ognuno. È così che si forma una sintesi armoniosa, come per analogia, i diversi strumenti d’orchestra.
Per cui, in un certo senso e in tale situazione, anche nel matrimonio, c’è da amare una sorta di “nemico”, che potrebbe essere il proprio coniuge, ma che poi non sarà più tale; diventerà vero amico e sostenitore e… comunicatore di gioia.
Chi fa la comunione è Dio, ma non ci riesce se, tra noi, prevale l’“io”: ecco l’obbedienza (virtù e voto) che aiuta a mettere le cose in ordine.
Lo Statuto dice: La nostra obbedienza ha come fine l’attuazione della dottrina di Gesù Cristo che, “assumendo la condizione di servo”, venne tra gli uomini per insegnare loro a fare la volontà del Padre…” (Art 27)
Se ognuno cerca la volontà di Dio, in clima di fede, la comunione c’è e questa crea l’accordo. “Mio cibo – dice Gesù - è fare la volontà del Padre”: il cibo è l’elemento essenziale per vivere!
Per scoprire tale volontà, ci si aiuta, mettendo in atto la riflessione di coppia. Dobbiamo, poi, imparare a riflettere anche sui fatti che accadono, leggendo i segni dei tempi e delle situazioni. Questo non è altro che lo “spirito di obbedienza”.
“ai santi e credenti fratelli in Cristo che sono a Colossi: grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro”
Se c’è unità nel “mittente”, la si fa anche nel “destinatario”: applicato a noi, nell’educazione, nell’apostolato.
Chi sono in questa lettera i destinatari? Sono i santi.
A volte si sente dire: “ma noi, mica siamo santi!...”.
Cosa intendiamo con questo espressione? Chi ci fa santi è solo Dio: “Siate santi, come io sono santo”.
Chi, col battesimo, è unito a Cristo, non è santo?
Chi è sposato, col sacramento, non è coppia santa? Chi ha fatto i voti, non è un santo privilegiato?
Si tratta di coltivare in noi il dono ricevuto come germe: è questo il nostro impegno di santificazione.
Si tratta di vedere gli altri in questa luce: come si fa a non amarli, anche così come sono, proprio perché sono santi?
Dobbiamo imitare Dio che non fa distinzione… come non la fa il sole…
Dove meglio si vede l’azione efficace del sole? Sul bagnato o sull’asciutto? Applichiamo a noi:… la misericordia di Dio per noi e… la nostra per gli altri.