Riflessioni di don Ferri in esercizi
"Vieni al Padre, fonte di Misericordia"
13 novembre 2024 * S. Omobono
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MatrimonioEsercizi Spirituali 2011
Riflessioni dettate a famiglie sulla lettera di Paolo ai Colossesi
a Trieste nel luglio

dal rettore del Santuario San Giuseppe in Spicello di San Giorgio di Pesaro
Riflessione n. 4

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“Voi, mogli, state sottomesse ai mariti, come conviene nel Signore. Voi, mariti amate le vostre mogli e non trattatele con durezza” (18-19).
Se nei versetti precedenti aveva parlato dei rapporti interpersonali basati sulla carità, ora passa a quelli familiari. È opportuno richiamare il famoso brano agli Efesini, dove pure, e con maggior forza, risuona il “siate sottomesse”.
Là, il “siate sottomessi”, fa da cerniera tra quello che aveva detto prima e che avrebbe detto poi. Prima aveva parlato delle riunioni e dei comportamenti nella “chiesa radunata”, ora parlerà dei comportamenti nella “chiesa domestica”.
Ribadisce un concetto: saper coniugare la vita cristiana, nel non separare culto e vita. Non ci sono due campi distinti (chiesa e casa, liturgia e vita), ma si compenetrano.
Quello che avviene nelle funzioni di chiesa, analogamente avvenga nei comportamenti di famiglia.
Nella liturgia ognuno ha la sua parte, coordinata e in armonia con chi presiede.
Analogamente avvenga nella famiglia. Da tener presente che, ai tempi di Paolo, era diversa da oggi: c’erano dei precisi comportamenti tra marito/moglie, genitori/figli, padroni/schiavi.
Nel “siate sottomessi gli uni gli altri” (vicendevolmente), aggiunge “nel timore di Cristo”, cioè nel rispetto di Lui e guardando Lui.
Paolo non fa il sindacalista e non traccia un programma sociale per rovesciare la situazione che, certamente, non era secondo il dettame dei valori cristiani. Paolo sa che le cose cambiano non tanto con prescrizioni e leggi, ma dal di dentro, dalle convinzioni, dai valori che si vivono, inserendosi come fermento nella società.
Ecco cosa insegna Paolo: cercate di vivere il comportamento che Cristo vive nel rapporto con la Chiesa e che la Chiesa vive nel rapporto con Cristo.
Cristo è Capo.
La chiesa è il suo corpo e per essa ha svolto la relativa funzione, amandola e dando se stesso per lei. Essere capo, dunque, significa amare e dare se stesso.
Cristo è Salvatore.
L’ha salvata rendendola “santa e immacolata”; senza opprimerla e senza usarla, ma liberandola da ogni legame, perché fosse pienamente se stessa.
Pertanto, applicato agli sposi:
“Voi, mariti, amate le vostre mogli e non trattatele con durezza”.
La Chiesa è sottomessa.
Come le membra lo sono al capo/cervello. Così la Chiesa è in ascolto, in dialogo, in sottomissione ed esecuzione della volontà di Dio, manifestata in Cristo.
Da notare che, il “sottomettersi” di Paolo, vale per tutti i cristiani, non è per una minore considerazione della donna.
In pratica, in riferimento alla coppia, è come se Paolo dicesse:
Il marito è riconosciuto dalla società “capofamiglia”. Ebbene, lo sia come Cristo, che pure è capo. Ami la moglie, dia se stesso per lei senza egoismi e senza riserve, non la usi a modo d’oggetto, si prenda cura di lei e abbia ogni premura. L’aiuti a purificarsi e correggersi dai difetti, l’aiuti a santificarsi. La ami come il proprio corpo…”.
La donna è riconosciuta dalla società sottomessa. Ebbene, lo sia come lo è la Chiesa. Non una sottomissione passiva, umiliante, da schiava, proveniente da paura/servilismo, ma da amore/dono. Un rispetto e una dedizione amorosa “in tutto”, e quindi nello svolgersi di ogni momento della vita.
Voi, figli, obbedite ai genitori in tutto; ciò è gradito al Signore. Voi, padri, non esasperate i vostri figli, perché non si scoraggino” (20-21).

Non esasperazione: fare la propria parte, trasmettere le convinzioni basate su valori, essere rettamente testimoni, poi, come dice Gesù “sia che tu veglia o dorma…”, tutto è nelle mani di Dio.
Le eventuali crisi, coniugali o famigliari, sono strumento di maturazione e crescita… Importante è la fiducia reciproca, basata sulla fede.
Infatti – prosegue – “Qualunque cosa facciate, fatela di buon animo, come per il Signore e non per gli uomini”.
Capo 4 “Perseverate nella preghiera e vegliate in essa, rendendo grazie”.
Cosa è la perseveranza (… l’appetito vien mangiando e se, non ho appetito, mi sforzo…).
Quale impegno per la Messa, anche quotidiana?
Quale per la Liturgia delle ore?
Quale spazio alla celebrazione in coppia e in famiglia?
Notare il valore del rendimento di grazie.
“Pregate anche per noi, perché Dio ci apra la porta della Parola per annunciare il mistero di Cristo”.
È la preghiera apostolica. È la preghiera vicendevole e richiesta per particolari necessità.
È, di fatto, inviare lo Spirito a compiere la sua opera.
È – come era abitudine di Giovanni XXIII – mandare il proprio angelo custode ad avvertire l’angelo custode della persona da incontrare.

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"... io piego le ginocchia
davanti al Padre,

dal quale ogni paternità
nei cieli e sulla terra." (Ef. 3,14-15)

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