Riflessioni di don Ferri in esercizi
"Vieni al Padre, fonte di Misericordia"
13 novembre 2024 * S. Omobono
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Gesù MaestroEsercizi Spirituali 2011
Riflessioni dettate a famiglie sulla lettera di Paolo ai Colossesi
a Trieste nel luglio

dal rettore del Santuario San Giuseppe in Spicello di San Giorgio di Pesaro
Riflessione n. 3

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Passa alla parte esortativa, come conseguenza, e ripete anche alcuni concetti già detti: la lotta da sostenere, l’essere radicati in Cristo, ecc.
“… quale dura lotta devo sostenere…” (2,1).
Vale per genitori… educatori… operatori di iniziative pastorali… Sofferenze solo per motivi personali?... (“secondo la carne” come direbbe Paolo). No! Sarebbe una sofferenza con valore molto limitato. Ma, soprattutto, per il motivo di vera testimonianza…
Deve esserlo per i motivi di cui la beatitudine “Beati voi quando vi perseguiteranno…a causa del mio nome”. Nella presente pagina la motivazione è “per conoscere il mistero di Dio, che è Cristo…” (2, 2).
“Nessuno vi inganni con argomenti seducenti…” (2-4).
Li mette in guardia, lo dice per l’intromissione di alcuni che si erano infiltrati nella comunità per confondere le idee… Quante volte succede anche nelle nostre comunità! Questo avviene quando prevale l’umano!

Si tratta, invece, di vivere bene la vita ordinaria, ovviamente con momenti e giornate di ricupero, sempre nell’ambito della piena ortodossia.
Per molti cristiani, invece, è facile andare in cerca del sensazionale (luoghi di presunte apparizioni, tipiche funzioni religiose, certi movimenti o gruppi spontanei… con leader di dubbia ortodossia); ma – prosegue Paolo - “radicati e costruiti su di lui, saldi nella fede…” (2-7).
Perché?
“è in lui che abita corporalmente la pienezza della divinità, e voi partecipate della pienezza di lui…” (2-9).
Ricordiamo l’episodio in cui Gesù assicura Filippo: “… chi ha visto me ha visto il Padre, Filippo!…”.
Di nuovo torna il concetto: “con lui sepolti nel battesimo…”.
Nella strada, segnata per ciascuno, il Signore prepara la “grazia di stato” sufficiente. L’Alberione diceva di non cercare “l’uva acerba nella vigna del vicino”.
Avere, inoltre, spirito critico per non essere condizionati.
Per cui, anche le religioni, non sono tutte uguali. Non che non ci si possa salvare…, ma “chi non passa – direbbe Gesù - per la porta, è un ladro…”
Comprendiamo, allora, come per far capire questo, Gesù spesso ripete la definizione che Dio dà di se stesso: “Io Sono”:
Io sono la Porta… la Via… la Vita… la Luce… la Verità…
Attenzione, poi, alla falsa ascesi!…:
“Non prendere, non gustare, non toccare” (2-21). È facile equivocare tra:
la preghiera… le preghiere; il digiuno… i digiuni; la tradizione… le tradizioni;
la devozione… il devozionismo; il cammino serio… la formalità della presenza…
Al capo 3 leggiamo il brano che la liturgia ci presenta nella lettura di pasqua:
“Se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù…” (3-1).
Bisogna vivere la vita normale di ogni giorno, come detto sopra… Per similitudine: chi va a prendere il treno, per una certa meta, tutto fa in funzione di raggiungere quella meta…
Perfino le valigie si fanno con lo stretto necessario…: “Fate morire tutto quello che appartiene alla terra…” (3-5).
Cosa molto importante è la sincerità:
“Non dite menzogne gli uni gli altri…vi siete rivestiti…” (3-9). Richiama il “Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio” .
Per “puro di cuore” si intende chi è retto, senza falsità, schietto, senza astuti calcoli, senza inganno, senza doppiezza. Stiamo saldi e difendiamo i valori non negoziabili? O stiamo col piede su due staffe?
Come intendere l’espressione “quello che ho nel cuore, ho nella bocca?”. Fare attenzione che altro è porgere con dolcezza e discrezione, altro è sbattere sul muso, tanto più se con atteggiamento di orgoglio o superiorità.
Gesù sempre si scaglia contro gli ipocriti (i “non puri di cuore”), anche se esternamente, in essi, non c’è nulla da eccepire. Infatti, Gesù è contro il formalismo, per il fatto che l’atteggiamento esterno non può essere una copertina o vernice che nasconde un male interiore.
È qui che rimbalza l’armonia tra atti interni ed esterni, tra culto e vita, fra pensieri parole ed opere, tra l’osservanza di precetti e regole ma animate da uno spirito. Per questo “la carne uccide, lo spirito vivifica…”.
È puro chi – anche se purtroppo ci ricade - si converte: “Laceratevi il cuore e non le vesti”. Ed altrove: “Io detesto e respingo le vostre feste, i doni, i canti, il suono delle arpi non posso sentirlo”. Ed ancora: “E’ forse questo il digiuno che bramo? Piegare come un giunco il proprio corpo. Usare sacco e cenere per letto?”.
Infine passa ai rapporti interpersonali perché siano basati sulla carità (3,12-15).
In proposito lo Statuto al n. 11 riporta alla lettera questi versetti, dicendo: “I membri, memori delle parole di Paolo (quelli citati), ricordino che nell’esercizio della carità è racchiusa la pienezza dell’amore”.
E, nel numero successivo (Statuto n. 12), sottolinea come questa carità sia un debito verso gli altri. Debito che è anche della preghiera e della collaborazione… Cosa che, nella lettera, è descritto al versetto 16.

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"... io piego le ginocchia
davanti al Padre,

dal quale ogni paternità
nei cieli e sulla terra." (Ef. 3,14-15)

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