Esercizi Spirituali 2013 - Rilessioni dettate a famiglie
Prima riflessione
La PEDAGOGIA della SEQUELA
Bartimeo, figlio di Timeo (Mc 10,46-52)
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Analogamente al tempo di Quaresima, anche questi tre giorni di Esercizi Spirituali sono un tempo forte di grazia. Lo sono non per nostro merito, ma per un dono di Dio che ci ha chiamati per arricchirci di Lui. La nostra presenza indica la risposta di adesione a questa sua chiamata.
La risposta, però, non si esaurisce in tre giorni. Deve proseguire in un cammino di conversione, che possiamo anche definire “sequela”, alla quale nessuno può esimersi e sulla quale vogliamo soffermarci in questa prima riflessione.
Partecipare ad un corso di esercizi spirituali è, se lo vogliamo, veramente un momento straordinario per la nostra conversione. La conversione, però – come detto - è quotidiana: ogni giorno il Signore ci chiama per farci nuove proposte e chiederci cammini nuovi. Siamo qui a verificare se stiamo facendo questo e per scoprire in cosa consistano i nuovi cammini.
Anche Gesù ha compiuto un cammino: anch’egli ogni giorno ha ricercato ed ha eseguito la volontà del Padre.
Ed anche il cammino della sua manifestazione è stato graduale, come lo si desume dal Vangelo: ha cominciato col dimostrare che era un uomo di nome “Gesù”, come tanti altri in quell’epoca, aventi lo stesso nome, ma lui con poteri diversi; che era il “Messia” atteso da secoli, e finalmente giunto; che era il “Figlio di Dio”, come lo riconoscerà il centurione ai piedi della croce: “Davvero costui è Figlio di Dio!”.
Il brano di Marco nell’episodio ascoltato, oggetto della nostra riflessione, è posto all’inizio dell’ultimo viaggio di Gesù verso Gerusalemme, dove, appunto, offrirà la vita e si manifesterà veramente Figlio di Dio.
L’episodio mostra come si vive il discepolato ed è tanto più eloquente quanto più se lo si mette a confronto con quello precedente che parla del giovane ricco.
I due episodi servono per farci capire in cosa consista la vera sequela. Vediamone il parallelismo.
Il primo avviene all’inizio del viaggio, uscendo da Cafarnao; il secondo lungo il viaggio, nei pressi di Gerico.
Analogo è l’entusiasmo che dimostrano i due personaggi nel volere incontrare Gesù.
All’uomo ricco Gesù chiede di lasciare tutto quello che ha per mettersi alla sua sequela, cosa che non avviene. Bartimeo, invece, precede la stessa richiesta e getta via il proprio mantello per seguirlo.
Il primo, invitato a seguire Gesù, si allontana triste; l’altro, invitato ad allontanarsi dopo aver riottenuto la vista, si mette a seguirlo pieno di gioia.
Il primo non ha un nome, perché si è voluto privare della vera identità, che non dipende dai beni che si possiedono; il secondo ha una precisa identità, espressa per due volte: “Bar” significa “Figlio di”.
Il gesto di Bartimeo si qualifica per una generosa e radicale risposta. L’immagine del mantello sottolinea la totale spoliazione: come a dire che niente tiene per se stesso.
Il giovane ricco si squalifica per una osservanza senza sequela, a causa dei “molti beni”.
Cosa significa il consiglio di Gesù dato al giovane ricco: “Una cosa sola ti manca: và, vendi quello che hai e dallo ai poveri e avrai un tesoro in cielo; poi vieni e seguimi?”.
Non significa che i beni debbano essere disprezzati, ma che non possono e non devono condizionarci agli effetti di una libera e piena sequela. Da soli, essi sono tanti “zeri”; c’è bisogno di farli precedere da almeno un “uno” per far acquistare valore ai successivi “zeri”: questo “uno” è Dio; egli viene prima di qualsiasi altra cosa. Tutto il resto vale, ma in quanto usato per la gloria di Dio e per il bene degli altri.
Lo applichiamo concretamente a tanti cristiani: quanti motivi, attaccamenti e condizionamenti vari, ad esempio, per non santificare la domenica!
Applicato ai componenti dell’Istituto: quanti motivi inescusabili fanno perdere gli appuntamenti importanti per la formazione e la crescita!
Il “vendere” non significa disfarsene, ma significa lasciare spazio per un “di più”, senza perdere nulla, anzi valorizzando tutto il resto.
Udita l’affermazione di Gesù, in cui dice che difficilmente un ricco entra nel regno dei cieli, Pietro pone una domanda: “Noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito!”. E’ una domanda posta male. Non si tratta di lasciare, ma di guadagnare! Dovrebbe vedere più chiaro.
Di fatto, tutti siamo un po’ ciechi, cioè non capaci di vedere pienamente nella luce, sia il comportamento di Dio, sia quello che esige.
Bartimeo è l’immagine di colui che riconosce tale cecità e grida per vederci; il giovane ricco è interiormente cieco, ma non ammette di esserlo e, di conseguenza, sfugge al prodigio che il Signore avrebbe potuto compiere.
Abbiamo, in proposito, due esempi fulgidi nella famiglia paolina. Paolo diviene cieco: cerca la luce e la trova. Alberione si definisce un semi-cieco: si lascia guidare e farà quel che ha fatto.
A questo punto si apre la considerazione sulla sequela dal punto di vista dell’appartenenza all’Istituto Santa Famiglia.
L’appartenervi non è per nostra scelta, non è come l’aderire ad un gruppo o movimento; non vi si entra per la simpatia o l’ammirazione verso qualcuno, o perché si presenta una occasione per emergere.
Vi si entra solo per chiamata di Dio: è una vocazione. Non è necessario proclamarla espressamente agli altri; saranno gli altri ad accorgersi per lo stile di vita che si conduce. Non è necessario essere elencati in un organico, né parrocchiale, né diocesano. Ognuno è membro, come altri, nella propria comunità, nella quale, però, rimane e opera a modo di fermento, per animarla dal di dentro in forza dei doni ricevuti, inerenti al proprio stato.
A questo punto vediamo i termini della nostra specifica sequela.
La desumiamo dal Vangelo di Marco, a proposito della elezione degli apostoli: “Gesù salì poi sul monte, chiamò a se quelli che voleva ed essi andarono da lui. Ne costituì dodici perché stessero con lui e per mandarli a predicare”.
In poche righe è delineata la nostra identità e la nostra missione.
“Chiamò a se quelli che voleva”: dunque, come detto, non è una nostra scelta, ma una risposta di adesione alla sua chiamata.
“Perché stessero con lui”: risulta l’importanza della formazione, della preghiera, dell’ascolto, della intimità con lui, prima di ogni altra cosa.
“Per mandarli a predicare”: sono le varie forme di apostolato che possiamo esercitare, soprattutto – come detto - a modo di fermento nel luogo in cui ci si trova e si lavora. Questo sarà tanto più efficace quanto più è preceduto e seguito dal cammino di formazione e dall’intimità con lui.
Questi tre giorni, nei quali possiamo essere più intimamente uniti al Signore, ci servano per attingere luce e forza allo scopo di meglio scoprire lo specifico apostolato cristiano e paolino a cui siamo chiamati.